Trento / Il caso

Circonvallazione ferroviaria, parlano quelli a cui abbatteranno le case: «Lo abbiamo saputo dalle foto sull’Adige»

La rabbia di professionisti e imprenditori di via Brennero: agenzie, officine e attività hanno sei mesi di tempo per andarsene, «ma non veniteci a dire che ormai non c’è nulla da fare»

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di Franco Gottardi

TRENTO. «Ma è mai possibile che nel 2021 per fare un tunnel bisogna ancora pensare ad abbattere opifici o case?»

Non sono tanti ma sono combattivi e decisi a vendere cara la pelle i cittadini che vivono e lavorano nella zona, all'inizio di via Brennero, dove il treno ad alta capacità imporrà i maggiori sacrifici. Quelli che ci vivono, che saranno costretti a cambiare casa ma verranno comunque ampiamente indennizzati, e soprattutto quelli che ci lavorano, che dovranno in un certo senso ricominciare daccapo, sradicati da un ufficio o un capannone che avevano conquistato con mutui decennali o dove hanno avviato attività da una vita.

Come Giuseppe Tomasi, titolare di una concessionaria di motociclette che da 40 anni sta lì, sotto uno dei capannoni in odore di demolizione. «Noi qui siamo in affitto, - spiega - ma dove troviamo un'alternativa di 350 metri quadri che possa andare bene? Non sono preoccupato per me ma per i miei figli e per le loro famiglie. E da quando ho questo pensiero inizio a far fatica a dormire la notte».

Il tunnel ferroviario che nel giro di pochi anni dovrebbe togliere i treni merci dalla città per portarli sotto la montagna, dall'Acquaviva fino a Trento Nord, è un'opera destinata a cambiare la città. Una svolta epocale, forse la più grande dopo la deviazione del fiume nella seconda metà dell' '800. Un intervento di fronte al quale qualche edificio potrebbe sembrare un sacrificio minimo, quasi insignificante. Ma quello che fa arrabbiare i diretti interessati è la netta impressione che sarebbe comunque un sacrificio evitabile, che Provincia e Comune sembrano rassegnati ad accettare solo sotto il ricatto della fretta e dei soldi, dei famosi 900 e rotti milioni messi sul piatto dal Pnrr e dall'Europa.

«Io non sono contraria al progetto, ma non accetto che venga calato dall'alto. E chiedo che chi ci amministra dia autorevolezza ai cittadini». Si infervora Michela Bonafini. E si arrabbia di fronte a quello che sta vivendo come un sopruso. Titolare di uno studio di consulenza aperto sopra la ex filiale della Cassa di Trento, promette di fare resistenza ad oltranza: «Fino alla fine, perché abbiamo investito e abbiamo delle idee. E perché non è possibile che una torna dalle ferie, all'oscuro di tutto, e senza preavviso le viene detto che entro sei mesi deve sbaraccare!».

Bonafini ha lanciato da un paio di giorni, assieme a Piero Paganini, dirigente di un'azienda a piano terra di un edificio lì vicino (uno di quelli sospesi nel limbo dell'incertezza), una petizione su change.org rivolta al sindaco Ianeselli e al governatore Fugatti. Premettendo di riconoscere il valore dell'opera per la città chiedono però trasparenza e democrazia, chiedono cioè di poter conoscere nei dettagli il progetto, di poterlo discutere approfonditamente e che sia presa in considerazione la possibilità di modificarlo.

«Io non sono un tecnico - dice Bonafini - ma so che a Torino sono scesi a 20-25 metri sottoterra senza sacrificare nulla. Voglio che non si faccia propaganda dicendo alla gente che non c'è più nulla da fare. Perché se Rfi fa il suo lavoro noi non dobbiamo essere supini. Bisogna andare dal commissario straordinario Paola Firmi e battere i pugni sul tavolo!»

Quello che ha lasciato di sasso i diretti interessati è la fretta con cui si vorrebbe far digerire il progetto. Marcello Condini, commercialista, ha capito che l'edificio dove ha lo studio era tra quelli da eliminare vedendo la foto sull'Adige. «Ho chiamato in Comune e l'assessore Facchin mi ha confermato. Lui è stato molto gentile ma la scelta la trovo demenziale. Si decide di passare a due passi dal centro, a cento metri dalla Torre d'Augusto, con un'opera che segnerà questa parte di città per almeno due secoli. E di passare tra altre case con un treno merci ogni 5 minuti. Non posso credere che non ci sia alternativa».

Anche l'Automobil Club Trento vedrà cancellata dai treni ad alta capacità la propria presenza in zona, presenza storica con la sede e nuova di zecca col nuovo edificio inaugurato pochi mesi fa sull'altro lato di via Brennero, che contiene Trentino Mobilità, la Sara assicurazioni, l'autoscuola e gli archivi. Il presidente, Fiorenzo Dalmeri, è comunque conciliante: «Credo che il progetto sia un'occasione straordinaria per la città. Noi ci sposteremo, certo non ad ogni costo, siamo pronti a trattare e a valutare le alternative».

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