Ferrovia / Il progetto

Besenello e dintorni, salterà la terra dei contadini per far passare i treni ad alta velocità: l'allarme

Anche in Vallagarina preoccupa la grande opera con le circonvallazioni ferroviarie: a rischio il futuro di trenta aziende agricole, dieci delle quali vivono si occupano esclusivamente di coltivazioni su terreni che saranno attraversati dai nuovi binari

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BESENELLO. Sarà pure una priorità europea ma la nuova viabilità delle merci, trasferita da gomma a rotaia, rischia di lasciare senza un euro nel borsellino almeno dieci agricoltori.

Attenzione, su trenta contadini che lavorano la campagna in Alta Vallagarina e che il corridoio ferroviario del Brennero ridurrà in povertà.

Si scusi la franchezza - che qualcuno, in epoca di globalizzazione chiama sviluppo - ma per consentire a circa 300 treni merci di portare roba dal Nord Europa a Malta a tutta velocità si azzoppano microaziende che da sempre vivono con la terra.

Dopo ampie discussioni avviate a Trento sui danni collaterali, lunedì sera a Besenello ci si è incontrati per capire l'interferenza che il megacantiere avrà con le attività rurali ma anche con la mobilità.

Tanto per chiarire, stiamo parlando di 30 aziende agricole di cui 10 che vivono solo di quanto butta la terra.

E che la spinta al futuro lascerà senza un euro in saccoccia. Troppo, per non chiedere uno stop di riflessione che Rfi, al momento, non sembra avere.

Non solo, neppure la Provincia leghista sembra troppo preoccupata dei trentini che si alzano col gallo e vanno a letto con le galline.

La conferma arriva proprio dall'incontro pubblico di lunedì, snobbato da piazza Dante.

La vicesindaco di Besenello Roberta Rosi ha messo un paletto davanti a tutto: «Dobbiamo assolutamente tutelare la sorgente di Acquaviva. Noi siamo piccoli ma abbiamo le idee chiare. E proviamo a salvarci. Alla serata i referenti di Rfi hanno cercato di fornire dei chiarimenti che per noi non sono sufficienti. Ripeto, la fonte di Acquaviva è da difendere in tutti i modi».

Ma davvero c'è il rischio di perdere la spina?

«Altroché! La galleria passa a 600 metri dalla falda e noi non siamo sicuri, si rischia di farla sparire».

Il colosso europeo del trasporto «intelligente», ovviamente, ragiona sui grandi numeri.

E i piccoli contadini locali sono completamente ignorati.

«Molti agricoltori perderanno il lavoro. Già sono stati sacrificati per il collegamento dell'acquedotto tra Acquaviva e Besenello e poi per la realizzazione del depuratore di Trento3. Di fatto sono riusciti a riattivare i campi solo tre anni fa ed ora rischiano di vederseli cancellare perché trasformati in deposito di materiale di risulta».

Al di là dello scavo, infatti, c'è da considerare lo scarto da riporto.

Che Rfi ha provato a piazzare in varie cave ma che, all'occorrenza, occuperà campagna, soprattutto vigneti di gente che con quell'uva ci mangia, non è certo un hobby.

«Purtroppo ci hanno coinvolto tardi e, soprattutto, la Provincia non ci ha mai contattato. Ora può essere tardi ma noi, come Comune di Besenello, abbiamo tentato di portare le nostre istanze, la prima di tutte è tutelare la fonte di Acquaviva».

La circonvallazione ferroviaria di Trento, insomma, tocca, e in maniera pesante, anche la Vallagarina.

Che ancora non sa, per esempio, come i quattro binari dei treni merci l'attraverseranno.

«Lo abbiamo chiesto ma Romeo, di Rfi, ci ha detto solo che hanno due ipotesi ma saranno rese note solo a ottobre 2022».

Perché, è chiaro, se si bypassa Trento con quattro binari «veloci» si dovrà anche superare la Vallagarina.

E l'ipotesi di galleria sotto lo Zugna è stata già cassata. Rimane quindi la superficie, campagna che rischia di sparire appunto.

Tornando a Besenello, torna in auge l'area Cemea che diventerà la cittadella degli operai, un nuovo villaggio «virtuale» come quello attivo da un po' a Fortezza.

In Alta Vallagarina, il megacantiere occuperà 14mila metri quadrati ma le Ferrovie dello Stato assicurano che si tratta solo di terreni di riserva.

Nel progetto, infatti, si prevede di spostare il materiale di scavo nelle cave disposte ad accoglierlo, su tutte la Chizzola Armando di Pilcante che è pronta ad ospitare tre milioni di metri cubi anche se, assicura Rfi, si dovrebbe buttarne solo due.

Camion, comunque, che impegneranno per almeno tre anni l'autostrada del Brennero alla faccia dell'ecologia tanto sbandierata dall'Europa.

I problemi concreti, però, sono stati buttati sul piatto dei relatori che, ahinoi, non li avevano considerati. Su tutto la militarizzazione dell'area. Perché i No Tav ci sono e sono agguerriti. Chi pagherà l'esercito costretto ad intervenire per presidiare il cantiere? Ad oggi non si sa visto che la questione non è stata proprio presa in considerazione ma è un problema reale. L'inizio lavori, comunque, è fissato per il 2023.

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