Carcere / Il caso

Morte della detenuta a Spini, l'inchiesta deve chiarire se è stato suicidio

Il dramma della 37enne bolzanina: la Procura sta indagando per fare piena luce sull'accaduto. Interrogazione dei consiglieri Pd anche sulle tempistiche dei soccorsi. Si riaccende intanto l'attenzione sulle situazioni di disagio in cella: nel 2023 quattro i tentativi di gesto estremo

IL DRAMMA Detenuta trovata senza vita nel carcere di Spini di Gardolo
CASO Morte di una detenuta a Spini: medico paga 300mila euro
IL NODO Il carcere di Spini è sovraffollato

GARANTE "In carcere solo chi ha commesso reati gravi"

di Leonardo Pontalti

TRENTO. La Procura della Repubblica sta indagando sulla morte della trentasettenne bolzanina deceduta dopo aver tentato di impiccarsi in carcere a Spini, ma in attesa degli eventuali sviluppi giudiziari il caso - la donna era spirata al Santa Chiara lo scorso 5 dicembre, dopo essere stata ritrovata tre giorni prima nei locali docce della sezione femminile del carcere di Spini, con dei lacci di scarpe attorno al collo - riaccende l'attenzione sul disagio nella struttura detentiva del capoluogo.

A parlare sono i numeri: solo nel 2023, prima del dramma della trentasettenne, a Spini sono stati contati 57 episodi di autolesionismo e 4 tentativi di suicidio. Nel 2022 i casi di autolesionismo erano stati 75, e nel 2021 90 con sette tentativi di suicidio solo fra aprile e ottobre. Nel 2018 era stato proprio un caso di suicidio per impiccagione a risultare tra le cause scatenanti dei disordini in carcere e - risalendo ancora nel tempo, tra il 2013 e il 2017 i suicidi erano stati 5.La questione rappresenta dunque una costante.

E non può essere affrontata soltanto considerando le comprensibili difficoltà che umanamente si trova ad affrontare chi è in carcere. Anzi, questo dev'essere un elemento tenuto in considerazione proprio per prevenire eventuali gesti: «Resta purtroppo sempre una variante di imperscrutabilità che non è in molti casi gestibile, ma occorre continuare a fare di più affinché fatti come questo non accadano», ha spiegato la garante per i detenuti Antonia Menghini.

Sul caso della trentasettenne i consiglieri provinciali del Pd Mariachiara Franzoia e Andrea de Bertolini hanno presentato un'interrogazione, spiegando come «la donna, per quanto acquisito da fonti attendibili», versasse «da molto tempo in uno stato di profonda prostrazione psichica che ne aveva condizionato finanche il suo comportamento intramurario.

Più volte aveva espresso di poter esser trasferita presso altra struttura penitenziaria in ragione di una incompatibilità ambientale maturatasi progressivamente nei confronti di altre detenute. Non è dato conoscere come la detenuta sia entrata in possesso dei lacci di scarpe che le hanno permesso di porre in essere il proposito suicidario. Posto che, di tale dotazione, detenuti e detenute non hanno disponibilità proprio per ragioni di sicurezza (anche correlata all'evitamento di eventi simili).

A fronte di ciò, chiediamo all'assessore alla salute, politiche sociali e cooperazione, dal punto di vista generale, se ed in che termini, in quale modo sia stata data esecuzione al Piano prevenzione suicidi all'interno della Casa Circondariale di Trento. E sul caso specifico chiediamo che l'assessore possa riferire circa modalità e orari del soccorso prestato presso la Casa Circondariale e modalità ed orari del successivo trasporto d'urgenza con accesso all'ospedale di Trento».

L'ipotesi del suicidio era stata ritenuta l'unica credibile fino all'altro ieri, quando i familiari della donna hanno attivato l'autorità giudiziaria dopo essersi rivolti all'avvocato altoatesino Nicola Nettis affinché venga fatta piena luce sull'accaduto. Da parte loro ritengono inspiegabile l'ipotesi dell'atto volontario: la trentasettenne, che stava scontando una pena per reati contro il patrimonio, dopo un paio d'anni in cella avrebbe a breve potuto chiedere l'accesso a una misura alternativa, che con ogni probabilità le sarebbe stata concessa.

Il pubblico ministero Antonella Nazzaro ha dunque aperto un fascicolo sulla base del modello 45, ovvero il registro degli atti non costituenti notizia di reato. Un primo passo obbligato per poter effettuare tutti gli accertamenti necessari per comprendere se, invece, i fatti possano essere riconducibili ad una notizia di reato.

comments powered by Disqus