Trento, enigma nuovo ospedale Si discute ancora del progetto

di Franco Gottardi

«Dopo le elezioni comunali ci siederemo al tavolo con la nuova amministrazione di Trento per discutere come utilizzare gli ampi spazi espropriati per la nuova caserma di Mattarello che non si farà più. In quell'ambito eventualmente discuteremo anche delle aree riservate al nuovo ospedale». Così diceva il governatore Rossi meno di un mese fa. Qualcuno ha interpretato queste parole come un'apertura all'eventualità di uno spostamento del Not, anche se lo stesso presidente della Provincia ha chiarito che l'ipotesi non è all'ordine del giorno.

È comunque, quello dell'ospedale, un tema che la futura giunta comunale dovrà affrontare, perché è vero che si tratta di una competenza provinciale ma è chiaro che un progetto del genere va a modificare gli assetti urbanistici della città ed ha un impatto di grande rilievo e dunque anche palazzo Geremia deve poter avere voce in capitolo.

La storia del progetto Not è lunga e piena di colpi di scena. Tutto parte nel 1999, con la giunta provinciale guidata da Carlo Andreotti. Assessore alla sanità è Paola Vicini Conci che affida a un gruppo di esperti il compito di studiare la realizzazione di un nuovo ospedale, di cui già si parlava da qualche anno.

Il Santa Chiara infatti, inaugurato nel 1970, già allora appariva inadeguato alle nuove esigenze e urbanisticamente troppo interno alla città. Il lavoro dei tecnici viene ereditato dalla nuova giunta, che a parte la trasformazione dell'acronimo da Nort, Nuovo ospedale regionale Trento, a Not, non compie grossi passi in avanti. Nel 2006 viene presentato uno studio preliminare di struttura per acuti e si individua l'area. Grazie all'accordo con il Ministero della difesa per l'accorpamento delle caserme a Mattarello i terreni di via Desert, dove sorgevano altri due insediamenti militari, le Bresciani e le Filzi, vengono riservati al nuovo ospedale.

Gli ultimi dieci anni sono serviti per mettere a punto un progetto di realizzazione in project financing, predisporre le aree, abbattendo le vecchie caserme e bonificando il sottosuolo, predisporre il bando di gara, ma come noto l'affidamento della concessione a costruire e gestire i servizi per 25 anni all'associazione temporanea di imprese guidata da Impregilo è stato annullato da Tar e Consiglio di Stato.

Il rinvio ha dato modo alla Provincia, con la giunta guidata da Ugo Rossi, che aveva seguito la partita Not già nei cinque anni precedenti come assessore alla salute, di prendersi una pausa di riflessione e verificare se il progetto, che ormai ha qualche annetto, è ancora valido o deve essere rivisto, alla luce delle nuove esigenze sanitarie ma anche del quadro economico finanziario cambiato e dei bassi tassi di interesse che mettono in forse la convenienza di procedere col project financing.

L'ipotesi emergente prevede di rifare tutto daccapo; supponendo un costo di realizzazione di 300 milioni di euro la Provincia ne metterebbe la metà mentre l'altra metà sarebbe pagata con un prestito concesso dalla Bei e solo qualche servizio verrebbe affidato per la realizzazione e gestione ai privati.

Nell'ambito di questi ragionamenti si è riaperto anche il dibattito sulla collocazione dell'ospedale. Rossi ripete che uno spostamento non è all'ordine del giorno e ricorda come la protonterapia sia già realizzata e funzionante in via Desert. Ma dopo le elezioni le cose potrebbero anche cambiare.

Le posizioni dei candidati sindaco: quattro dicono no, solo Andreatta favorevole

Il sindaco uscente e candidato per il centrosinistra autonomista l'ha sempre detto: «Il Not va bene lì dove è stato progettato».

Se Alessandro Andreatta domenica sera uscirà vincitore dalle urne, si batterà affinché il nuovo ospedale non cambi collocazione. Ricordando di averne seguito la progettazione fin dai tempi dell'accordo quadro, prima individuando assieme alla provincia nove aree possibili e poi condividendo la scelta di via Desert. «È in città e ci si può arrivare anche a piedi o in bicicletta, ma nello stesso tempo è vicina alle vie di comunicazione, come deve essere un ospedale di riferimento provinciale» conferma ora come allora.

Durante tutto il suo mandato Andreatta ha seguito da spettatore interessato la predisposizione di progetto, appalti, bonifica delle aree e non trova ragioni plausibili per pensare oggi a uno spostamento. Sa però che per vedere realizzata l'opera ci vorranno diversi anni e dunque non si pone al momento il problema di pianificare la zona al momento occupata dal Santa Chiara: «Nel giro di 7-9 anni cambiano esigenze e problemi, e dunque decidere oggi cosa fare di quegli edifici e quei terreni è prematuro. C'è tutto il tempo per condividere la scelta facendo partecipare i cittadini».

Il sindaco uscente è l'unico tra i cinque candidati alla poltrona di palazzo Geremia a sostenere il progetto. Gli altri non vedono la necessità di una struttura nuova e costosissima.

E se proprio dovrà essere fatta, la collocherebbero altrove. Claudio Cia , candidato del centrodestra, definisce «schizofrenico» l'atteggiamento della Provincia riguardo al Not. «Non capisco che senso abbia - dice - fare un ospedale nuovo con molti meno posti letto del Santa Chiara proprio nel momento in cui si spogliano sempre più di competenze e professionalità gli ospedali di periferia. Una strategia che non riesco a cogliere».

Se nuovo ospedale deve essere, Cia lo sistemerebbe a metà strada tra Trento e Rovereto, ben collegato ai centri urbani con un metrò: «In quel caso varrebbe la pena affrontare un costo del genere, altrimenti così si fanno solo gli interessi di qualche costruttore ma non della comunità, perché nascerebbe in un posto già piccolo e sacrificato».

Drastico il giudizio di Paolo Primon (Popoli Liberi Trentino Südtirol), che prende atto che non ci sono soldi sufficienti e quindi si limiterebbe a ristrutturare dove serve il Santa Chiara: «Facciamo funzionare bene quello che abbiamo e lasciamo stare le spese assurde, come quella fatta da Dellai per comprare due mega elicotteri di soccorso che anche a Londra hanno venduto perché troppo cari da mantenere. Se proprio ci sono soldi a disposizione per grandi progetti, si faccia subito la bonifica dell'ex Sloi».

Anche Paolo Negroni (Movimento 5 Stelle) boccia senza appello le scelte fatte fino ad ora e considera il Not il «simbolo della mala gestione». Primo, per la gara d'appalto gestita male e alla fine annullata. «Per fortuna - commenta - perché altrimenti la scelta del project financing sarebbe stata pagata a carissimo prezzo dai trentini». Negroni critica anche la scelta del luogo, i tentennamenti, ma soprattutto la decisione di fare una struttura che a suo giudizio non è strettamente necessaria. «Mi chiedo chi ha deciso che serviva un nuovo ospedale quando si sono spesi così tanti soldi per sistemare e ampliare il Santa Chiara. Mi sembra che si buttino via risorse. Meglio sarebbe fare, semmai, un nuovo parcheggio dietro all'ospedale attuale. E se proprio si decide per il nuovo, lo si faccia a metà strada tra Trento e Rovereto, ma non prima di chiedere l'opinione preventiva dei cittadini attraverso un referendum».

Anche la candidata della lista «L'altra Trento a sinistra», Antonia Romano , è decisamente critica. Considera l'opera una spesa eccessiva e ingiustificata, da evitare.

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