Viabilità / La polemica

Progetto Valdastico, Manica attacca: «Dal presidente Fugatti numeri in libertà sull'autostrada»

Netto il giudizio del consigliere provinciale Pd che a boccia in pieno il report proposto dalla società di consulenza PwC Italia e diffuso dalla Provincia

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ROVERETO. Lo studio presentato qualche giorno fa da Fugatti per giustificare la convenienza della Valdastico dà «numeri in libertà: alcuni non si capisce da dove li prenda, altri sono palesemente incongruenti con la realtà».

È questo il giudizio del consigliere provinciale del Pd Alessio Manica che, a stretto giro dopo il sindaco di Rovereto Francesco Valduga boccia in pieno il report proposto dalla società di consulenza PwC Italia.

Manica non è nuovo al tema Valdastico.

Anzi, fu proprio lui, con il collega Olivi, a svelare grazie all'accesso agli atti ottenuto dalla giunta Fugatti i dettagli del progetto elaborato dalla Serenessima, e a diffondere l'inquietante rendering del "Viadotto di Ca' Bianca", diventato simbolo dell'impatto paesaggistico che la nuova autostrada causerebbe alle Valli del Leno.

«Nel secolo scorso - argomenta Manica - l'imperativo era la crescita economica e, in tema di mobilità, le uniche variabili erano i dati del traffico, il costo delle opere e l'indotto che generavano. In questo secolo dobbiamo fare i conti con altre variabili: con la sostenibilità ambientale, con la fragilità del territorio e le sue vocazioni, con una politica della mobilità che mira a ridurre il traffico su gomma.

A quanto pare Fugatti e questa giunta provinciale non se ne sono accorti e continuano a sostenere l'insostenibile con uno studio che prescinde da questi fattori, il cui obiettivo è dimostrare che l'opera "rende" al Trentino in termini monetari, fine del ragionamento».

L'assenza delle valutazioni ambientali nel report pro Valdastico presentato dalla giunta è già stato denunciato dai sindaci nel Consiglio delle autonomie locali.

«Come già rilevato dai sindaci - riprende Manica - lo studio è volutamente parziale e limitato. Non affronta in alcun modo i costi ambientali, le esternalità negative, non analizza gli scenari alternativi. Si glissa sulla sostenibilità finanziaria in se dell'opera, che non esiste già negli studi della concessionaria: il traffico non è sufficiente a pagarla. Lo studio lo certifica quando parla di 65 milioni di ricavi annui per un opera da tre miliardi: fanno 46 anni prima di rientrare dell'investimento, anzi molto di più, visto che bisogna affrontare costi di manutenzione mostruosi, che non si trovano nello studio, che alla fine dà numeri in libertà: un aumento del 20% del turismo ad esempio. Su che basi, di che tipologia. Ma veramente pensiamo che i turisti affrontino 30 chilometri di gallerie per venire in Trentino, ai costi che avrà usare quell'autostrada? E poi veramente l'obiettivo sono i numeri e si pensa che la nostra attrattività si basi sul recupero di 20 minuti di strada?».

E ancora: lo studio indica, spiega il consigliere Dem, in sette anni il tempo di cantiere per la nuova A31, quando il progetto di fattibilità 2019 per l'uscita a Rovereto commissionato da Fugatti parlava di 4.336 giorni per il cantiere, quindi 12 anni senza imprevisti, più i tempi progettuali e d'appalto. «Mi pare più verso i 20 anni l'orizzonte della messa in esercizio».

Demolita la sostenibilità ambientale, tecnica ed economica, Manica smonta un altro mito legato all'A31: la leggenda del salvataggio della Valsugana. «Lo studio annuncia il meno 55% dei camion in Valsugana. Ma questo si realizzerebbe, forse, solo con l'imposizione della vignetta per il passaggio in Valsugana, scenario piuttosto improbabile in quanto non vi sarebbero più alternative gratuite.

Il vero dato è quel meno 14% di traffico che si toglierebbe alla Valsugana, circa 6.000 veicoli totali e di questi mediamente il 15% sono pesanti, che ovviamente si riverserebbero in Vallagarina a partire dai mezzi pesanti. Ha senso? Il gioco vale la candela? Lo studio certifica che la Valdastico non salva la Valsugana ma mette in difficoltà l'asta dell'Adige».

«Poi la boutade del centro intermodale a Rovereto, come cigliegina. Quindi prima facciamo arrivare su un asse autostradale già saturo come quello del Brennero un ulteriore 12% di traffico pesante poi cerchiamo, o speriamo, di caricarli sui treni. Mi pare geniale, visto che per altro abbiamo già una struttura a Trento, e l'impianto del potenziamento della ferrovia del Brennero prevede il quadrante Europa di Verona come luogo dove trasferire le merci su rotaia».

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