L’opera / L’intervista

Bypass ferroviario, sicurezza sotto osservazione: “Cantiere molto complesso, controlli continui”

Parla il coordinatore dell'Osservatorio per l'ambiente e la sicurezza, Stefano Robol: “Se in via preventiva ci si mette d'accordo su quali procedure sono più sicure, è meglio soprattutto per i lavoratori”

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di Chiara Zomer

TRENTO. Non solo ambiente, che già è un fronte caldissimo. Anche la sicurezza sul lavoro, nel cantiere del bypass ferroviario, sarà cosa non semplice: quando inizieranno le lavorazioni della parte B ci saranno anche mille operai all'opera, di cui anche 300 stabilmente sotto terra. E su questo l'Osservatorio per l'ambiente e la sicurezza si sta concentrando in queste settimane: «Sottoscriveremo con Uopsal, impresa e Rfi un protocollo, per chiarire in via preventiva le procedure da adottare» spiega il coordinatore dell'Osservatorio, Stefano Robol. Che a poco meno di 6 mesi dall'avvio dell'ente fa un primo bilancio.
A cosa servirà questo protocollo?
«A indicare un gruppo tecnico che chiarisca, in quello specifico cantiere, cosa serve fare per garantire i lavoratori. L'azione di vigilanza di Uopsal non è condizionata da nulla, naturalmente. Potremmo lasciare l'azienda gestirsi in autonomia e Uopsal poi controllerebbe. Ma se in via preventiva ci si mette d'accordo su cosa serve per tutelare al meglio i lavoratori, alla fine è più utile. Senza nulla togliere alle verifiche che comunque farà Uopsal. Perché sarà un cantiere complesso. Per esempio io non sapevo che la fresa è munita di una sorta di camera iperbarica, per intervenire nei momenti di sofferenza che possono capitare, quando si lavora per molto tempo sotto terra, in situazione di respirabilità condizionata. Lo dico a titolo di esempio, per dare l'idea di quali rischi si debbano considerare. Se in via preventiva ci si mette d'accordo su quali procedure sono più sicure, è meglio soprattutto per i lavoratori».
E in questo contesto qual è il ruolo dei sindacati?
«Loro sono coinvolti nell'ambito dell'impresa. I rapporti loro li hanno in quel contesto lì. Naturalmente basta che segnalino, se credono, anche all'Osservatorio, che farà il possibile».
Forse sono preoccupati: l'ultimo grande cantiere, la Loppio Busa, ha presentato grandissime criticità.
«Qui c'è un organismo che cerca di mediare in modo equilibrato».
Ecco, a proposito dell'organismo. Qual è il bilancio dei primi sei mesi?
«Io sono soddisfatto di quel che si è costruito, e lo si è fatto grazie alla collaborazione e alla qualità delle persone che Provincia e Comune hanno messo a disposizione, alla loro qualità e credibilità. Però contemporaneamente dico che servono persone dedicate strutturalmente all'osservatorio. Due all'infopoint e due per la gestione operativa dell'osservatorio».
In questi mesi l'Osservatorio è stato tirato per la giacca più volte. Non c'è il rischio che finiate schiacciati tra il colosso Rfi e i comitati che da voi si aspettano azioni che spesso nemmeno potreste mettere in atto?
«Io non percepisco il rischio di rimanere schiacciato, perché conosco le nostre competenze. Alcune cose possiamo farle, e le facciamo, altre non possiamo farle, non mi sento schiacciato solo perché non le facciamo. Il problema è di comunicazione: viviamo un tempo in cui la comunicazione e la sostanza spesso sono un po' lontane. Ormai è così: ti faccio una domanda, dammi una risposta. Se non lo fai, o se non lo fai subito, lavori male. Ma noi facciamo quel che siamo chiamati a fare. Come Osservatorio abbiamo ricevuto alcuni documenti, li abbiamo pubblicati, ne stanno arrivando altri che pubblicheremo. Qualche volta, è stato necessario integrare i documenti con qualche chiarimento di Rfi. Con i Comitati abbiamo avuto un dialogo con quelli che hanno chiesto di incontrarci. Al momento, prosegue il dialogo solo con la Rete dei Cittadini, gli altri si sono detti non interessati».
Si aspettano da voi che abbiate poteri che non sono previsti.
«Il massimo potere nostro è quello di segnalare. Certo, una segnalazione dall'Osservatorio ha un peso diverso rispetto a quello di un privato cittadino, perché arriva dopo un'analisi di un comitato scientifico. Ma non possiamo sostituirci agli organi di controllo».
Certo, quando ha annunciato il sopralluogo allo scalo Filzi, poi è arrivata la procura.
«Non posso dire che ci sia collegamento. Certo quando è arrivata la magistratura noi doverosamente ci siamo fermati».
Alla fine c'è più andato, allo scalo Filzi?
«Sì. Naturalmente non nelle aree sottoposte a sequestro. E sono stato piacevolmente sorpreso della serietà con cui è stata accolta la mia visita».
All'Osservatorio manca del componente designato dalla Provincia, dopo il passo indietro di Appa.
«Ho avuto rassicurazioni che è imminente la nota formale di indicazione. Sono fiducioso».
E sul ministero? Il membro nel comitato scientifico manca ancora.
«È spiacevole. Lo abbiamo chiesto a marzo scorso, abbiamo inviato un sollecito ad aprile, mi ha anche chiamato un rappresentante del Ministero, per capire meglio. Ho inviato a settembre un ulteriore sollecito, anche la Provincia lo ha fatto».
Ecco, questi sono segnali che i cittadini non possono leggere positivamente: il Mase è il soggetto che dovrebbe vigilare anche su Trento nord. Sembra un po' distratto.
«Però c'è Appa. Che ha il potere di fermare i lavori, se ritiene che ci siano pericoli».
L'altro nominato dal governo c'è?
«Sì. Raffaello Frezza, nominato dal Ministero delle infrastrutture e mobilità sostenibile (Mims) che all'ultimo incontro ha anche partecipato in collegamento».

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