Pedri / Il caso

La famiglia di Sara accusa: “Era a pezzi”. A febbraio per 7 giorni non è mai uscita dalla sua camera

Tornata a Forlì prima di dimettersi, la dottoressa scomparsa a marzo, si era vista dare dal suo medico due settimane di malattia. La madre: “Piango sempre, che il suo sacrificio aiuti chi è vittima di mobbing”. Ma c'è chi difende Tateo

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TRENTO. "Sono una mamma disperata di fronte alla tragedia che mi ha colpito. Non posso che esprimere dei ringraziamenti a tutti gli amici che non mi hanno mai abbandonato anche se non faccio che piangere tutto il giorno. Mando un abbraccio a tutte le colleghe di Sara che ora finalmente potranno lavorare con serenità. Che il sacrificio di mia figlia aiuti chi ha subito mobbing”.

Sono queste le toccanti parole pronunciate ieri a Quarto Grado da Mirella, la madre di Sara Pedri la ginecologa scomparsa a Trento lo scorso 4 marzo. E’ intervenuta in trasmissione anche la sorella Emanuela: “Parlando con Sara ci eravamo subito resi conto che c’era qualcosa che non andava: i responsabili del reparto le dicevano che era un un’incapace. La offendevano in tutti i modi possibili, la caricavano di lavoro e poi la lasciavano senza cose da fare per punizione”. 

Si è poi venuti a sapere che a febbraio Sara, prima di dimettersi era tornata a Forlì e il medico le aveva prescritto 15 giorni di malattia: sette li ha passati chiusi nella sua cameretta. 

L’avvocato della famiglia Pedri Nicodemo Gentile ha fiducia nel lavoro della procura di Trento: “Abbiamo segnalato tutti i numerosi messaggi di medici, infermieri e amici di Sara che ci sono stati mandati. Non mettiamo in discussione la sanità trentina, ma vogliamo sapere cosa è successo”.

 

Nel corso della puntata del programma condotto da Gianluca Nuzzi è stata letta una lettera spedita da Cristina, una paziente del primario Tateo. La donna esprime al medico tutta la sua solidarietà: “Noi abbiamo bisogno di lui, non merita tutto questo fango. Quando sono stata in quel reparto non ho mai avvertito un clima di tensione”.

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