Trento / Grandi opere

Bypass ferroviario, è scontro sul via libera agli scavi: la rabbia dei comitati

Nel mirino le analisi di Rfi che escludono pericoli di «tenuta» per i lavori della mega circonvallazione con lungo tunnel, gli attivisti insorgono: «Non possono bastare 17 pagine di grafici». Duro anche il presidente della circoscrizione, Claudio Geat: «Che sia il servizio geologico della Provincia a dire se questi rilievi sono sufficienti e rassicuranti...»

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di Chiara Zomer

TRENTO. Bastano 17 pagine di grafici a fugare ogni dubbio sulla tenuta della Marzola, che a breve sarà bucata per la realizzazione dei 12 chilometri di galleria del bypass ferroviario? Secondo i comitati che da tempo ormai contestano il tracciato scelto da Italferr e Rfi, proprio no. Non bastano quelle 17 pagine pubblicate sul sito dell'Osservatorio perché poco se ne capisce - e in effetti noi ci siamo dovuti affidare all'«interpretazione autentica» del professor Lorenzo Cadrobbi che ha fatto parte del gruppo di studio - e perché a dire se sono sufficienti o meno forse dev'essere qualcun altro: «Sia il servizio geologico della Provincia a dirlo - sbotta il presidente della circoscrizione Centro Claudio Geat - erano stati loro, a suo tempo, a evidenziare l'inadeguatezza dei rilievi effettuati da Rfi».

Davanti agli ultimi dati resi pubblici da Rfi, comunque, secondo i quali non ci sono pericoli di tenuta della montagna né di interferenza con le sorgenti, le reazioni sono arrivate immediate. La più dura, quella del gruppo No Tav: «Quei dati sono dubbi, per lo meno alcuni sondaggi che lì risultano, non sono nemmeno stati fatti, secondo noi». A dirlo è Elio Bonfanti, che evidenzia anche alcuni aspetti più preoccupanti: «Ci sono alcune sorgenti a rischio medio, altro che basso».

Bonfanti, Comitato No Tav contesta i sondaggi: «Intanto almeno due rilievi che da quell'elenco si dice che siano stati fatti, io credo proprio che non lo siano - dice - Si tratta di due carotaggi che sarebbero dovuti essere realizzati dove c'era il presidio No Tav, sulla collinetta delle Fornaci. Fino al 10 luglio quella collinetta è stata occupata da noi, e non c'erano trivelle. E nemmeno dopo ne sono state installate. Quindi non tornano i conti, a meno di immaginare che sia servita a quello la trivella installata all'altezza del NaturaSì. Ma il bypass non passerà da lì. E ho grandissimi dubbi anche sui sondaggi tra Villazzano e San Donà, facciamo un controllo sistematico, su quelle aree, e lì ci saremmo accorti se avessero installato una trivella, e non c'è stato nulla. Inoltre quanto ai risultati, quelle 17 pagine rese pubbliche mostrano i risultati solo di 5 o 6 sondaggi, sui 16 annunciati».

E ancora: «Manca qualsiasi studio degli effetti sulla paleofrana di quattro frese che operano contemporaneamente, e della dinamite che sarà usata ogni 500 metri per realizzare i cunei di collegamento tra una e l'altra canna. Se questo è il metodo scientifico usato per farci stare tranquilli, siamo messi bene». E sull'acqua è ancora più drastico: «Cinque sorgenti, tra cui quella dell'acquedotto di Trento e quella di Besenello, quella di Mattarello , passano da rischio basso a medio. E lo dicono loro, non io. Non mi pare che ci sia da stare tranquilli». Il ruolo del servizio geologico.

A chiamare in causa la Provincia è Claudio Geat. Che ricorda come siamo arrivati fin qui: «Era stato il servizio geologico della Provincia, in sede d'approvazione, a dire che i 2 soli sondaggi effettuati lungo 12 chilometri, non bastavano, e che serviva un modello geologico della Marzola. Ora sia il servizio geologico a dire se questi rilievi sono sufficienti e se sono rassicuranti».

Poi, osserva, resta una considerazione di fondo: «Noi tutti speriamo di essere fortunati e che vada tutto bene, ma non è serio approvare, come hanno fatto, un progetto di fattibilità di una galleria di 12 chilometri per la quale all'atto dell'approvazione erano stati fatti solo due sondaggi. Il progetto è stato approvato con 224 prescrizioni e 42 raccomandazioni, era un progetto carente, Non è serio approvare così, progetti di questa complessità». L'approvazione di un progetto carente, osserva, è dipesa dal fatto che «noi siamo accusati di essere contrari a prescindere, ma c'è chi favorevole a prescindere. L'opzione 0 non è mai esistita».

Martina Margoni, (La Rete dei Cittadini) è rimasta colpita soprattutto dalla convinzione del geologo Cadrobbi, che questi lavori daranno il là alla bonifica dei terreni di Trento nord. «Mi sembra un'indebita spruzzata di ottimismo. Qui tra l'altro viene fatto un sondaggio ogni 500 metri, ne hanno fatti 30 per la galleria di Cadine, e credo non serva dire altro. Servirebbe uno studio indipendente, non uno commissionato da Rfi». E quanto ai pareri geologici, Margoni ricorda quello del professor Barra, «mai uscita dai cassetti della Provincia, che evidenziava la pericolosità della sinistra Adige, rispetto alla destra Adige. Questa è un'opera zoppa, che potrebbe portarci ad avere una città distrutta, con un cantiere aperto per anni». E quanto alle rassicurazioni: «Io mi limito a ricordare che anche prima del sequestro avevano detto che era tutto a posto».

Meno tranchant ma altrettanto preoccupato l'ingegner Paolo Zadra (Rete dei cittadini): «Non sono in grado di valutare uno studio geologico, Cadrobbi ha una sua professionalità e credibilità. Dico però che in questa fase il progetto è avvolto in una grande nebulosità, sembra si navighi a vista. E resta il ragionamento di fondo: se proprio insistono su quel tracciato, che noi contestiamo, si concentrassero e facessero i rilievi necessari, in modo approfondito. Li facessero a sud, dove le sorgenti comunque ci sono e soprattutto a nord, dove siamo allarmati».

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