Demografia / Statistiche

Sempre meno neonati, anche in Trentino non si fanno più figli. Gerosa: «Problema complesso»

I dati dell’Istat e le politiche provinciali: «Non si può pensare che problemi così profondi si risolvano in un battere di ciglia, perché nessuno ha la bacchetta magica»

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TRENTO. Ormai la situazione è nota: sempre meno nati, con un vero e proprio crollo negli ultimi anni, e una popolazione che invecchia sempre di più. E questo ultimo aspetto, sommato al contributo dell'immigrazione, fa sì che complessivamente la popolazione trentina aumenti, nonostante - appunto - di bambini ne nascano sempre meno.

A ribadire la situazione della società trentina è la "fotografia" scattata dall'Istat nei giorni scorsi con i numeri complessivi del 2023. La popolazione residente in provincia si avvicina ai 550 mila: il 2023 si è chiuso con 545.200 persone, di cui 47 mila stranieri. Come accennato a crescere è la speranza di vita, con le donne che "durano di più", arrivando a 86,9 anni, con un aumento di circa mezzo anno rispetto al 2022. Ma non vanno male nemmeno gli uomini, per i quali l'aspettativa di vita è salita a 82,4 anni. I trentini, d'altra parte, sono i più longevi d'Italia e ai primissimi posti a livello europeo.

Capitolo nascite e decessi. Orma da qualche anno i secondi superano di gran lunga le prime, ma fortunatamente nel 2023 c'è stato un calo (poco più del cinque per cento) rispetto alle morti dell'anno precedente. In tal senso possiamo dire che l'onda lunga del Covid, che tra il 2020 e il 2022 ha fatto salire alle stelle i decessi degli anziani nella nostra provincia, si è interrotta. L'anno scorso si sono spente in tutto circa 5.200 persone, mentre i bambini che hanno visto la luce sono stati 3.800, con un calo costante e crescente. Per essere più precisi, i dati ufficiali dell'Azienda sanitaria, dicono che nel 2023 sono nati in Trentino 3.611 bambini rispetto ai 3.848 del 2022. Dal 2019 siamo costantemente sotto la "fatidica" quota quattromila (furono 4.041 quattro anni fa).

Il calo percentuale in pochi anni è a doppia cifra: meno 10,6%. Insomma, un vero e proprio crollo. Tornando all'analisi Istat, il Trentino Alto Adige resta il territorio italiano con il dato più alto di figli per donna, ovvero 1,42. Ma questo dato, in realtà, se analizzato meglio non è così positivo. In primo luogo perché a trascinare è soprattutto l'Alto Adige (al top in Italia con 1,56), mentre il Trentino è distante con 1,28, stesso punteggio di Pordenone e Brescia, più basso di Cuneo (1,29) e più alto di Treviso e Belluno (1,27).

Il dato trentino, quindi, torna a essere in linea con il nord est e non più, come fino a qualche anno fa, di gran lunga superiore. Inoltre, e questa è la seconda considerazione non così positiva, si tratta di un numero in calo da anni: nel 2022 eravamo a 1,36 figli per donna e nel 2021 a 1,42. 

L’assessora Gerosa: “un problema complesso”.

Dati, numeri, trend e percentuali li ha ben presenti in mente anche l'assessora Francesca Gerosa. Che, oltre alle più "famose" istruzione, sport, cultura e giovani, ha anche la competenza per "politiche per la famiglia e la natalità". Un tema complesso, trasversale e delicato. Ma assolutamente centrale e fondamentale.

Gerosa, cosa possiamo fare per tornare a riempire le culle?

Non si può pensare che problemi così profondi si risolvano in un battere di ciglia, perché nessuno ha la bacchetta magica. A mio avviso è fondamentale definire una politica trasversale che coinvolga non solo il settore specifico della famiglia, ma anche il lavoro e la casa, dando attenzione al tema della conciliazione quando un lavoro lo si trova e alla cultura della suddivisione dei carichi di lavoro all'interno del nucleo familiare. Come giunta siamo consapevoli della necessità di questa trasversalità e abbiamo tutti la stessa sensibilità al tema.

Ma perché da anni va avanti questo trend? Quali sono le cause principali che spingono le persone a non fare più figli?

I motivi per cui la natalità continua a decrescere sono molteplici e ormai ben noti a tutti, e toccano diversi aspetti economici, sociali e anche biologici, che intrecciandosi rendono il fenomeno della denatalità molto complesso. Mancano certezze nel lavoro e nella possibilità di riuscire ad avere una casa, e questo produce un'idea di instabilità che si ripercuote sulla decisione di coppia di costruirsi una famiglia. I giovani mancano di una stabilità economica che arriva sempre più tardi e che quindi confligge con la volontà e la possibilità di concepire dei figli. E certo non aiuta la contrazione della fecondità e la riduzione della popolazione femminile nelle età convenzionalmente riproduttive. In Trentino riusciamo a essere ai primi posti, ma i dati sono costantemente in calo e quindi preoccupano. Diciamo che non riusciamo ad essere in controtendenza. Prima di tutto voglio provare a guardare a quei Paesi d'Europa dove i dati hanno numeri diversi, appunto in controtendenza, per capire se c'è qualcosa che possa essere declinato sul nostro territorio. Nonostante le tante politiche attive in Trentino, che sottolineo vede numeri meno ingenerosi del resto d'Italia, anche qui non siamo indenni dal calo delle nascite, quindi bisogna provare ad analizzare anche nuovi modelli perché non ci si può fermare a ciò che già c'è o si è sempre fatto.

Ecco, quindi nuove politiche, magari innovative: cosa potremmo fare in Trentino?

Ho già dato incarico all'Agenzia della Coesione Sociale di analizzare a fondo tutte le politiche attive, perché voglio valutarne la bontà o la necessità di modifiche o cambiamenti. Ci sto lavorando, ma prima di nuove scelte serve una mappatura precisa. E da lì partiremo per cambiare ciò che può essere migliorato o aggiustare il tiro.

Quando?  Possiamo darci degli obiettivi concreti a breve termine?

Dobbiamo essere onesti e dirci che ci vuole tempo per provare ad invertire un trend come quello della denatalità, che accomuna quasi tutti i Paesi occidentali. Non c'è una soluzione unica, ma come detto dobbiamo ragionare e agire trasversalmente.

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