Montagna / Intervista

Il presidente del Soccorso alpino: troppi escursionisti improvvisati e inesperti

Walter Cainelli: «Nessun intervento, anche se fatto con professionalità, è esente da pericoli. Inoltre, si rischia di non poter poi prestare aiuto a chi ha un incidente ed è ferito». Ormai sono tanti i casi critici: «A tremila metri di sera senza attrezzatura, attardarsi senza avvisare i familiari... E anche soccorrere gli illesi ha un costo»

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di Barbara Goio

TRENTO. Tutto è bene quel che finisce bene. Ed a maggior ragione lo si può dire quando quattro persone escono illese da una brutta avventura in montagna ad oltre Tremila metri. Ma va comunque sottolineato che se il gruppo di escursionisti salvato l'altra notte dal Soccorso alpino, si trovava a tarda sera, in quota con un ragazzino di 14 anni e senza l'attrezzatura adatta, qualcosa non è andato per il verso giusto.

Walter Cainelli, presidente del Soccorso alpino trentino, l'intervento che l'altra sera ha tenuto impegnate per tutta la notte decine di persone sul Carè Alto, poteva essere evitato?

«Noi interveniamo ogni volta che ce n'è bisogno: il lavoro dei nostri 750 operatori, organizzati in 34 stazioni e 5 aree è prestare soccorso quando ci sono persone in pericolo».

Un volta si insegnava che si doveva raggiungere il rifugio, o la cima, al massimo nel primo pomeriggio. Adesso le cose sono cambiate?

«L'allarme è scattato la sera e di certo a quell'ora, non dovevano trovarsi lì. Nel chiedere aiuto così tardi c'è qualcosa di strano: forse avevano sbagliato la preparazione dell'itinerario. Inoltre non avevano ramponi e neanche il vestiario adatto: è andata bene che in questi giorni c'è un caldo eccezionale altrimenti a quella quota si rischia l'ipotermia...».

Si parla tanto di "sprechi"per quanto riguarda il costo del carburante dell'elicottero, ma anche il lavoro di tecnici, soccorritori, piloti, vigili del fuoco, ha il suo valore.

«Certo. Senza contare che tutti gli interventi in montagna sono potenzialmente a rischio: anche l'altra notte i soccorritori hanno dovuto impegnarsi in una zona di crepacci e di sentieri esposti. C'è molta preparazione, ovviamente, ma nessun soccorso è esente da rischio, questo va sempre ricordato. E poi c'è anche il fatto che se si presta aiuto a chi è illeso, poi si rischia di non poter soccorrere chi è ferito, non possiamo essere dappertutto».

Vede un aumento di casi di persone che affrontano la montagna senza l'adeguata preparazione?

«Dopo il Covid è aumentata la frequentazione della montagna, ed in effetti ci siamo imbattuti in escursionisti che sottovalutano il pericolo. La maggior parte delle persone sa come muoversi in quota, tuttavia capita sempre più spesso che ci troviamo di fronte a situazioni di incoscienza, come quello che si è riparato sotto un albero durante un temporale ed è stato colpito da un fulmine».

I social hanno complicato le cose?

«In passato si iniziava ad andare in montagna con amici più esperti, con la Sat, si imparava sul campo. Adesso è molto diverso, si trovano le informazioni su internet e tutti pensano di essere esperti».

É un problema?

«In parte sì. Certo, bisogna anche riconoscere che la tecnologia mette a disposizione strumenti utilissimi: per esempio le previsioni meteo sono molto attendibili».

Come si possono dunque prevenire le situazioni di rischio?

«Noi organizziamo incontri a primavera ed in autunno, tavoli sulla prevenzione in montagna, con i rifugisti, che sono le sentinelle del territorio, con le guide alpine: c'è tantissimo impegno in questo campo. Forse ora dobbiamo capire come i canali che utilizziamo possano coprire più persone possibili. Per poter fare una gita in sicurezza bisogna scegliere l'itinerario giusto, usare materiali adatti e conoscere la propria forma fisica».

Resta il fatto che al Carè Alto, una ventina di persone sono rimaste in piedi tutta la notte...

«Ed un centinaio si sono mobilitate per il fungaiolo disperso che non aveva avvisato casa... Le persone troppo spesso non si rendono conto di cosa significhi attivare i soccorsi. Serve ritrovare il senso di responsabilità».

Il riscaldamento globale ha portato più gente in montagna?

«Direi di no. Ma i cambiamenti climatici portano nubifragi improvvisi, e Vaia ha distrutto tanti sentieri. E così i pericoli aumentano».

[nella foto, l'intervento notturno di soccorso sul Carè Alto e il presidente Cainelli]

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