Alla Caritas bussano sempre più italiani

Lunedì prossimo, 18 marzo, la Fondazione comunità solidale, la Caritas, il Comune e vari altri protagonisti della rete solidale chiameranno i cittadini ad un appuntamento concreto di aiuto per chi sta peggio, «Copriamo piazza Fiera». Dalle 13 alle 18, si svolgerà in piazza una raccolta di coperte per le persone che non hanno casa. «Una giornata per vivere e conoscere dati, testimonianze, scambi, materiale informativo, vita in strada, solidarietà», sottolineano gli organizzatori, ricordando che, oltre alle coperte, ci si propone di raccogliere la disponibilità al coinvolgimento, a non dimenticarsi di chi fatica più degli altri, è solo, ha bisogno di aiuto

Lunedì prossimo, 18 marzo, la Fondazione comunità solidale, la Caritas, il Comune e vari altri protagonisti della rete solidale chiameranno i cittadini ad un appuntamento concreto di aiuto per chi sta peggio, «Copriamo piazza Fiera».
Dalle 13 alle 18, si svolgerà in piazza una raccolta di coperte per le persone che non hanno casa. «Una giornata per vivere e conoscere dati, testimonianze, scambi, materiale informativo, vita in strada, solidarietà», sottolineano gli organizzatori, ricordando che, oltre alle coperte, ci si propone di raccogliere la disponibilità al coinvolgimento, a non dimenticarsi di chi fatica più degli altri, è solo, ha bisogno di aiuto.
Che i bisognosi di solidarietà concreta siano sempre di più, anche nel Trentino, lo dice l'aumento di richieste ai Centri di ascolto e solidarietà collegati alla Caritas (sono 9 in tutta la provinxia) e lo conferma il direttore  Roberto Calzà , all'indomani del convegno sui «Segni di prossimità e fiducia».
 Che situazione vede dal suo osservatorio?
 «C'è un aumento degli italiani nei centri di ascolto, come dimostrano gli oltre 2mila contatti con persone che hanno bisogno. C'è una richiesta materiale, ma non solo, e questo ci preoccupa: vengono persone che faticano nel quotidiano, o che non riescono a gestire le risorse. C'è una difficoltà relazionale, soprattutto di persone sole. Spesso sono fuori dal circuito del lavoro o non hanno amici o parenti».
 In che misura per gli italiani?
 «Gli italiani sono il 35%, in aumento rispetto al passato e con varie tipologie: spesso oltre i 40 anni, soli o separati, persone indebitate o con disagio psichico».
 La solidarietà paesana regge meglio di quella cittadina?
 «Quella paesana rimane, ma anche nei paesi, per il cambio demografico e urbano, oggi ci sono persone in difficoltà che non possono contare su risorse parentali o di amici».
 Uno degli strumenti messi in atto da voi è il credito solidale. Che risultati dà?
 «Esiste da tre anni ed è stabile. È un ottimo strumento per molte esigenze immediate, dal 2009 le domande accolte sono state 190 per 316mila euro, e ci ha fatto incontrare un mucchio di gente che non si sarebbe mai rivolta ad un centro di ascolto. Il prestito va dai 500 ai 3.000 euro, quello medio è di 1.500 euro. La restituzione è in piccole rate sostenibili al tasso del 2,5% fino a 36 mesi».
 Chi lo chiede?
 «Per la stragrande maggioranza serve a far fronte a spese di casa: l'affitto, le spese condominiali, la caldaia... Viene richiesto al 50% da italiani e stranieri, persone con reddito basso o che hanno spese improvvise. Famiglie, più che singoli».
 Non tutte le domande vengono accolte.
 «Chiediamo la documentazione, una minima entrata, la residenza sul territorio e una capacità minima di restituzione. Oggi c'è consapevolezza della necessità dei requisiti».
 Affiancate queste persone?
 «Cerchiamo di instaurare un dialogo, una relazione: ci sono persone attente e capaci, altre con situazioni più complesse che vanno accompagnate. Se ci sono problemi si telefona, si fa un altro colloquio, si monitora affinché non siano lasciati soli. In qualche caso, per chi non ha un lavoro, si cerca di capire le opportunità che ci sono, di rifare la rata, si interviene anche col fondo di garanzia».
 Cinque casse rurali vi appoggiano.
 Aldeno e Cadine, Trento, Rovereto, Pergine, Mezzocorona: si sono appassionate al progetto, hanno accettato di raddoppiare il potenziale del prestito e mettono a disposizione un responsabile. È importante, inoltre hanno contribuito anche i Comuni».
 Che situazione vede oggi?
 «Che non sia semplice è sotto gli occhi di tutti: ci sono spazi di manovra, di relazione e di solidarietà che non avevamo presenti. La vicinanza condominiale e l'aiuto al povero, poi, sono cose che restano».
 Quanto è vasta la vostra rete?
 «Alcune centinaia di persone lavorano con noi come volontari, operiamo su vari territori e la presenza c'è. Segnali vengono anche dall'interno della Chiesa e messi uno vicino all'altro ci consentono di resistere».
 La raccolta di coperte in piazza Fiera?
 «È un'idea della Fondazione comunità solidale per un bisogno concreto, ma con la quale si vuole coinvolgere la popolazione affinché non ci si dimentichi che c'è chi sta peggio di noi».
 Quale messaggio si sente di lanciare dopo il convegno di sabato, che è stato molto partecipato?
 «Che le opportunità ci sono per chi ha voglia di fare un pezzo di strada con gli altri: è sufficiente dare un pochino di tempo. Poi, che la cosa forse più faticosa è la rete con gli altri. Ci sono tante realtà, tante associazioni e un po' più di coordinamento, che in alcuni posti già c'è, aiuterebbe a migliorare. Cerchiamo di essere fedeli all'idea di Papa Paolo VI, come strumento consono ai tempi, come diceva egli stesso. Non c'è un giorno uguale agli altri».  F. T.

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