Stalking / Tribunale

Lo stalker è libero, torna la paura nella vita di una coppia di giovani trentini

Due trentenni hanno subìto messaggi ingiuriosi e minacciosi da 450 numeri di telefono anonimi e diversi, diffamazione, inseguimenti e revenge porn. Dopo la denuncia, l’ex di lei era finito ai domiciliari. Ma ora, condannato a due anni, è libero: pena sospesa, ha solo l’obbligo di riabilitazione

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di Mara Deimichei

ROVERETO. Cinque capi d'imputazione per reati che vanno dal revenge porn allo stalking passando per la diffamazione. Mesi d'inferno per una coppia vittima di centinaia di messaggi, di sotterfugi informatici finalizzati a tormentarli e anche di inseguimenti in strada di notte che sono diventati una querela e quindi un procedimento giudiziario che si è concluso con il patteggiamento a due anni, pena sospesa. E ora la paura per i due che l'incubo vissuto mesi fa, possa tornare. Si perché l'altro, l'imputato che ha patteggiato, per mesi è stato agli arresti domiciliari dando la possibilità alla coppia di ritrovare un minimo di serenità. Ma ora è libero ed è tornata l'ansia.

Ma andiamo con ordine per raccontare una storia complicata, fatta di tanti, tantissimi episodi che hanno portato i due trentenni ad avere paura, tanta paura. L'inizio è comune a tante storie. Due amici che diventano una coppia. Lei aveva avuto una precedente relazione con un coetaneo, relazione che era già finita quando ha iniziato a frequentare quello che anche ora è il suo compagno. È quest'ultimo a subire per primo gli attacchi. Che prendevano la forma di messaggi telefonici da numeri sconosciuti, anche esteri, pieni di ingiurie e minacce. E poi telefonate per servizi di cui non aveva mai fatto richiesta e ancora diverse chiamate dal numero della sua ragazza, senza che fosse lei a chiamarlo.

All'inizio non aveva dato importanza a quello che stava succedendo limitandosi a bloccare i numeri sconosciuti. Ma i messaggi minacciosi continuavano ad arrivare sempre da numeri diversi. Ma sempre con riferimenti espliciti alla sua compagna e alla loro relazione. E quindi era facile ipotizzare chi fosse il mittente, anche perché l'ex di lei ha alte capacità informatiche. Se all'inizio la difesa del roveretano era semplicemente quella di bloccare i numeri e cancellare i messaggi, dopo diversi mesi ha iniziato a fare dei screenshot di quanto riceveva anche perché i toni diventano sempre più violenti. E gli attacchi informatici prendevano anche le forme di intrusioni in Google, in Telegram e così via.

Alla fine il conto dei recapiti telefonici utilizzati per perseguitarlo e minacciarlo, ammontava a 450. C'erano state anche telefonate mute sul telefono fisso in orari notturni, un fatto questo, che aveva messo in agitazione anche chi viveva con la vittima di questo attacco che prendeva diverse forme. Nel frattempo anche la compagna era bersaglio di messaggi e di telefonate mute. Anche in questo caso con aggressioni verbali e minacce («Lo brucio nella macchina») pesantissime. Il ragazzo sarebbe stato anche diffamato su un gruppo whatsapp nel quale venivano forniti gli estremi della targa della sua macchina e lui veniva indicato come un possibile ladro con diversi precedenti alle spalle.

Ma non è finita perché sono stati documentati (tramite video) anche degli inseguimenti notturni con sorpassi azzardati e frenate improvvise: comportamenti tali da far pensare che ci fosse l'intenzione di creare l'incidente stradale. Un'escalation di episodi che ha toccato anche l'intimità della ragazza. Sarebbero state diffuse delle sue immagini senza veli catturate anni prima (quando aveva una relazione con l'imputato che ha patteggiato) senza che lei ne fosse a conoscenza. Immagini assolutamente private che sono state divulgate. Ed è qui che si configura il reato di revenge porn.

La querela presentata dal roveretano (che si è appoggiato all'avvocato Valentina Leonardi), cui è seguita anche quella della ragazza (avvocato Tommaso Fronza), ha portato ad una serie di provvedimenti richiesti dalla procura, dal sequestro di cellulare e pc dell'ex, a quello della sua macchina (ma avrebbe utilizzato quella di un conoscente), fino al divieto di avvicinamento alla donna. Misura che aveva violato e quindi per lui erano scattati i domiciliari. E ai domiciliari è rimasto fino a qualche giorno fa quando è stato "ratificato" dal giudice di Rovereto l'accordo sul patteggiamento raggiunto dalla procura e dal difensore dell'uomo, Giovanni Rambaldi.

Quindi pena a due anni, ma sospesa, con lui che torna uomo libero, senza alcune restrizioni ma con l'obbligo di seguire un percorso psico-riabilitativo. E la coppia è ripiombata nell'angoscia. Il timore è che l'inferno che hanno vissuto possa tornare. 

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