Sanità / Intervista

Antonio Ferro (Apss): «Aumenta il timore per la resistenza agli antibiotici»

Il direttore generale dell'Azienda sanitaria fa il punto, ora che la emergenza della pandemia da covid-19 è stata dichiarata ufficialmente chiusa dall'Oms. «In ogni modo resta fondamentale mantenere un fortissimo monitoraggio delle varianti del virus»

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di Patrizia Todesco

TRENTO. L’Organizzazione mondiale della sanità ha annunciato venerdì che l’emergenza sanitaria mondiale dichiarata più di tre anni fa a causa della pandemia da Covid è conclusa. A renderlo ufficiale è stato il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus. Lo stato di emergenza sanitaria internazionale era stato deciso il 30 gennaio 2020 dopo lo scoppio nel focolaio originario di Wuhan.

Il virus ben presto era arrivato anche in Trentino provocando, in questi tre anni, quasi 1.700 morti, più di 300 dei quali residenti a Trento. Sono stati anni difficili con lockdown, esercizi commerciali e scuole chiuse, ospedali e rianimazioni sature, medici e sanitari costretti a turni massacranti per rispondere ad una domanda di prestazioni che era inimmaginabile fino a poche settimane prima. Ora da mesi la situazione è tornata alla normalità, con il virus temuto solo dai soggetti fragili.

Il dottor Antonio Ferro, attuale direttore generale dell’Apss, era arrivato a Trento come direttore del dipartimento di prevenzione. Nel luglio 2021, dopo le dimissioni di Pier Paolo Benetollo (che aveva preso il posto di Paolo Bordon), era stato nominato dalla giunta provinciale commissario dell’Apss e nell’aprile 2022, in seguito al concorso, direttore generale.

Dottor Ferro, l’Oms ha dichiarato la fine della pandemia. Possiamo stare tranquilli, è davvero tutto finito?

«Sto rientrando da Roma dove al congresso mondiale di sanità pubblica abbiamo discusso proprio di questo. Ci vuole ancora prudenza e lo conferma il fatto che anche questa settimana registriamo più di un centinaio di morti. É vero che sono pochi rispetto ai numeri degli scorsi anni, eravamo arrivati ad averne un migliaio al giorno in italia, però va tenuta un po’ di attenzione e soprattutto un fortissimo monitoraggio della situazione.

Quindi la guardia secondo lei non va abbassata completamente?

Io sono tendenzialmente ottimista perché la storia ci insegna che, dopo i tre anni, queste epidemie si spengono. Però è fondamentale mantenere un fortissimo monitoraggio delle varianti e di quello che succede in quanto abbiamo anche oggi dei casi su soggetti fragili e penso che la lezione che ci ha dato il Covid dobbiamo tenerla in considerazione.

A proposito di questo, cosa dovremmo aver imparato secondo lei da questa pandemia?

Io penso che al di là di quello che alcuni dicono, l’importanza dei vaccini in generale che sono, dopo l’acqua potabile, lo strumento di prevenzione più importante che ha avuto l’umanità. Il risparmio di vite che abbiamo avuto è un elemento che deve rimanere forte nel vissuto collettivo, anche se ci sono dei piccoli gruppi che per ogni patologia che emerge danno colpa al vaccino. Altro tema è la risposta complessiva territoriale, anche dei dipartimenti di prevenzione, quindi non solo degli ospedali. Una risposto che deve essere globale. Terzo elemento è legato alla logistica degli ospedali, la cui visione è cambiata. Questo è arrivato nel periodo giusto per i trentini che stanno progettando il nuovo ospedale. Chiaro che il Covid ha fatto maturare l’idea di un ospedale diverso, come anche ha previsto un’organizzazione territoriale diversa.

Rimane però il problema del personale?

Il sistema sanitario sta vivendo, in questo momento storico, una crisi pesante a livello delle risorse di personale. Il Covid ci ha insegnato anche a inserire prima i giovani medici, gli specialisti, gli infermieri nel circuito lavorativo senza però perdere gli aspetti formativi del percorso degli studi.

Prima parlava delle fratture che ha creato il Covid. Poche settimane fa c’è stato uno scontro all’assemblea dell’ordine dei medici. L’altro giorno l’ex presidente del consiglio Conte è stato attaccato fisicamente da un gruppo di no vax. La pandemia è finita ma le polemiche no.

Anzi, direi che si sono acuite in questo momento storico. Nel momento dell’emergenza questo gruppo era di fatto silenziato dai fatti, adesso ha ripreso molto vigore. Sul web c’è un forte ritorno di gruppi che si fanno forza di tesi assolutamente non scientifiche ma difficili da smentire. Penso ad esempio ad una persona che conosco personalmente, un cinquantenne che abita qui in Trentino e che io non sono riuscito a convincere a vaccinarsi. Questa persona circa 20 giorni fa ha avuto un infarto con un trombo. É stato salvato ma dentro di me ho pensato che era stata una fortuna non si fosse vaccinato perché altrimenti sono sicuro che avrebbe dato la colpa a me e ai vaccini di quanto gli era accaduto.

Molti parlano del rischio che a breve possano esserci altre pandemie. É preoccupato di questo?

Io più che di una possibile nuova epidemia sono preoccupato soprattutto pe r il tema dall’antibiotico-resistenza che è emerso in maniera molto forte anche in questo congresso mondiale. La resistenza agli antibiotici dovuta all’utilizzo a 360 gradi di questi medicinali, compresa la vetrinaria, sarà sicuramente un tema di grandissimo impatto. Avremo armi spuntate contro i batteri che diventano sempre più resistenti e se non riusciremo a difenderci è probabile che ci potranno essere migliaia di vittime. Dobbiamo trovare il sistema per riorganizzare l’utilizzo degli antibiotici in maniera corretta. Adesso sinceramente sono più preoccupato di questo.

Potremo avere difficoltà anche con batteri che adesso combattiamo in maniera relativamente semplice?

Sì perché ci sono sempre più batteri che sviluppano una resistenza ad un dato antibiotico o anche a tutti e quindi non avremo più la capacità di uccidere questi batteri. Questo è un tema di cui si dibatte molto a livello mondiale con ipotesi di costi sanitari elevatissimi, sia in termini di vita che di ricerca.

Un’ultima domanda. Come Apss avete deciso di mantenere le mascherine nei reparti, negli ambulatori, nei pronto soccorso, in pratica negli ospedali. Una misura provvisoria o durerà a lungo?

Abbiamo recepito le indicazioni nazionale. Poi presumo anche la situazione è in evoluzione, c’è un sistema di sorveglianza molto stretto di quello che sta succedendo, e come è stato nel periodo Covid, le decisione vengono fatte in base alle evidenze scientifiche.

Forse, al di là del Covid, la pandemia ci ha insegnato che l’uso delle mascherine, in certi ambienti, garantisce una tutela per i più fragili da tante patologie.

Un’altra cosa che ci ha insegnato la pandemia è stata sicuramente l’importanza dei mezzi di protezione, come le mascherine, e delle banali regole di igiene, come il lavaggio delle mani e il distanziamento sociale. Questi comportamenti hanno consentito di evitare un’enormità di contagi.

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