25 Aprile: Mattarella depone una corona al Milite ignoto

(ANSA) - ROMA, 25 APR - Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha deposto una corona di alloro al sacello del Milite ignoto, all'Altare della Patria, durante la commemorazione del 25 Aprile. Alla cerimonia per la festa della Liberazione hanno partecipato le massime cariche istituzionali, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il presidente del Senato Ignazio La Russa, quello della Camera Lorenzo Fontana e quello della Corte costituzionale Augusto Barbera. Deposta la corona, Mattarella si è fermato davanti al monumento al Milite ignoto per un momento di raccoglimento, mentre veniva intonato il Silenzio. Al termine, Mattarella ha salutato le autorità presenti. A differenza degli anni passati, l'enorme cantiere per la metropolitana di Roma al centro di piazza Venezia ha impedito la presenza di...

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25 Aprile: Mattarella depone una corona al Milite ignoto

(ANSA) - ROMA, 25 APR - Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha deposto una corona di alloro al sacello del Milite ignoto, all'Altare della Patria, durante la commemorazione del 25 Aprile. Alla cerimonia per la festa della Liberazione hanno partecipato le massime cariche istituzionali, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il presidente del Senato Ignazio La Russa, quello della Camera Lorenzo Fontana e quello della Corte costituzionale Augusto Barbera. Deposta la corona, Mattarella si è fermato davanti al monumento al Milite ignoto per un momento di raccoglimento, mentre veniva intonato il Silenzio. Al termine, Mattarella ha salutato le autorità presenti. A differenza degli anni passati, l'enorme cantiere per la metropolitana di Roma al centro di piazza Venezia ha impedito la presenza di pubblico. (ANSA).

 

Ad alunni elementare letta ultima lettera partigiano Walter

(ANSA) - FOLIGNO (PERUGIA), 25 APR - L'ultima lettera del partigiano folignate, Walter del Carpio, è stata letta ai bambini della quinta elementare della scuola di Scafali di Foligno che fa parte del circolo didattico di Monte Cervino. "Abbiamo realizzato un progetto per ricordare il 25 aprile, assieme ai nonni del Centro sociale di Corvia - ha spiegato all'ANSA, la maestra Maria Cristina Rosi - si è trattato di un momento molto intenso, con i bambini che sono rimasti molto colpiti dalla lettera". "Siamo arrivati a questo appuntamento dopo un percorso in cui li abbiamo preparati, un progetto fortemente voluto dalla dirigente scolastica Maria Grazia di Marco", sottolinea ancora l'insegnante. "Siamo stati felici di partecipare a questa iniziativa" ha quindi detto il presidente del centro sociale, Bernardo Baldoni. "La memoria deve restare viva - ha aggiunto -, anche alla luce di ciò che sta accadendo nel mondo con tutte queste guerre". "E i bambini sono a conoscenza dei conflitti in atto in Medio Oriente o in Ucraina e anche per questo sono stati particolarmente colpiti dalla lettera del partigiano, parole che potrebbero essere scritte oggi dai tanti giovani che stanno combattendo per la libera", ha concluso la maestra Rosi. (ANSA).

 

Partigiano ai genitori, 'mi fucilano ma voi non piangete'

(ANSA) - FOLIGNO (PERUGIA), 25 APR - Pregò i genitori di "non piangere" il partigiano folignate Walter Del Carpio, originario di Serravalle del Chienti (Macerata), scrisse ai genitori la sera prima di essere fucilato. Era il 26 gennaio 1945 e venne spedita da Pieve di Teco, in provincia di Imperia, dove era stato catturato, insieme ad altri 7 partigiani, durante i rastrellamenti nazifascisti. "In queste ultime ore che mi rimangono tutto il mio pensiero è per voi, quando vi giungeranno queste mie righe io riposerò per sempre in questo piccolo cimitero e vi prego di non piangere" scrisse Walter Del Carpio. A riesumare una copia del documento scritto dal partigiano ucciso, nei giorni a ridosso della Festa di liberazione, è Bernardo Baldoni, presidente del centro sociale di Corvia di Foligno. "L'ho ritrovata per caso dopo oltre 20 anni" racconta all'ANSA mostrando la lettera. Che definisce "di grande attualità". "Oggi - afferma - potrebbero scriverla i soldati prigionieri che stanno combattendo in Ucraina o in Medio Oriente". (ANSA).

 

Una vita a curare gli altri, si laurea al Dams a 77 anni

(ANSA) - BOLOGNA, 25 APR - Dopo una vita da infermiera in Croce Rossa e da assistente sanitaria nei consultori e ambulatori di Bologna, a 77 anni si è laureata al Dams dell'Alma Mater. Il 12 aprile Franca Pietri, nata a Carpi nel 1946, è stata proclamata dottoressa in Discipline delle arti, della musica e dello spettacolo, con una tesi in Storia dell'arte medievale e una votazione di 101 su 110. "La professione che ho amato moltissimo è stato il mio dovere, il mio impegno sociale. La laurea è stato il mio sogno; ho sempre desiderato imparare a leggere un quadro come fosse un libro", racconta sulle pagine del Corriere di Bologna. Ha presentato una tesi dal titolo 'L'eternità nell'arte. Il sarcofago di Manfredo I Pio'. Un'opera che si trova a Carpi nella chiesa di S. Maria in Castello: "Una chiesetta a me molto cara - spiega - E' stato un omaggio alla mia infanzia, al mio paese natale". Proprio nel modenese la signora Pietri ha studiato fino a 14 anni: "La scuola era lontana, andavo in bici con la pioggia e la neve ed ero cagionevole di salute - confida - non mi sentivo preparata per il liceo, ma non volevo abbandonare gli studi". Una prima esperienza di volontariato all'ospedale di Carpi l'ha spinta a proseguire la formazione per diventare infermiera professionale nella Croce Rossa di Bologna. Si è dedicata alla cura degli altri fino alla pensione. Nel 2009, dopo un ictus, riaffiora il suo sogno. "Mi sono detta che era arrivato il tempo per fare ciò che desideravo da molto. Ho sempre amato l'arte e mi sono iscritta al Dams». Studiava tra impegni famigliari e volontariato. Al primo esame in Filosofia ed estetica musicale merita 30. I giovani colleghi di corso l'avevano soprannominata: "La mitica": «"Perché alzavo sempre la mano per fare domande e capire di più, facevo un po' da apripista in aula»2, racconta. Ha impiegato diversi anni per i 22 esami da sostenere, è decaduta l'iscrizione, ha atteso e si è re-iscritta; ha continuato durante il Covid con le lezioni online. Fino a quando ha indossato la corona d'alloro e in aula magna si è inchinata agli applausi: "Un giorno di grande emozione, con me c'erano mia figlia, le nipotine di 13 anni a cui ho voluto mostrare la bellezza dello studio". (ANSA).

 

Il 25 aprile dei militari internati italiani

(di Alessandra Magliaro) (ANSA) - ROMA, 25 APR - C'è un'altra Liberazione, meno nota, meno popolare, ma che non va dimenticata. E' quella degli IMI, gli internati militari italiani che dopo l'8 settembre 1943 avevano detto no con coraggio e sapendo di rischiare. Sono circa 650mila persone che furono catturate e mandate nei campi di lavoro nell'area del Reich (Germania, Austria, Polonia e Cecoslovacchia) da cui non tornarono in 50mila. Gli altri soldati alla Liberazione dell'aprile del 1945 tornarono dopo aver fatto le famigerate 'marce della morte' lungo tutte le strade dell'Europa centro-orientale, in condizioni di grande disagio, psicologico oltre che fisico. Rimisero piede a casa e vollero dimenticare così come tanta parte degli italiani. Voluto da loro stessi o dalla società cadde l'oblio su quei migliaia di ex militari internati, chiusi nel silenzio della loro brutale esperienza. Così può capitare di andare in visita al Museo degli internati italiani, inserire nel data base interattivo il proprio cognome e scoprire di esserci, con un parente, un genitore che mai aveva voluto ricordare quei momenti in cui dicendo NO! alla collaborazione con il nazifascismo finì in un lager. Un'emozione che, raccontano i volontari dell'Associazione che prestano la loro cura al museo a Roma in Via Labicana nei pressi del Colosseo. ll Lessico biografico degli IMI, il data base realizzato dall'ANRP annovera schede biografiche del maggior numero possibile dei 650mila. A parlare per loro in queste stanze del museo interattivo sono gli oggetti, la gavetta, gli abiti da lavoro, i disegni, i mini libri che permisero loro di restare in vita. E' come se fosse la loro 'voce' oggi, ognuno ha una storia che è ora di raccontare e che oggi può dare il senso di una Resistenza non ben riconosciuta e di una testimonianza spesso unica. E' un museo fatto in tanta parte con le donazioni: come per le 400 foto scattate clandestinamente dell'ufficiale Vittorio Vialli internato a Luckenwalde, a Benjaminowo, Sandbbostel e Fallingbostel che con il sostegno dei compagni riuscì a nascondere una piccola Leica e documentare la prigionia in quei campi. C'è persino un violino, rivenuto ancora intatto da Luigi Manoni mentre spalava le macerie di una casa vicino ad Amburgo distrutta dai bombardamenti anglo-americani, uno strumento che fu di grande conforto e che gli fu permesso di suonare. Gli Imi, in base all'accorto siglato il 20 luglio 1944 tra Hitler e Mussolini, da internati militari divennero 'lavoratori civili', questa trasformazione rese più efficiente lo sfruttamento coatto da parte della Germania, in violazione di ogni residuo di diritto internazionale. Lavorarono nelle fabbriche, nei campi, nelle miniere e nello sgombero delle macerie, si svegliavano prima dell'alba e scortati da guardie armate percorrevano a piedi i luoghi di impiego. Dopo l'annuncio dell'Armistizio con le forze alleate, letto alla radio dal maresciallo Pietro Badoglio, centinaia di migliaia di soldati e ufficiali, disorientati dal caos di quei giorni e dalla mancanza di direttive furono ammassati nelle caserme e costretti a consegnare le armi ai tedeschi. Stipati nei treni, 40 e più in ogni vagone senza possibilità di sdraiarsi e dormire, vissero, in alcuni casi anche 15 giorni, una situazione di fatto insostenibile. E non andò meglio ai militari italiani all'estero, costretti dai tedeschi a fare una parte del viaggio in mare in navi attaccate e affondate. L'ultima sala è dedicata alla Liberazione, un 25 aprile di sofferenza per tutti i sopravvissuti. Tra i reperti donati dal sottotenente Michele Montagano c'è anche una pesante tuta, con qualche macchia di sangue, rinvenuta e indossata al momento della liberazione. Che non fu immediata: fu alla fine di agosto del 1945 il rimpatrio degli italiani, prima dai centri di raccolta inglesi e americani e poi di campi russi. Tornarono gli ex deportati in modo confuso e dopo estenuanti giorni di viaggio, passando per il Brennero e giungendo a Pescantina nei pressi di Verona, dove vennero convogliati per essere avviati alle loro case. Tornarono e rimasero 'diversi' per tutta la vita. (ANSA).

 

La signorina di Klimt ritrovata è record per asta a Vienna

(ANSA-AFP) - ROMA, 24 APR - Un dipinto di Gustav Klimt, che si pensava smarrito ed è stato ritrovato dopo quasi un secolo, è stato venduto oggi all'asta a Vienna per 30 milioni di euro, stabilendo così un record per un'asta austriaca. Il ritratto di Fraulein Lieser apparteneva una volta ad una famiglia ebrea in Austria e fu visto in pubblico l'ultima volta nel 1925 in occasione di una mostra realizzata nel 1926 da Otto Kallir-Nirenstein nella Neue Galerie di Vienna. Il suo destino non è chiaro, ma la famiglia degli attuali proprietari possiede il dipinto dagli anni '60. La casa d'aste viennese im Kinsky aveva stimato il valore di 30-50 milioni di euro per il Ritratto della signorina Lieser, questo il titolo del quadro. I ritratti dei grandi austriaci raramente vengono immessi sul mercato. Lo scorso giugno, la "Dame mit Faecher" (Dama con ventaglio) di Klimt è stata venduta a Londra per 74 milioni di sterline (94,3 milioni di dollari all'epoca), un record d'asta d'arte europea. Il prezzo più alto pagato all'asta in Austria finora era un'opera del pittore fiammingo Frans Francken II, battuta a sette milioni di euro nel 2010. "Nessuno si aspettava che un dipinto di questa importanza, scomparso da 100 anni, sarebbe riemerso", ha detto l'esperta di Kinsky Claudia Moerth-Gasser prima dell'asta. "Un dipinto di tale rarita', di tale portata artistica e valore non era disponibile sul mercato dell'arte in Europa centrale da decenni", aveva affermato im Kinsky in una nota quando ha annunciato contemporaneamente l'asta e la ricomparsa dell'opera Oltre al "Ritratto della signorina Lieser", sono stati battuti anche schizzi di Klimt e opere di suoi contemporanei come Egon Schiele. Prima dell'asta, il dipinto ben conservato è stato esposto a Vienna, in Svizzera, Germania, Gran Bretagna e Hong Kong. Il dipinto, non firmato, mostra una giovane donna adornata da un ampio mantello riccamente decorato con fiori su fondo rosso vivo. Il mistero circonda l'identità della modella, che visitò nove volte lo studio di Klimt per il ritratto. È nota per essere della famiglia Lieser, una dinastia industriale ebraica. Potrebbe essere una delle due figlie, di nome Helene e Annie, di Henriette (Lilly) Lieser, una mecenate. Ma il primo catalogo dedicato a Klimt, risalente agli anni '60, diceva che si trattava della nipote di Lieser, Margarethe. Lilly Lieser rimase a Vienna nonostante la presa del potere da parte dei nazisti, fu deportata nel 1942 e uccisa nel campo di concentramento di Auschwitz nel 1943. (ANSA-AFP).

 

In campo si ricorda calciatore morto, maglia con foto e silenzio

(ANSA) - FIRENZE, 24 APR - Una maglia bianca con la foto di Mattia Giani - il calciatore 26enne del Castelfiorentino, che domenica 14 aprile ha avuto un malore durante una partita con il Lanciotto a Campi Bisenzio (Firenze) ed è deceduto poi il giorno dopo a Careggi - e con alle spalle il suo numero storico, il 10. Così si aperta la partita di Eccellenza toscana Lanciotto Campi-Castelfiorentino, il cui recupero si disputa oggi allo stadio Bozzi di Firenze e non nell'impianto di Campi dove si è sentito male Giani, su richiesta del suo club. Nella maglia è anche scritto 'Mattia per sempre con noi'. Le due squadre si sono radunate a centrocampo per osservare un minuto di silenzio. Subito dopo diversi tifosi del Castelfiorentino hanno intonato un coro dedicato a Giani. La gara è ripresa dal minuto 14, esattamente nel momento in cui era stata interrotta, come prevede il regolamento, a seguito del malore accusato dal 26enne. Silenzio e commozione in campo e sugli spalti. La maglia numero 10 del Castelfiorentino è ora indossata da Francesco Pieracci. (ANSA).