Assistenza / Il medico

Alberta Benini, quarant’anni di impegno e premura per i suoi pazienti di Gardolo

Giovedì 20 aprile per la dottoressa è stato l’ultimo giorno di lavoro tra fiori, saluti e abbracci. Ora l’aspetta la meritata pensione: «Del volontariato e magari qualche viaggio. La mia vita lavorativa è stata piena di soddisfazioni date dai rapporti umani e il mio grazie va ai pazienti»

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di Giacomo Poletti

GARDOLO. Da mercoledì 19 aprile la dottoressa Alberta Benini è in pensione. Un cambio di vita accettato con il consueto, grande sorriso che l'ha sempre contraddistinta in quarant'anni di lavoro a Gardolo, dove, fino all'ultimo (ne siamo testimoni) non ha lesinato l'impegno verso i propri pazienti. Il tutto in perfetta forma e con uno spirito giovanile invidiabile.

Ma prima di parlare della dottoressa diamo un'informazione di servizio: se una larga parte dei pazienti della Benini (quasi 1200 su 1600) si è "ricollocata" nei mesi scorsi verso altri dottori - soprattutto verso la dottoressa Paola Corazza in via Perini - per chi ad oggi è rimasto senza medico di base ci sono comunque notizie confortanti: il bando della Apss per l'assunzione di nuovi medici si è chiuso positivamente. Servirà attendere qualche settimana per le designazioni, ma è quasi certo arrivi un sostituto a breve al quale potranno legarsi gli (ormai ex) pazienti di Alberta Benini. Che siamo andati a trovare proprio allo scadere dell'ultimo giorno di lavoro nell'ambulatorio di via Monte Calisio 12, circondata dai fiori e dai regali dei suoi pazienti storici ("oggi mi hanno commosso tutti, persino gli informatori sono arrivati a sorpresa con un regalo").

In queste stanze la dottoressa ci ha passato una vita dai primi anni '80. Una carriera da medico lunga e ricca di soddisfazioni. «Mi laureai a Padova - ci racconta - e nel 1981, dopo delle esperienze da guardia medica, accettai l'incarico a Daone. Per me, che ero cresciuta in città fra Trento e Padova, non fu una mèta facile. Ma una volta lì capii che quella era la mia strada anche grazie all'aiuto del dottor Piffer, un medico d'altri tempi che aveva un'esperienza maturata sui grandi cantieri idroelettrici della val di Fumo».

Ma l'offerta di un posto a Trento arrivò presto: «Nell'agosto 1983, dopo due anni e mezzo a Daone, mi traferii qui a Gardolo e da allora non l'ho più lasciata». Sotto l'ala della dottoressa Benini sono passate intere generazioni. Ma com'è cambiata la medicina in quarant'anni? «Il lavoro si è trasformato. Oggi si lavora più che in passato e c'è molta più burocrazia. Da un lato l'invecchiamento dei pazienti che ho seguito ha portato a una crescita dei carichi, ma un altro aspetto importante è quello legato alle tecnologie diagnostiche, oggi assai più raffinate che in passato, e alle visite specialistiche aumentate di numero proprio grazie ai migliori esami. Negli ultimi anni si è poi avuto un allungamento dei tempi di attesa per esami e visite».

E i pazienti, sono cambiati? «Direi di sì, le persone hanno più cultura sanitaria del passato, sono più informate e internet, se ben usato, talvolta può aiutarle nel capire come comportarsi al meglio. Devo dire che sono pochi i casi in cui i pazienti si presentano convinti di sapere già la propria diagnosi grazie al "dottor Google"; c'è ancora fiducia nel nostro ruolo». Impossibile tirar furi un aneddoto alla dottoressa: «La mia vita lavorativa è stata piena di soddisfazioni date dai rapporti umani e il mio grazie va ai pazienti».

Un aspetto sul quale la dottoressa Benini si è sempre distinta, oltre all'empatia, è quello della voglia di imparare: «Fin dal 1983 decisi di stare in ambulatorio con altri colleghi, per avere un confronto e una crescita professionale (in passato con i dottori Bortolotti e Ferruzzi, oggi con i giovani Oddo e Nicastro, ndr)». La dottoressa ha svolto per una vita il ruolo di tutor per la scuola di medicina, accogliendo nel suo studio stuoli di studenti molti dei quali oggi a loro volta diventati medici. E adesso, in pensione, cosa farà? «Sono curiosa di vedere cosa mi riserverà la vita. Sicuramente farò del volontariato in ambito sanitario e non farò la "gettonista" o la libera professionista. Mi godrò la vita facendo, se possibile, pure qualche viaggio».

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