Trento / Il tema

Gli sfollati del bypass devono andarsene a marzo: «Ma qui c'è bisogno di più tempo»

I cantieri del grande progetto ferroviario nel capoluogo: questa settimana sarà decisiva per le trattative riguardanti le attività economiche, ma per loro il problema è travere un'altra sede in cui traslocare

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di Chiara Zomer

TRENTO. «Non so, Rfi parla con mio figlio. Non so più niente. So però che non ho un'altra casa dove andare. E mi dicono che le case vanno liberate entro metà marzo. Non so cosa farò».

La signora non vuol dire il suo nome. Già ha a che fare con le Ferrovie, che le sembrano un colosso. Già deve scendere a patti con l'idea di lasciare quel che ha conosciuto finora. E a 70 e rotti anni non è facile. Non vuole altri problemi.

«Non so, forse dovrò buttar via tutto», si butta giù al solo pensiero. Perché in quei quasi 60 metri quadrati ha cresciuto la famiglia, i figli. Lei è una tra gli "abbattuti" di San Martino che non hanno ancora firmato l'accordo con Rfi.

Se lo firmerà o no, si vedrà, il figlio è in trattativa. Di sicuro a lei sembra di non avere tempo abbastanza per rimettere in ordine le sue cose, la sua vita e portarla da un'altra parte. Perché un'altra parte non l'ha ancora trovata, lei che vuol restare nel quartiere. Attorno alcuni sono già andati via, altri hanno firmato l'accordo e stanno per andarsene, altri ancora sono in trattativa.

Per tutti si parte dalle quotazioni di guidacasa per la zona, e si aggiunge un tot per il disagio e un altra quota per eventali lavori di ristrutturazione che erano stati fatti sull'immobile. Molti troveranno l'intesa, probabilmente, perché Rfi ha aperto i cordoni della borsa, negli ultimi mesi.

Ma chi non ha traslocato, ha l'ansia delle lancette che scorrono. Vorrebbero più tempo: il 10 marzo è il termine sia per quelli che hanno firmato a gennaio, sia per quelli che devono ancora siglare l'intesa. E non sembra giusto. Anche perché alcune trattative sono iniziate tardi. È il caso delle attività economiche. Cinque, tutte in affitto. Sono quasi tutte ancora in trattativa, entro la settimana si chiuderanno, bene o male, le intese. Ma l'incognita è dove spostare le loro attività adesso.

E al momento nessuno ha trovato un'alternativa. «Stiamo cercando, ma per ora non lo abbiamo» ammettono al motosalone Tomasi. «In giro vediamo solo o capannoni troppo grandi, o negozi troppo piccoli», spiega la vicina officina Audiotec, di Silvano Gaiga.

Per le aziende non è stata una trattativa facile: «All'inizio ci hanno detto che ci pagavano solo il trasloco, poi hanno capito che le aziende, tra l'avviamento, il trasloco, le difficoltà a trovare un altro locale, alla fine hanno riconosciuto che c'è la problematica. Noi nel male siamo andati d'accordo, però dipende se va d'accordo anche il proprietario. Il problema è dove andare adesso: non sto trovando niente che vada bene - spiega Gaiga - il problema grosso è il tempo: se abbiamo solo due mesi e non abbiamo un locale nuovo, dobbiamo trovare intanto un magazzino per mettere le nostre cose. I traslochi da fare saranno due, bene che vada. Avremmo bisogno di più tempo».

E quel che pensano anche al vicino salone Tommasi. Pure qui, l'intesa sembra a portata di mano.

«Sono ottimista» dice Giuseppe Tomasi, il titolare, che lavora assieme ai figli, Michele e Stefano. Che però è preoccupato per il futuro dell'azienda: «Stiamo cercando un'altra sede, diciamo che siamo in trattativa anche lì, ma non l'abbiamo niente di scritto, non l'abbiamo ancora trovata. E la data è tanto vicina, per noi sarebbe importante tirare fino a maggio».

È dagli anni Sessanta che il salone di moto è lì in via Brennero, 500 metri quadrati tutto sommato non distante dal centro cittadino, con disponibilità di parcheggio, con ampie vetrine, che quando vendi moto sono utili.

«L'abbiamo fatto presente, si rendono conto, in questo momento non è conclusa la trattativa economica, ma poi dovremo parlare della tempistica».

A dargli pensiero sono i figli: «Se fossi qui da solo, andrei in pensione. Ma ho due figli, ci tengo a che l'azienda vada avanti. Per loro. Non so come andrà, spostandoci». E le istituzioni? Qui hanno sentito più vicino il Comune, che a chi si deve spostare garantisce 5 mila euro.

«Ma la Provincia non si è fatta sentire». Lo dicono senza acredine, i pensieri sono tutti per la logistica immediata.Chi questi problemi non li ha più è Guido Gianordoli, che in via Malvasia aveva un'officina radiatori. Lui l'accordo l'ha già raggiunto, ma ha scelto di fermare l'attività. Va in pensione definitivamente. A dicembre ha chiuso tutto. Ieri era là, in un'officina ormai quasi vuota. Aspettava che venissero a portar via le bombole.

«Ho chiuso, non ho voluto problemi, ho un'età per fermarmi. Certo, avrei preferito andare in pensione quando lo decidevo io, ma va beh. Una cosa bella è successa: quando ho detto che chiudevo ho avuto tantissimi messaggi di affetto. È stato bello».

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