Lo studio: passi Dolomitici assediati dal traffico Entro pochi mesi contromisure per evitare la bocciatura Unesco

di Zenone Sovilla

Che i principali passi dolomitici sono presi d'assalto da automobili, motociclette assordanti e camper durante la stagione turistica si vede perfettamente anche a occhio nudo e da decenni alcune voci isolate denunciano inascoltate il problema, rimasto sostanzialmente irrisolto per l'inerzia delle amministrazioni pubbliche.

Ora, a fotografare il fenomeno del traffico a motore è anche uno studio commissionato dalla fondazione Dolomiti Unesco all'Eurac di Bolzano, nell'ambito dello studio che da anni il centro di ricerca sudtirolese sta svolgendo sulla strategia per il turismo sostenibile.

L'esito dell'analisi sistematica dei flussi di traffico induce, in sostanza, a un'accelerazione sui provvedimenti in gestazione per mitigare l'assalto a motore e organizzare una mobilità innovativa e efficiente per trasportare i turisti in quota e garantire così l'attività turistica (meglio tardi che mai, ammesso che qualcosa di serio arrivi davvero).

Lo studio Eurac, nei giorni scorsi, è stato al centro di una seduta del consiglio di amministrazione della Fondazione Dolomiti Unesco nel cui sito Web, peraltro, non risulta traccia di questo pure importante documento.

A suggerire un qualche intervento significativo, si spera nella sostanza e non solo nella forma, è la prevista ispezione dell'Unesco, fra dieci mesi, nel sito dolomitico del quale andranno verificate le misure introdotte per la tutela del patrimonio dell'umanità da parte delle Province di Belluno, Bolzano, Trento, Pordenone e Udine.

Sorge peraltro il dubbio che - non fosse per lo scomodo esame internazionale - gli amministratori delle cinque province avrebbero serenamento continuato a ignorare questa grave problematica che finora ha trovato sempre asperità e divisioni territoriali di fronte all'ipotesi di correttivi a protezione del delicato ambiente naturale dei Monti Pallidi (fra i pochi interventi di cui si ha notizia, l'installazione di una serie di autovelox posti sul versante bellunese di qualche passo, con lo scopo di scoraggiare in particolare gli emuli di Valentino Rossi).

Comunque sia, ora andrà elaborato un provvedimento nel giro di pochi mesi: si ipotizza da tempo la chiusura dei passi per fasce orarie o limitatamente a giornate «a rischio», ma rimane anche l'alternativa (o la misura complementare) del pedaggio, che tuttavia secondo alcuni esperti più scoraggiare «vizierebbe» i turisti che si ostinano a voler arrivare fino in cima con il mezzo privato.

Lo stesso rapporto Eurac evidenzia, fra l'altro, che stando ai sondaggi soltanto una minoraza irrilevante di turisti rinuncerebbe a portare la propria vettura o il camper o la moto fino ai valichi, se ci fosse da pagare il pedaggio (per esempio di cinque euro).

Se tutti i principali valichi interprovinciali sono punti neri della mobilità, il primato negativo spetta al passo Sella, con un milione e 200 mila passaggi l'anno.

Parallelamente all'introduzione di deterrenti al traffico sui passi, la fondazione Dolomiti Unesco annuncia l'imminente varo di un piano per l'incremento del turismo sostenibile, sempre con la collaborazione scientifica dell'Eurac.

Si tratta, in sostanza, di promuovere una frequentazione compatibile con il rispetto dell'ambiente alpino e vantaggiosa per gli operatori economici che potrebbero registrare un profittevole incremento del giro d'affari, per esempio, grazie alla crescita del turismo in bicicletta, oggi largamente mortificato dall'assalto motorizzato alle Dolomiti.

Nella prospettiva di una svolta strategica per il turismo «sostenible» si ipotizza anche uno stop alla costruzione di nuovi impianti di risalita, salvo la ristrutturazione di quelli esistenti.

Ma qui anche sul concetto di sistemazione dell'esistente c'è da chiarire la semantica che poi si riflette beffardamente nella realtà: in valle di Fassa, per esempio, la Provincia autonoma di Trento è orientata a un rifacimento dell'impianto Pian dei Fiacconi, sulla Marmolada, che però, secondo i documenti ufficiali, ne raddoppierebbe all'incirca la lunghezza, in pieno ghiacciaio, portandolo in due tronchi quasi in vetta, a Sass Bianchet (3.250 metri), appena sotto l'arrivo a Punta Rocca (3.310 metri) della funivia «storica» sul versante bellunese, creando pure due mini-piste di collegamento con essa.

Un intervento che sembra più simile a una risposta positiva all'ultradecennale richiesta fassana di un mega-impianto fino in cima al ghiacciaio che non al semplice e modesto ammodernamento dell'esistente che si ferma a Pian dei Fiacconi (quota 2.600).

Dalla val di Fassa, peraltro, si sono levate molte voci di contrarietà per come è stata concepita questa ipotesi di nuovo impianto sul ghiacciaio (si vorrebbero soluzioni diverse, ma sempre con l'arrivo in cima, anzi, possibilmente proprio a Punta Rocca).

Chi ha già assicurato che si batterà contro un simile progetto è Mountain Wilderness, che peraltro confida in un intervento censorio da parte della stessa Unesco e propone, in alternativa, per collegare le aree sciabili trentine e bellunesi, la creazione di una pista a quota più bassa, senza intaccare le nevi eterne con nuovi piloni e altre cementificazioni.

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