Investito in moto da un'auto indennizzo decurtato perché era ubriaco alla guida

Ad andargli contro invadendo, pur parzialmente, la sua carreggiata, è stata l’altra macchina. Ma lui era ubriaco e guidava una moto sottoposta a fermo amministrativo, senza assicurazione. Ecco perché il giudice ha ritenuto di concedergli sì un risarcimento (cospicuo, per altro, si parla di circa 50 mila euro) ma equivalente al 50% del danno. Per via, ovviamente, di quell’etilometro. Ecco perché i legali del centauro - gli avvocati Valerio Sciacca e Matteo Pallanch - già annunciano ricorso in appello. Ma tant’è, la vicenda è destinata a far discutere per molti motivi.
I fatti risalgono al 21 luglio 2015. Protagonisti, come detto, in due. Da una parte M.G., che di notte, con un tasso alcolemico molto alto (2,3 g/l), si è messo in strada: era in sella alla sua Harley Davidson, stava viaggiando sulle strade di Brentonico. Ad un certo punto, mentre scendeva dall’altopiano, l’incidente: su una curva, si è schiantato contro la Fiat 500 guidata da un ragazzo del posto, M.B. Un incidente piuttosto violento: nell’impatto ad avere la peggio è stato il motociclista, che è stato sbalzato dalla sella della moto, è finito sul parabrezza dell’auto e, da lì, è finito sull’asfalto. E si è fatto male: trauma cranico commotivo, polso, tibia e costole fratturate. Secondo il perito, si parla di un danno biologico permanente del 28%, passando da un importante danno temporaneo. Il centauro riteneva di non avere responsabilità e di conseguenza chiedeva che qualcuno pagasse quei danni. Si aspettava lo facesse l’assicurazione della Fiat 500, ma non ha trovato grande soddisfazione. D’altronde quando c’è un incidente stradale è dirimente capire di chi è la responsabilità. E quasi mai chiarire questo dettaglio è cosa facile o veloce, soprattutto quando ci sono in mezzo feriti. Perché ricostruire un indicente stradale è complicato. Da qui la causa civile che, con gli avvocati Matteo Pallanch e Valerio Sciacca, ha deciso di promuovere, davanti al giudice Riccardo Dies.
La causa è partita dai dati tecnici E in particolare dalla perizia del consulente tecnico d’ufficio, che ha ritenuto l’auto la responsabile dello schianto. Perché due sono i dati certi: la moto era nella propria corsia, benché non tutta a destra. E la macchina ha invaso la corsia opposta. Il perito lo spiega chiaramente. Secondo lui la vettura ha affrontato «la curva destrorsa lungo una traiettoria che lo vedeva procedere quantomeno parzialmente oltre l’ipotetica mezzaria» e ancora: «Se l’autovettura si fosse mantenuta all’interno della propria corsia di pertinenza, l’urto non si sarebbe verificato».
Basta questo per avere il risarcimento? No. Perché il motociclista era nella sua corsia, ma vicino alla mezzeria. E, soprattutto, perché era ubriaco: «L’attore presentava un tasso alcolemico di 22,3 g/l, ben al di sopra del limite: sebbene tale circostanza non possa considerarsi causa diretta del sinistro, vista la ricostruzione dei fatti indicata dal Ctu (...) ha tuttavia compromesso, almeno in parte, le capacità dell’attore e può, in particolare, spiegare il motivo della sua non corretta posizione sulla sede stradale, collocandosi al centro della carreggiata e sul margine sinistro della propria corsia».
Questo il motivo per cui, a parere del giudice, c’è stato un concorso di colpa. Dei 106.644 euro di danno quantificato al motociclista, l’automobilista (o la sua assicurazione) deve pagarne la metà: 53.322 euro. Dal canto suo, il centauro dovrà far fronte alla metà dei danni della vettura, cioè 5.250 euro. A pagare sarà lui o l’Unipolsai, chiamata alla liquidazione dei danni di competenza del fondo di garanzia Vittime della strada, posto che la moto non era assicurata.

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