Economia / Il caso

Lona Lases: chiude anche l'ultima cava, finisce un capitolo di storia

Va in archivio una lunga epoca produttiva e al momento nessuno sa dire come sarà la prossima né chi la scriverà, in un territorio segnato negli ultimi anni da una serie di inchieste giudiziarie

VOTO Lona Lases, saltano di nuovo le elezioni: nessuno si candida
INCHIESTA Lona Lases, il porfido, la ‘ndrangheta: il punto
ADDIO Il commissario getta la spugna: «Trovatevi un sindaco»

di Domenico Sartori

TRENTO. Si chiude un capitolo di storia produttiva, per le cave di Lona Lases. E se ne apre un altro. Ma nessuno, ora, sa dire chi lo scriverà. Se il Comune, se l'Asuc proprietaria dei lotti, come prevede la riforma delle legge sulla cave delle giunta Fugatti, che affida la gestione delle cave direttamente alle Amministrazioni separate di uso civico.

E, soprattutto, nessuno sa dire se sarà un'altra storia, dopo anni, decenni, di sfruttamento indiscriminato. Della roccia, dell'ambiente e dei lavoratori. Perché mai si erano visti, in Trentino, imprenditori imputati di "riduzione in schiavitù", com'è accaduto proprio qui, sul versante sovrastante il lago, zona estrattiva di Pianacci.

L'unica concessione rimasta scade venerdì 18 novembre. Una data spartiacque. È la concessione per il lotto 1, in capo alla Avi & Fontana srl: cinque soci (Piermario e Giuliano Fontana, Fabio Avi e i fratelli Rosario e Franco Bertuzzi), 5 addetti, un valore della produzione 2021 di 831 mila euro e 21.800 di utile netto. Fatte le verifiche planivolumetriche sulla quantità di roccia scavata e del relativo saldo di canone 2022 da versare al Comune, sarà intanto scritta la parola fine sull'attività estrattiva.In origine, erano 9 i lotti di Pianacci. Ma negli ultimi vent'anni ne erano rimasti in vita 6.

La concessione del lotto 8 della Trento Porfidi viene dichiarata decaduta dal Comune nel 1997. Gestione troppo disinvolta. Vengono rilevati sconfinamenti oltre i limiti di coltivazione. La situazione è compromessa, le fessurazioni sul pendio evidenti, c'è il rischio che tutto il versante crolli nel lago sottostante, con un "Effetto Vajont". Al punto che, quando la montagna si muove, alle 23.20 del 13 ottobre 2000, scatta il piano di evacuazione di parte del paese. Una brutta pagina, perché ci vorranno sette anni per bonificare e mettere in sicurezza il versante.

La giunta provinciale (Dellai) rassicura: non pagherà Pantalone. E invece è andata proprio così: 9 milioni di costo per sistemare il pendio. Tutti a carico della Provincia.Il lotto 2 era in mano alla Montechiara Porfidi di Marco Stenico, che fu sindaco di Fornace, uomo forte della Dc malossiniana negli anni '80. La ditta viene dichiarata fallita dal tribunale di Trento nel 2013, e col fallimento in automatico decade la concessione. Con il lotto 3, si capisce come funzionano le cose quanto a rispetto dei contratti di lavoro: è in concessione alla Diamant Porfidi srl. Che però non paga i lavoratori, non versa i contributi Inps e nemmeno è in regola con i versamenti dei canoni al Comune.

La conseguenza: il 23 settembre 2015, le viene revocata la concessione, la prima volta che avviene nella storia industriale del porfido trentino. Il lotto 4 è quello della Anesi srl, amministratore unico Giuseppe Mario Nania, legale rappresentante ad acta Giuseppe Battaglia, entrambi finiti nell'indagine Perfido sulle infiltrazioni della 'ndrangheta.

Accuse di estorsione, con condanna, per il primo, e di "ingiusto profitto" in danno al Comune. Così che, il 13 gennaio 2017, scatta la revoca della concessione. Il lotto 5, della Porfidi Anesi snc di Mattevi Miriam & C. è arrivato a naturale scadenza nel 2020. Il lotto 6 è quello che più ha fatto discutere il settore: primo lotto cava finito all'asta, nel 1994.

Quindi primo, vero confronto con il mercato: fu aggiudicato con un rilancio del 211%. La Sille Porfidi srl, il 31 maggio 2010, rinunciò poi alla coltivazione.Oggi, sono rimaste le briciole, economicamente parlando. Gli introiti al Comune, che poi ne girava il 25% all'Asuc di Lases proprietaria dei lotti, sono passati dai 353 mila euro del 2002 ai 54 mila del 2018: un crollo dell'80%. E c'è un pure un contenzioso aperto con l'Asuc dopo che l'ex sindaco, Roberto Dalmonego, ha sciolto la convenzione.

La roccia di Pianacci è meno buona e i Comuni confinanti hanno più volumi: a Fornace, gli introiti del Comune sono mediamente il tripo, ad Albiano dieci volte tanto. Nell'anno 2007, quando il mercato ancora "tirava", Lona Lases incassò 221 mila euro, Albiano 2,17 milioni, con il paradosso che qui il valore al metro cubo è ancora più basso. Con la lo stop all'ultimo lotto, si chiude dunque una pagina poco esaltante. Oligopolio collusivo e conflitto di interessi sono la cifra di decenni di sfruttamento delle cave.

La prospettiva, piena di incognite in un Comune strapazzato dalle indagini penali e che non riesce a darsi un sindaco, è quella di creare, per l'area estrattiva un unico macrolotto di 150 mila m2, per un volume di scavo pari a 3,15 milioni di m3 per 52 anni (60 mila m3 all'anno). Per quanto spolpato, il versante di Pianacci può ancora essere un business. A vantaggio di chi, è tutto da vedere.

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