Giovani / Passioni

Maria Gonzato, cuore e ricerca per l’Archivio storico della città di Arco

Ha 28 anni e viene da Negrar, ma già conosce meglio di altri le storie degli arcensi a Palazzo Giuliani: «Si tratta di un mestiere pieno di sfaccettature e, soprattutto, molto utile, ma poco valorizzato rispetto ad altre realtà culturali come biblioteche e musei. Così ho creato una pagina Instagram»

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di Martina Avancini

ARCO. Si trova nella piazza principale del comune di Arco, esattamente di fronte alla Chiesa Collegiata, eppure in pochi lo conoscono o vi hanno mai fatto caso: all'interno di Palazzo Marcabruni, o Palazzo Giuliani, ha sede l'Archivio Storico di Arco, un luogo accessibile a tutti i cittadini per le più svariate ragioni, tutte però riconducibili alla curiosità, o alla necessità, di compiere un piccolo viaggio nel tempo per venire a conoscenza di informazioni preziose legate al passato del nostro territorio e dei suoi abitanti.

Da alcuni mesi si respira un'aria nuova, in archivio, questo perché ha da poco preso servizio una nuova archivista, giovane, appassionata e decisa a svecchiare questo mestiere poco conosciuto ai più attraverso la comunicazione, la divulgazione e l'organizzazione di momenti di apertura al pubblico, come è stato fatto a inizio giugno con l'allestimento della mostra «Arco: meta di viaggio tra Kurort, periodo del turismo sanitario e sport-turismo» e la partecipazione alla «Notte degli Archivi». Lei si chiama Maria Gonzato, classe 1994, ora arcense d'adozione ma originaria di Negrar. Lasciamo a lei il compito di spiegare in modo semplice e diretto cos'è l'archivistica e che cosa la appassiona di questo mondo (e soprattutto, perché dovrebbe interessare tutti).

Innanzitutto, raccontaci un po' del tuo percorso di studi e di quello che ti ha portato a scegliere proprio l'archivistica come disciplina di cui occuparti a tempo pieno.

«Ho cominciato studiando Lettere classiche all'università di Trento per poi passare, negli anni della magistrale, a Lettere moderne. In quel periodo ho scoperto la materia dell'archivistica e mi ha da subito attratta come possibile specializzazione, tanto da convincermi ad iscrivermi alla Scuola di Archivistica, Paleografia e Diplomatica, nella sede di Mantova, un requisito necessario per accedere ai concorsi della pubblica amministrazione. In quel periodo stavo anche svolgendo Servizio Civile per la Biblioteca Universitaria di Trento, e anche nel corso di quell'esperienza ho avuto a che fare con testi e documenti storici conservati nel loro archivio».

È il momento di un chiarimento. Esattamente, che cos'è l'archivistica e cosa si può trovare in un archivio?

«L'archivistica studia, conserva e cura i documenti che vengono prodotti da un ente. Per essere precisi, l'archivio "vive" tre differenti fasi, nel corso della sua esistenza: appena prodotti, i documenti si trovano nell'archivio corrente, poi passano all'archivio di deposito e, dopo trent'anni, diventano patrimonio dell'archivio storico, che è il luogo in cui ci troviamo e in cui lavoro giornalmente. Qui, quindi, ho a che fare con documenti anche molto antichi, testi prodotti a partire dal 1200 e a seguire, fino agli anni Ottanta-Novanta».

E in cosa consiste il tuo lavoro, come si svolge una tua giornata tipo in archivio?

«L'attività che mi prende più tempo è quella di servizio al pubblico, nella forma di ricerche di vario tipo: ci sono utenti che vogliono ricostruire il proprio albero genealogico, che cercano informazioni riguardo a propri parenti o antenati, che hanno necessità di risalire ad atti di proprietà o registri di vario tipo, o che fanno ricerche su determinati periodi storici a scopo di studio o redazione di libri. È un processo che richiede molto tempo e precisione e che, purtroppo, non è sicuro che dia dei frutti. Poi c'è il lavoro di riordino, di cui c'è sempre un gran bisogno, le attività con gli studenti delle scuole da organizzare, i contenuti di divulgazione da realizzare».

A proposito di divulgazione: quasi da subito, a seguito della tua presa d'incarico, hai aperto una pagina Instagram (@archivioarco). Come mai questa scelta?

«Mi sono presto resa conto della grande confusione e inconsapevolezza delle persone riguardo al mio lavoro. Quando dicevo di essere un'archivista, la maggior parte della gente era solita pensare che, semplicemente, passassi tutto il mio tempo a riordinare carte, a "scartabellare" per la precisione. In realtà, si tratta di un mestiere pieno di sfaccettature e, soprattutto, molto utile alla comunità, ma purtroppo poco valorizzato rispetto ad altre realtà culturali come biblioteche e musei. Sulla pagina Instagram, in modo leggero e coinvolgente, cerco di fare informazione e di suscitare la curiosità nelle persone, affinché l'archivio diventi un posto più vivo e frequentato».

Qual è la ricerca più curiosa che ti sei ritrovata a dover fare?

«Poco tempo fa, si è presentato un signore che voleva scoprire dove si trovasse esattamente il corpo di un ragazzo, probabilmente un parente, morto ormai un secolo fa qui ad Arco. Ho contattato uffici, parlato con necrofori... insomma, all'occorrenza mi capita di trasformarmi in una specie di investigatrice».

Quindi perché le persone dovrebbero conoscere e, magari, frequentare l'archivio storico?

«Beh, intanto perché è un luogo interessantissimo, c'è un patrimonio documentario incredibile: lettere, giornali, vecchie insegne pubblicitarie che possono essere di grande utilità per lo studio del passato, ricerche scolastiche, tesi universitarie, o anche per lasciarsi ispirare rispetto alla scrittura di saggi, storie e racconti. È capitato che passasse di qui una ragazza intenta a scrivere un romanzo distopico che voleva consultare dei vecchi documenti per lasciarsi ispirare rispetto a periodi storici passati. Ma potrebbe tornare utile ripescare vecchi documenti anche per fini pratici, o per avere le idee più chiare rispetto a proprietà, permessi e progetti di edifici pubblici e privati. Per scoprire altro e conoscere ancora più a fondo l'archivio e le sue storie... invito a visitare la pagina Instagram @archivioarco!».

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