Sanità / Il caso

Quella lettera di Sara Pedri un mese prima di scomparire: «Umiliata e mortificata, ho una paura mai provata prima»

La giovane ginecologa scomparsa chiedeva aiuto al suo primario di Cles, raccontando il trattamento subito al Santa Chiara: «Che cosa devo fare? Ditemelo voi»

LA PROCURA Indagati Tateo e Mereu per il reato di maltrattamenti
IL CASO La famiglia di Sara: “L’hanno annientata”
IL PRIMARIO Il dottor Tateo è tornato in servizio a Trento
LA VICENDA 
Tateo nella bufera, per Mereu chiesta solo una «sanzione»
I CARABINIERI Ipotesi maltrattamenti in ospedale
LE DIFESE
 «Reintegro in ospedale e cancellazione delle accuse»
LA VICENDA La famiglia di Sara Pedri accusa: “Era a pezzi”
LA VIDEOSCHEDA Dal caso di Sara al terremoto in Apss

 

di Marica Vigano'

TRENTO. C'è una lettera che l'avvocato della famiglia Pedri ha depositato in Procura a Trento. Una lettera che non è mai stata inviata e che sarebbe indicativa della sofferenza patita dalla dottoressa Sara Pedri nell'ambiente di lavoro. Si legge, infatti, di atteggiamenti di "poco rispetto e comprensione", di "umiliazioni e mortificazioni" in corsia, che avevano portato la giovane ginecologa ad avere "una paura mai provata nell'affrontare le pazienti", e "una insicurezza" unita a "uno stato di debilitazione".

Una testimonianza che si aggiunge alle dichiarazioni dei colleghi della dottoressa Pedri raccolte dall'autorità giudiziaria, e che avrebbe contribuito alla decisione della Procura di Trento di iscrivere nel registro degli indagati il dottor Saverio Tateo, ex primario di ginecologia del Santa Chiara, e la sua vice Liliana Mereu.

L'ipotesi di reato è maltrattamenti e abuso di mezzi di correzione e disciplina, ai danni di 14 tra medici e infermieri, compresa la stessa Pedri. Era l'inizio di febbraio e la dottoressa di Forlì, che lavorava nel reparto di ginecologia del Santa Chiara, si era sfogata con la madre al telefono, chiedendo di aiutarla nella stesura di una lettera da inviare al dottor Roberto Luzietti, direttore dell'Unità operativa di ostetricia e ginecologia di Cles, sede per la quale aveva superato il concorso (ma era stata subito dirottata a Trento per l'emergenza Covid).

La lettera è stata letta durante la trasmissione "Chi l'ha visto?" di mercoledì. «Sara aveva chiesto a mia madre di darle una mano a stendere qualche concetto. La lettera era nata in questo modo. Era il 6 febbraio. Quelle frasi le sarebbero servite come "base" per la telefonata che ha fatto il giorno seguente, il 7 febbraio, al dottor Luzietti. Sappiamo del contatto telefonico grazie ai tabulati», spiega Emanuela Pedri, sorella della ginecologa scomparsa il 4 marzo da Cles e la cui auto era stata ritrovata nei pressi della diga di Mostizzolo.

"Gentilissimo direttore": così inizia la missiva, in cui la dottoressa Sara Pedri ripercorre in breve la sua esperienza trentina, con l'assunzione il 16 novembre presso l'ospedale di Cles, l'immediato cambio di sede causa Covid, i viaggi quotidiani fra Cles e Trento "in condizioni meteorologiche difficili e pericolose durante l'inverno, essendo presente sul posto di lavoro ogni giorno e con la massima puntualità e disponibilità e sopportando un carico di ore giornaliero dalle 6 del mattino alle 21 di sera, anche per più giorni la settimana".

La dottoressa Pedri spiega l'origine del suo malessere. "Poiché l'inserimento nel lavoro, il primo, dopo la scuola specialistica, è avvenuto con poco rispetto e comprensione, anzi con umiliazioni e mortificazioni, è sorta in me una paura mai provata nell'affrontare le pazienti e il lavoro inerente l'Ostetricia, così da provocare nel mio animo una insicurezza e uno stato di debilitazione che mi hanno prodotto un forte calo di peso". Evidenzia che la sua famiglia, che l'ha sempre sostenuta, è lontana, a Forlì, e spiega che lei i traguardi li ha sempre raggiunti, superando con grinta le difficoltà. "Non sono assente neppure un giorno - sono le frasi finali - Direttore, come devo fare? Mi aiuti, la prego, mi indichi come dovrei comportarmi: lavorare a Cles era il mio sogno. Con tanto rispetto. Sara Pedri". Le ricerche nel torrente Noce sono ancora senza esito, ma con l'avvicinarsi dell'inverno è previsto un abbassamento delle acque che potrebbe favorire il riemergere di tracce della presenza di un corpo. Il 3 marzo la dottoressa Sara Pedri aveva presentato le dimissioni. «I giorni precedenti era molto confusa ed aveva paura di essere licenziata - racconta la sorella - Un giorno sì ed uno no ci diceva di volersi dimettere. Non stava bene ed aveva manifestato il suo malessere ad un collega dell'ospedale di Cles che faceva da tramite con il dirigente Luzietti.

A Cles, dove alla fine era stata trasferita, aveva lavorato per pochi giorni. Sappiamo che nel pomeriggio del primo marzo, un lunedì, era stata all'ospedale Santa Chiara a prendere le sue cose, il martedì aveva lavorato a Cles e il mercoledì, come abbiamo appreso dopo, si era licenziata».

Emanuela Pedri è determinata a portare avanti con mamma Mirella e papà Stefano una battaglia per fare chiarezza su ciò che è accaduto a Sara.

«Una battaglia non facile - sottolinea la sorella della dottoressa scomparsa - Una battaglia che è anche dolore, sofferenza e fatica psicofisica, ma che auspichiamo porterà ad un cambiamento, affinché il sacrificio di Sara non sia stato vano. Anche se Sara non ce la ridarà nessuno». E sulla decisione della Procura di Trento di indagare l'ex primario e la sua vice: «Questo è solo l'inizio, siamo nella fase embrionale. Parlare di vittoria è presto, la strada è lunga e l'epilogo lo decideranno i giudici».

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