Latte e carne, prezzi in picchiata: allevatori in difficoltà

di Fabia Sartori

Dall'inizio del 2014 ad oggi i prezzi al produttore di carne e latte trentini sono in picchiata: la Federazione provinciale allevatori del Trentino stima un calo di guadagno del 15%. Esiste anche una nota positiva sui costi fissi di produzione, che non incrementano e rimangono sostanzialmente invariati rispetto a gennaio: dalla seconda metà dell'anno in poi il valore di vendita dei foraggi e dei cereali è calato.

«Tuttavia la stagione molto piovosa ha impedito di fare una grossa scorta di fieno di produzione propria, andando ad incrementare il quantitativo di alimenti per bovini acquistato sul mercato», dichiara il direttore della Federazione allevatori Claudio Valorz . Il ricavo sulle carni trentine cala del 15% al produttore. Se ad inizio anno il vitellone era valutato tra i 4,80 ed i 5 euro al chilogrammo, oggi gli allevatori ricevono un euro in meno per lo stesso quantitativo (ovvero 3,80 oppure 4 euro al chilo). «La situazione è resa maggiormente critica dal notevole calo di consumi nell'arco del 2014, in particolare per quanto riguarda le carni rosse. Nel punto vendita di via delle Bettine abbiamo rilevato una contrazione delle vendite pari al 5%, ma su scala territoriale questa percentuale può essere considerata superiore».

La produzione di latte non subisce ribassi: Valorz conferma il quantitativo di un milione e 400.000 quintali, di cui un abbondante 50% viene impiegato nella produzione del Trentingrana. Il rimanente si suddivide tra formaggi tipici (25%) e latte alimentare (25%). Anche in questo caso i prezzi di vendita al produttore sono in calo del 15%: gli allevatori trentini ricevono un compenso per il proprio latte (tra i 38 ed i 40 centesimo al litro) maggiore rispetto a quanto liquidato a livello nazionale (37 centesimi al litro). «Tuttavia questo dato è inferiore a quello rilevato ad inizio anno - afferma - quando un litro di latte conferito ai privati valeva più di 40 centesimi».

Da sottolineare che i destinatari sono in prevalenza (83%) i 17 caseifici sociali cooperativi, dove il latte alimentare è valutato a 50 centesimi al litro e quello destinato al Trentingrana si attesta sui 63 centesimi al litro. In Trentino gli allevatori sono circa 1.400, di cui 30 dediti esclusivamente alla produzione di carne. Prati e pascoli trentini sono circa 110.000 ettari, ovvero il 17,4% del territorio. Si contano 38.000 bovini da latte, 5.000 da carne e 6.200 maiali. Complessivamente le aziende sono di dimensioni limitate, con una media di 40 capi di bestiame a testa.

Sempre più giovani decidono di intraprendere la strada dell'agricoltura o dell'allevamento: che futuro c'è per loro? «Il ricambio generazionale non è più un problema - conferma - Ma negli scenari futuri è necessario distinguere il settore della carne da quello del latte». Quest'ultimo comparto pare essere il più tutelato, in grado di dare maggiori prospettive lavorative, in quanto porta con sé una forte componente di «tradizione» ed è strutturato attraverso una filiera ben rodata. «Nel caso della carne non esiste un'organizzazione ben definita - dice - e quindi la prospettiva risulta più incerta».
Valorz pensa al futuro attraverso il Piano di sviluppo rurale 2014-2020, che dovrebbe presto essere approvato dalla Giunta provinciale. «Dobbiamo capire con precisione quali aiuti economici arriveranno al settore - conclude - L'allevamento di montagna ha bisogno di sostegno per lo sfalcio dei prati, per la gestione degli alpeggi e per far ripartire gli investimenti. È importante anche attuare un processo di semplificazione burocratica».

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