Politica / Il caso

Claudio Cia espulso da Fratelli d'Italia, lui commenta: «È una medaglia al merito»

Per i probiviri nazionali c’era la «volontà del consigliere Cia di contravvenire sistematicamente ai principi interni di Fratelli d'Italia». E non gli perdonano di aver detto «bullo» ad Urzì

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di Luisa Maria Patruno

TRENTO. A un mese di distanza dall'audizione dell'incolpato - il 14 febbraio scorso - la Commissione nazionale di garanzia e disciplina di Fratelli d'Italia ha dichiarato «incompatibile» il consigliere provinciale Claudio Cia con il partito di Giorgia Meloni.

La sentenza, su due scarne paginette, riporta le contestazioni sollevate dall'esposto dell'onorevole Alessandro Urzì, relative a una serie di dichiarazioni di Cia riportate dall'Adige, a cui la Commissione nel provvedimento ne ha aggiunta una del 15 febbraio, relativa alla sospensione di Alessia Ambrosi, perché Cia aveva osato dire che: «Questo episodio mette in luce, se ce ne fosse ancora bisogno, come tutti i fili sembra siano tirati da Roma, a discapito dell'Autonomia e delle persone sul territorio».

Secondo i probiviri: «Dette affermazioni corroborano la tesi della volontà del consigliere Cia di contravvenire sistematicamente ai principi interni di Fratelli d'Italia, nonostante fosse a conoscenza di un procedimento disciplinare che ontologicamente funge anche da deterrente per successive violazioni».

Si rimprovera inoltre a Cia di aver definito «bullo» Alessandro Urzì, il che lo rende «inconciliabile la sua permanenza nel partito Fratelli d'Italia venendo meno ai principi di cui agli artt. 3 e 6 dello Statuto sulla continenza e correttezza comportamentale» e conclude: «Attesa la recidiva violazione dei principi statutari ne decreta l'incompatabilità».

Cia, che si aspettava questo esito, commenta: «Se mi accusano di difendere l'autonomia da ingerenze partitiche nazionali, allora prenderò questo provvedimento come una medaglia al merito, un marchio di qualità». Resta però l'amarezza e la perplessità di Cia per un giudizio «così superficiale dopo quasi un mese di attesa», mentre lui, perché restasse agli atti, aveva presentato una difesa di numerose pagine, evidentemente ignorate.

«Prendo atto di come si sia partiti da una conclusione preordinata - dichiara il consigliere - tentando di costruirci sopra una motivazione raffazzonata per giustificarla. Fratelli d'Italia, piuttosto che difendere l'autonomia e la trasparenza - sottolinea Claudio Cia - sembra preferire lo stile dell'imposizione a discapito della democrazia interna. Preso atto di questa realtà, continuerò a lottare per una politica che rispetti le sue basi e i suoi fondamenti, senza cedere alle pressioni o ai ricatti di chi cerca di imporsi dall'alto». 

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