Condannati per stalking padre, madre e sorella

Esasperata da continue minacce, insulti e angherie, una donna residente in un paese vicino a Cavalese aveva denunciato per stalking padre, madre e sorella.

Dopo un lungo e combattuto processo i tre imputati, difesi dagli avvocati Paolo Corti e Christian Dorigatti, sono stati condannati a 4 mesi di reclusione, con il doppio beneficio della sospensione condizionale della pena e della non menzione.

Il giudice ha condannato i tre imputati in solido al risarcimento del danno alle parti civili, cioè figlia, genero e le loro due figlie, costituite in giudizio con l’avvocato Michele Bertero di Predazzo.

La quantificazione del danno è affidata ad un separato giudizio civile, ma intanto i tre dovranno versare a titolo di provvisionale 3.000 euro ad ognuna delle quattro parti civili a cui vanno anche 4.000 euro per le spese di giudizio.

In tribunale è approdata una storia lunga parecchi anni che vede su fronti opposti componenti della stessa famiglia. Neppure il processo, durato varie udienze per la necessità di sentire una ventina di testimoni, ha chiarito quale fosse l’origine del dissidio familiare. Di certo gli attriti hanno reso la convivenza (le due famiglie vivono nella stessa palazzina) sempre più difficile. Alla fine la figlia, stufa di sentirsi dare della schifosa» e della «bastarda» e di essere pure minacciata di morte, ha sporto querela. La donna infatti sostiene di essere stata costretta a cambiare le abitudini sue, del marito e dei figli pur di evitare di incontrare la famiglia d’origine, situazione che aveva provocato un perdurante e grave stato di ansia e di paura.

Il capo di imputazione, pur limitato a condotte relative al 2014 anche se gli attriti è emerso al processo duravano già da tempo, dipinge una situazione da incubo. C’è il capitolo dei rumori molesti, soprattutto negli orari in cui il marito della vittima, che lavora su turni, era solito riposare: non si tratta solo del disturbo recato dallo sbattere i tappeti e dallo spostamento dei mobili, ma anche dell’accensione di una motosega a scoppio all’interno del giroscale.

Era accaduto nel settembre di tre anni fa: all’ennesimo rumore improvviso (una cassetta della legna buttata contro la porta dell’appartamento), la vittima si era affacciata al giroscale ed era stata insultata e minacciata di morte dalla sorella. «Ti uccido» le era stato detto.

C’è la parte relativa ai dispetti, come l’opporsi al rifornimento dei gasolio perché l’arrivo dell’autocisterna non era stato «autorizzato» dagli imputati.

Ci sono urla ed ingiurie quasi quotidiane, con minacce che, dette da familiari, fanno davvero male.

L’atteggiamento ostile ed aggressivo degli imputati di fatto coinvolgeva anche le figlie della vittima, ossia le loro nipoti.

Dopo anni di dura sopportazione (e addirittura di cure mediche per controllare lo stato di ansia) la donna si è decisa a sporgere denuncia.

I due nuclei familiari vivono ancora nella stessa casa, ma pare che dopo la querela la situazione, pur non idilliaca, sia comunque migliorata.

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