Salute / Il problema

Carenza di personale, pensionati non sostituiti e no vax: nei weekend chiude il reparto chirurgia di Borgo Valsugana

Due rianimatori su quattro senza certificazione, ma è solo la goccia che fa traboccare il vaso: il San Lorenzo è sempre con l’acqua alla gola, pazienti trasferiti in altri nosocomi

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di Marika Caumo

BORGO VALSUGANA. I due rianimatori sospesi (su quattro) non rappresentano un allarme per il S. Lorenzo, in quanto sono attualmente sostituiti da altri professionisti dell’Azienda sanitaria. Il problema è piuttosto un altro: la sospensione del personale non vaccinato è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso in quanto queste assenze, seppur numericamente limitate, vanno a sommarsi ad una carenza pregressa dell’organico.

Da qui la decisione, a partire dal 10 settembre scorso, di chiudere il reparto di chirurgia di Borgo dalle 21 del venerdì fino alle 7 del lunedì successivo. Con enormi disagi per il personale, i pazienti ed i loro familiari.

Ma andiamo con ordine. Due rianimatori no-vax sui quattro in organico. «A Borgo abbiamo quattro anestesisti: un direttore e tre dirigenti medici. Attualmente uno è in malattia mentre un secondo ha scelto di non vaccinarsi. Per sopperire a queste assenze vengono in supporto altri anestesisti da Trento, dagli altri ospedali, oppure gettonisti. La piena funzionalità dell’ospedale e la sicurezza dei pazienti è garantita» ci spiega un operatore del S. Lorenzo.

Un supporto che andrà avanti almeno fino a fine dicembre, ovvero finché permarrà l’obbligo vaccinale per i sanitari. «Gli operatori sospesi in quanto non vaccinati non sono poi così tanti, meno di una decina in tutto, su professionalità diverse» prosegue. «Sono molti di più invece coloro che, per pensionamenti o maternità, non sono stati sostituiti. A ciò si aggiunge il personale, in particolare per quanto riguarda la dialisi, che è stato spostato in supporto ad altri ospedali. Ci trovavamo quindi già ridotti all’osso, giusti per coprire turnistiche e reperibilità, e ora ai non sostituiti si sono sommate le sospensioni; anche se sono poche le unità sospese, si sentono».

Per ovviare all’assenza di personale la scelta dell’Apss è stata quella di chiudere il reparto di chirurgia dal venerdì sera al lunedì mattina, a partire dal 10 settembre scorso. Ogni venerdì i degenti vengono trasferiti nel reparto di medicina e presso altri ospedali della rete, per poi farvi ritorno il lunedì. «Ciò comporta che dal mercoledì alcune tipologie di intervento vengono programmate ed eseguite in altri ospedali, così come le urgenze. Non solo Trento, abbiamo pazienti che sono stati trasferiti a Rovereto o Cavalese. Parlo anche di interventi semplici, come l’appendicectomia, che richiedono alcuni giorni di degenza» precisa il sanitario.

Un disagio che riguarda gli stessi sanitari, che devono cercare posti letto in medicina per il fine settimana od organizzare i trasferimenti; per i pazienti che si vedono spostati come pacchi (e, se trasferiti in altri presidi ospedalieri, ripresi in carico da altri medici) ed infine per i familiari, costretti a percorrere parecchi chilometri per far visita ai loro cari. «Mi auguro che il prossimo mese si riesca a tenere aperto fino alle 12 del sabato. Servono nuove assunzioni, per tornare il prima possibile ad avere una chirurgia aperta 7 giorni su 7 a servizio del nostro bacino d’utenza, che va da Grigno a Pergine» conclude l’operatore. Una situazione che preoccupa molto e che va presidiata. Dentro il S. Lorenzo infatti qualcuno teme che questa chirurgia a singhiozzo (non dimentichiamo che da diversi anni le urgenze/emergenze di notte vengono dirottate su Trento in quanto le sale operatorie a Borgo rimangono chiuse) possa diventare una soluzione permanente.

(nella foto, Fugatti, Segnana, Paccher in visita all’ospedale San Lorenzo, nel febbraio scorso)

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