Volontariato / Le voci

Medici con l’Africa, in Trentino sono trentatrè: cinquanta i progetti finanziati

Le attività si snodano tra Angola, Etiopia, Kenya, Mozambico Sierra Leone, Sud Sudan,Tanzania e Uganda. Il dott. Fanelli: «La salute non è un bene di consumo, ma un diritto umano universale e l’accesso ai servizi non può essere un privilegio. Questo diritto va difeso e garantito»

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di Luigi Oss Papot

PERGINE. "Con". Una semplice preposizione, che porta con sé tuttavia miriadi di sfaccettature. La sottolineatura è importante nell'illustrare chi sono e cosa fanno i Medici con l'Africa Cuamm del Trentino.

«Siamo "con" l'Africa - specifica subito Carmelo Fanelli, il presidente della sezione trentina che ha sede nel perginese - e non "per" l'Africa. Che vuol dire che noi siamo direttamente coinvolti, siamo lì dove c'è bisogno. L'Africa ti segna in modo profondo, ti provoca, ogni emozione si vive al massimo dell'espressività, sia nel negativo che nel positivo. Emozioni che poi, una volta di ritorno qui, fanno relativizzare tante cose».

Il dottor Fanelli, pediatra di professione fra l'Altopiano della Vigolana, Levico e Caldonazzo, è presidente del gruppo Trentino del Cuamm da una decina di anni: nei trent'anni di vita del gruppo gli altri presidenti sono stati Adriano Bertoldi, di Trento, e Mario Battocletti di Mezzolombardo. L'associazione trentina è stata costituita il 13 novembre 1993 da un gruppo di medici rientrati in Italia dopo aver trascorso un periodo di volontariato in Africa; il gruppo nazionale invece è presente fin dal 1950, con il Collegio universitario aspiranti medici missionari a Padova promosso dal professor Francesco Canova e del vescovo di Padova di allora, monsignor Girolamo Bortignon.In Trentino oggi i medici volontari ed attivi sono 33, con una cinquantina di progetti finanziati (fra Angola, Etiopia, Kenya, Mozambico, Sierra Leone, Sud Sudan, Tanzania, Uganda).

«Sono stato in Africa – racconta Fanelli- per la prima volta nel 1983 con Carlo Spagnolli, mentre l'ultima esperienza in ordine di tempo risale a novembre, in Tanzania». In Tanzania, Fanelli è andato insieme alla moglie Laura Maldini, Paola Stelzer, Ilaria e Giorgio Temporin, Lino Beber: a Tosamaganga sorge un ospedale del Cuamm dove ha ritrovato anche quella che un tempo era una sua giovane assistita, Silvia Tamanini di Vigolo Vattaro, specializzanda in medicina interna.

«Quello è stato anche il primo ospedale dove ho operato con il Cuamm - prosegue Fanelli - ed è come si fosse chiuso un cerchio trovando Silvia. Questo è solo uno degli esempi di quello che chiamiamo "l'ultimo miglio", ossia essere presenti dove non arriva nessuno, stare con le persone, fermarsi a lungo in un luogo, creare dei rapporti. Ma anche formare del personale locale ponendoci sullo stesso piano, in una formazione paritaria».

Importante è anche l'attività per le donne partorienti, garantendo cure ed assistenza dal concepimento allo svezzamento del neonato: stanno nascendo anche le "case de espera", strutture protette dove le partorienti possono attendere il parto, costruite a fianco degli ospedali, per evitare drammatiche tragedie viste le distanze fra i villaggi e gli ospedali.Ad ogni modo, non sempre tutto è semplice: cure che in Italia si danno per scontate in Africa non lo sono, con pazienti destinati alla morte; le ripercussioni delle azioni del mondo occidentale (guerre, cambiamenti climatici solo per citarne due) portano a mancanze di beni primari fondamentali per salvare vite.

«La salute non è un bene di consumo - conclude Fanelli - ma un diritto umano universale, e l'accesso ai servizi sanitari non può essere un privilegio. Dobbiamo renderci conto che questo diritto va difeso e garantito».

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