Dolomiti / Clima

Caldo record in Marmolada, monitoraggi continui sul ghiacciaio ma per ora niente restrizioni

Da lunedì scorso la Protezione civile sta effettuando anche sorvoli giornalieri per poter prevenire eventuali rischi. L’esperto Aldino Bondesan, glaciologo dell'Università di Padova: «Il rialzo delle temperature, da solo, non basta a causare crolli. Servono particolare attenzione e prudenza». Il sindaco di Canazei, Giovanni Bernard: «Chiudere in questo momento non avrebbe senso»

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di Leonardo Pontalti

TRENTO. Tredici gradi lunedì, quattordici (14,3) martedì. A 3.343 metri di quota. Se nei fondovalle il caldo soffoca (sfiorati i 40° a Trento), in quota, a Punta Penia i valori record preoccupano.

Temperature più alte che nel mortifero luglio di un anno fa, quando parte della calotta del ghiacciaio della Regina delle Dolomiti crollò, con undici escursionisti che persero la vita.

«Ma il rialzo delle temperature, da solo, non basta a causare crolli», spiega Aldino Bondesan, glaciologo dell'Università di Padova, responsabile del Comitato glaciologico italiano, rispondendo alla domanda che in questi giorni si fanno in tanti: ci sono più rischi ora di un anno fa? «Rispondere non è facile. Quello che posso dire è che se c'è un momento in cui prestare particolare attenzione e usare prudenza è questo», spiega ancora Bondesan. Non a caso, la Marmolada è osservata speciale. Lo è da più di un anno, lo è in particolare in questi giorni.

L'allerta meteo sulle temperature che stanno segnando queste giornate in tutta Italia e non solo (e che dovrebbe mandare in fumo i residui dubbi degli scettici sulle conseguenze del cambiamento climatico) ha spinto la Provincia a intensificare il monitoraggio in quota. Quotidianamente, da lunedì e per tutta la settimana, esperti e funzionari del Servizio prevenzione rischi della Provincia stanno effettuando sorvoli in Alta Val di Fassa per verificare giorno dopo giorno l'evolversi della situazione.

Ma, come spiegato da Bondesan, le temperature da sole non bastano a causare crolli e, al momento, non vi sono avvisaglie di possibili pericoli che potrebbero far scattare ordinanze di chiusura della parete nord della Marmolada.

«Chiudere in questo momento non avrebbe senso», spiega anche il sindaco di Canazei Giovanni Bernard, «perché i pericoli della Marmolada sono gli stessi di qualsiasi altro ghiacciaio. Purtroppo la situazione che sta portando alla fusione dei ghiacci in quota è la stessa non solo per le nostre montagne ma per quelle di tutto l'arco alpino. Al momento i rischi sono quelli connaturati a qualsiasi ambiente montano. Io stesso domenica sono salito per verificare la situazione.

La Provincia ha diramato una nota in cui viene raccomandata prudenza a tutti gli escursionisti ed è tutto ciò che si può fare al momento. Il monitoraggio quotidiano è uno strumento in più che ci può permettere di intervenire se vi fossero segnali di maggior pericolo».

Gira e rigira, però, si torna sempre alla stessa domanda: ma se la situazione è peggio di un anno fa, perché ci sono meno pericoli? A provare a rispondere è ancora Bondesan: «I nostri studi, intendo quelli dell'Università di Padova di cui mi pregio di essere docente, assieme a quelli dell'Università di Parma e del Centro di ricerche sismologiche dell'Istituto nazionale di geofisica di Trieste, ci stanno permettendo di capire come il 3 luglio 2022 si siano sovrapposti più elementi che hanno portato al tragico disastro: vi era senza dubbio un rapido scioglimento, ma non è stato solo quello a causare il crollo. Può essere, ad esempio, che l'acqua frutto della fusione si sia accumulata tra la roccia e il ghiaccio sotto la calotta, favorendo lo scivolamento. Forse anche un evento sismico potrebbe aver contribuito in piccola ma decisiva parte a causare la tragedia, ci dicono i dati raccolti dagli esperti triestini».

Quell'accumulo d'acqua che, al momento, non è stato rilevato dai monitoraggi in quota.

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