Turismo / Il caso

Arrivi in Italia più complicati perché i vaccini non contano. L'appello di Kompatscher: bisogna cambiare

Anche per chi proviene dagli altri Paesi Ue permane - a prescindere - l'obbligo di un test covid eseguito nelle 48 ore precedenti. L'annunciato via libera nazionale con certificato vaccinale tarda a diventare operativo e la data indicata per il pass italiano (15 giugno) anche se fosse confermata sarà ormai a ridosso del varo del nuovo sistema europeo

ITALIA Green pass, ecco i canali per ottenerlo: dalle app alla farmacia
UNA DOSE Via libera a 15 giorni dalla prima somministrazione
EUROPA Il pass covid europeo entrerà in vigore il primo luglio

di Zenone Sovilla

TRENTO. Al momento delle tanto attese riaperture scattate il 26 aprile scorso, il governo italiano aveva annunciato e codificato una propria politica del green pass che avrebbe dovuto facilitare i viaggi e altre attività ai vaccinati e guariti covid (dunque senza la necessità di sottoporsi a test).

Venti giorni più tardi lo stesso governo ha stabilito che per ottenere il green pass è sufficiente che siano passate due settimane dalla prima dose di vaccino.

Queste previsioni avevano, fra l'altro, indotto molti operatori turistici a sperare che contestualmente Roma ritenesse di modificare (tenendo conto dei vaccini) anche le misure alle frontiere, dove gli arrivi in Italia dagli altri Paesi Ue sono ancora regolamentati da norme in vigore da circa sei mesi (e che da Pasqua erano state appesantite da una quarantena di cinque giorni, per tutti, cancellata solo poco più di un mese fa).

Quindi, tutti coloro che arrivano sono tuttora tenuti sia a compilare un form di localizzazione sia "a sottoporsi nelle 48 ore prima dell’ingresso in Italia a tampone molecolare o antigenico con esito negativo", come scrive il ministero della salute, creando non poca confusione in chi non solo deve fare un test ma se ha da prendere un aereo si domanda pure che cosa accada in caso di ritardi che potrebbero far scadere le prescritte "48 ore" (altri Paesi Ue precisano che nel caso di treni o aerei fa testo l'orario di partenza, cosa piuttosto ovvia).

Permane, inoltre, l'obbligo di comunicare il proprio ingresso in Italia al dipartimento di prevenzione dell’azienda sanitaria competente per territorio (chissà quanti turisti stranieri lo fanno).

Insomma, siamo sostanzialmente alle regole di quest'inverno, in piena seconda ondata.

Sparito dai radar, al momento, malgrado i reiterati annunci governativi, il via libera tramite certificato di avvenuta vaccinazione.

Chissà se anche in questo caso si tratta di una forma di resistenza da parte di qualche tecnocrazia romana.

D'altra parte, con tutta l'Italia in giallo o in bianco, a questo punto vien fatto di chiedersi quale sarebbe l'utilizzo del pass nazionale (previsto dal governo a partire dal 15 giugno): se non per spostarsi verso le regioni arancioni o rosse, forse per partecipare a qualche attività specifica. O per tenersi il certificato in tasca. Vedremo.

Fatto sta che ad oggi, per esempio, se un italiano vaccinato vuole entrare in Germania può semplicemente presentare il relativo certificato, viceversa un tedesco che abbia completato il ciclo di immunizzazione non potrà entrare in Italia e dovrà fare un test covid non più di 48 ore prima di arrivare in frontiera (o salire sull'aereo: chissà se qualcuno ha capito quale sia la vera "dead-line", secondo il ministero della salute)

Non solo: da domenica 6 giugno la Germania non considererà più l'Italia un'area a rischio: quindi chi proviene da qui (se ci è rimasto almeno dieci giorni) non avrà più alcuna formalità da esperire, se arriva per via terrestre.

Solo per i viaggiatori in aereo rimarrà l'obbligo di dimostrare di essere completamente vaccinati, guariti o di avere eseguito un tampone negativo (pcr o antigenico).

Interessante anche il caso del Belgio, uno dei rari Paesi Ue che basano le proprie misure d'ingresso sulla nota mappa di rischio covid elaborata dall'European Centre for Disease Prevention and Control e aggiornata settimanalmente (attualmente quasi tutta Italia è arancione, Calabria e Basilicata rosse, il Molise verde).

In Belgio, dunque, entra senza particolari formalità chi proviene da aree arancioni o verdi (chi viaggia in aereo dovrà comunque compilare online il modulo di localizzazione del passeggero).

La Francia, invece (non consolerà), come spesso accade, ha regole simili ai "cugini" d'Oltralpe; anzi, fin da gennaio chiede addirittura un più costoso e laborioso test pcr (datato al massimo 72 ore prima) e non ha ancora annunciato cambiamenti delle regole: i vaccini questi sconosciuti...

Insomma, in Europa i governi nazionali continuano "in ordine sparso" (come ama ripetere qualche politico italiano centralista riferendosi alle Regioni). Stati nazionali in ordine sparso, come hanno fatto in questi 15 mesi di pandemia, gestendo le proprie frontiere come se l'Unione europea fosse temporaneamente sparita.

Eppure esiste, come detto, una sia pur perfettibile mappa europea della definizione del rischio locale, area per area: bastava basarsi su quella e sulle disposizioni anti-covid nazionali ed ecco che - come per magia - i confini degli Stati membri non sarebbero più stati una variabile rilevante.

La questione del ritardo italiano nella definizione di regole nuove e più adeguate in fatto di ingressi dall'estero oggi è stata sollevata nuovamente anche dal presidente altoatesino Arno Kompatscher che peraltro si è fatto interprete di una richiesta diffusa fra i leader delle autonomie locali italiane.

E per quanto riguarda il green pass italiano, annunciato da settimane come una novità pronta in grande anticipo rispetto a quello europeo (che scatterà il primo luglio), passano i giorni e i cittadini restano in attesa di sapere qualcosa di preciso.

Molti, specie nelle nostre zone di confine, potrebbero pensare di trascorrere qualche giorno all'estero, ma non sanno ancora se e quando al rientro in Italia basterà mostrare un certificato di avvenuta vaccinazione (trascorsi almeno 15 giorni dalla prima dose) o se dovranno fare un tampone covid al massimo 48 ore prima dell'ingresso in Italia. Se non ce la fanno, avranno sempre l'alternativa dell'isolamento fiduciario di dieci giorni e di successivo test covid. Anche per i vaccinati? Pare proprio di sì.

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