Trento / Il caso

«Il centro Bruno è un antidoto alla disgregazione sociale e va salvato»

Un gruppo di intellettuali e politici lanciano un appello rivolto al presidente Fugatti, al sindaco Ianeselli e a Patrimonio del Trentino per trovare una soluzione definitiva nello spazio di Piedicastello (che ospita varie attività culturali ma anche persone senzatetto) ora minacciato addirittura di sgombero

LA REPLICA "La richiesta di sgombero è solo propaganda, noi restiamo"
POLEMICA La Lega preme per lo sgombero del centro sociale Bruno

IL FATTO Il Bruno «sfrattato» dalla Provincia, la replica: qui dieci anni di lavoro
LA STORIA Nel 2006 la nascita del centro nella prima sede di via Dogana

 

TRENTO. Appello al presidente Maurizio Fugatti, al sindaco Franco Ianeselli e a Patrimonio del Trentino per trovare una soluzione definitiva per il Centro sociale Bruno. A promuoverlo alcuni noti intellettuali come lo storico quinto Antonelli, lo scrittore Francesco Filippi, la ex direttrice del Museo diocesano Domenica Primerano, gli ex assessori roveretani Fabrizio Rasera e Walter Nicoletti, Maria Vittoria Barrella, Alberto Tomasi, Camillo Zadra e Michele Toccoli.

«Ci chiediamo se non ci sia un modo più costruttivo, più civile, più maturo, per ricomporre il conflitto. Un confronto potrebbe portare ad una permuta gratuita di proprietà (come avvenuto con altri stabili della città) o a qualche altro accordo che permetta la sopravvivenza di un Centro, indispensabile antidoto alla disgregazione sociale così preoccupante anche in Trentino», si legge nella lettera che sta già iniziando a raggiungere molte persone e ad aggiungere parecchie firme.Gli amici del Bruno hanno ricostruito le ultime tappe della vicenda: «In seguito al dibattito avvenuto in Consiglio Provinciale alla fine del mese scorso ci siamo domandati se dobbiamo davvero aspettarci lo sgombero forzato dello stabile? Vedremo le forze dell'ordine abbattere porte e finestre per scacciare coloro che si insiste a chiamare abusivi? E tutto ciò in una città civile come Trento?

Quattro anni fa, nel 2019, quando per la prima volta venne intimato lo sfratto scrivevamo con apprensione che ciò avrebbe provocato la chiusura di uno dei pochi luoghi di aggregazione giovanile esistenti in provincia. Il Centro sociale è diventato in questi anni un luogo di cultura e socialità, con la presentazione di libri (non solo di politica, ma anche di economia, storia, letteratura), spettacoli teatrali, dibattiti, approfondimenti teorici (nell'assenza di "scuole di partito"). Gli spazi sono stati utilizzati per l'integrazione dei rifugiati con i corsi di italiano, per l'accoglienza di persone senza tetto, per ospitare altre associazioni come i gruppi d'acquisto solidale e popolare».

Va inoltre ricordato che l'edificio che oggi ospita il Bruno era stato fino al 2013 uno spazio abbandonato e cadente: dato in comodato d'uso all'associazione Commons, è stato recuperato con il lavoro volontario dei soci. Da questo punto di vista era ed è dunque un esempio virtuoso di come si possa rigenerare il patrimonio urbano inutilizzato e a rischio di degrado. Nel 2019 lo sfratto era legato ad un piano di riqualificazione dell'intera zona rimasto sospeso. Per sottoscrivere la lettera si può inviare una email a conilcentrosocialebruno@gmail.com.

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