Economia / Ripartenza

Negozi, ristorazione e turismo: rallenta la caduta delle imprese

I dati indicano una tenuta del settore terziario in Trentino: le cessazioni sono ancora più delle nuove iscrizioni ma il trend sembra meno pesante

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di Chiara Zomer

TRENTO. Se il 2020 dello shock pandemico è stato un brutto colpo, rispetto al numero di negozi, ristoranti e bar che non sono riusciti a reggere lo scossone della crisi, il 2021 della ripresa vede ancora difficoltà importanti: il trend di chiusure più numerose che aperture rimane confermato. Però a velocità decisamente minore.

Un dato che potrebbe avere due cause.

La prima, più tecnica: tradizionalmente è verso fine anno che i nodi, anche rispetto ai bilanci, vengono al pettine. E sono quindi quelli i mesi delicati, per il prosieguo dell'attività. Ma potrebbe anche essere - ed è quello che ci si augura - che i primi pur timidi segnali di ripartenza inizino a farsi sentire, mitigando la corsa alle chiusure. Rispetto al 2021 due dati divergono però rispetto all'anno precedente: la città sembra resistere meglio.

E la ristorazione è più penalizzata rispetto al commercio al dettaglio. Per dare un'ordine di grandezza, nei primi 3 mesi del 2021 in città hanno aperto 3 nuove attività, ma chiuso in 9. In Provincia le percentuali sono lievemente peggiori: a fronte di 18 aperture, hanno chiuso in 61.

Quanto al commercio, le percentuali sono migliori: a Trento città hanno chiuso 22 negozi e aperto 11, mentre a livello provinciale a tirar giù le serrande in modo definitivo sono state 75 imprese, ma 49 nuovi esercizi commerciali hanno iniziato la loro avventura imprenditoriale.

Chiara è una cosa: i numeri danno sempre il senso di come si muove un comparto, ma non bastano a farne l'esatta fotografia.

Quella la tracciano le categorie, chiarendo come la ripartenza, per adesso, è ancora un auspicio.

«Il fatto che le chiusure rallentino un po' è una buona notizia, ma si vedrà a luglio se questa è davvero una ripartenza, o se è solo una boccata d'ossigeno, utile solo a posticipare le chiusure» spiega Ivan Baratella, nuovo presidente dei commercianti del Trentino della Confesercenti.

Per ora una frenata alle scelte drastiche l'hanno data i contributi a fondo perduto della Provincia. Ma non è detto bastino: «Diciamo che messe tutte insieme le misure, la cassa integrazione per i dipendenti, le moratorie, i prestiti e i contributi a fondo perduto, ha permesso al Trentino di essere almeno un po' in controtendenza, rispetto alla situazione nazionale - osserva il presidente dei Ristoratori di Confcommercio Marco Fontanari - In Italia si calcola di perdere tra il 18 e il 20% delle aziende, qui dovremmo fermarci al 4%. Ma molto dipenderà da quanto è robusta la ripresa».

Certo giugno è sottotono, soprattutto in valle: dove si vive di turismo, la richiesta è tornata robusta.

Ristorazione. In questi tre mesi, a livello provinciale hanno chiuso 61 attività (di cui tra gli altri 19 di ristorazione con somministrazione e 36 sono bar e esercizi senza cucina).

Le nuove aperture (18) non compensano, ma il numero di aziende registrate si riduce di poco: si è passati dalle 3.221 del 2020 alle 3.215 del 31 marzo 2021 (con le aziende attive addirittura in crescita da 2.751 a 2.764). Sulla stessa linea la dinamica in città: Trento è passata da 663 aziende a 659 (di cui 541 di attive), mentre il saldo resta negativo: hanno chiuso in 9 e aperto in 3.

Commercio al dettaglio. Il calo c'è, ma meno pesante dell'anno scorso. A fronte di 22 cessazioni, ci sono state 11 iscrizioni in città, con il numero di agende passato da 944 a 936 (di cui 837 attive).

A livello provinciale hanno cessato l'attività 75 imprese e si sono iscritte 49 nuove aziende. Il saldo rimane quindi negativo, e si vede anche sul numero di imprese registrate: da 4.354 in tre mesi si è passati a 4.334 (di cui 4.027 in attività).

Turismo. Alla voce alberghi e strutture simili, in provincia, risultano iscritte a fine marzo 1.389 imprese, mentre ora sono 1.389 (di cui 1.272 attive). E anche su questo fronte c'è chi non ha retto la pandemia: 12 le cessazioni, solo 5 le nuove iscrizioni.

E in città? In questi tre mesi non c'è stato entusiasmo, forse, ma tutti hanno retto: le 47 aziende iscritte a fine 2020 (di cui 39 attive, sono ancora lì, pronte a intercettare una ripartenza che, ci si augura, sarà robusta. Perché questo era l'obiettivo, per chi aveva le spalle meno robuste: stare a galla, in attesa di tempi migliori. Quelli senza aperture a singhiozzo, quelli senza restrizioni. Ci stiamo arrivando.

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