Clima / Il caso

Siccità, il Veneto vuole l'acqua dei bacini trentini, la risposta di Tonina: «sì per emergenza acquedotti, no per l’uso nei campi veneti»

La consigliera Coppola chiedeva l’orientamento della giunta. L’assessore rileva che «la risorsa idrica oggi immagazzinata nei nostri serbatoi è oltremodo scarsa e quindi ancor più preziosa». Il nodo della produzione di energia elettrica, e per le campagne trentine si autorizzerà il pompaggio da Santa Giustina

TRENTO. Il Veneto ha chiesto ufficialmente lo stato di crisi idrica, e vorrebbe che il Trentino alimentasse i corsi d’acqua del bacino del Po e dell’Adige rilasciando le riserve dei bacini idroelettrici.

Il caso era scoppiato due settimane fa, e la consigliera dei Verdi Lucia Coppola aveva presentato una interrogazione alla giunta per sapere cosa intenda fare.

Oggi è arrivata la risposta, dell’assessore Mario Tonina.

Rispetto al quesito con cui l’interrogante chiede quale sia la posizione della Provincia di Trento rispetto alla richiesta della Regione Veneto di avere dei rilasci supplementari provenienti dai bacini idroelettrici sia della Provincia di Trento che di Bolzano a favore del proprio settore irriguo, oltre alla dichiarata intenzione di consultare i concessionari degli impianti idroelettrici, «si informa che recentemente, e precisamente il giorno 11 maggio, si sono avviati i lavori del tavolo di concertazione coordinato dall’Autorità di Distretto delle Alpi Orientali per affrontare l’ormai conclamato stato di carenza idrica che interessa tutto il bacino del fiume Adige ed in generale tutto l’arco alpino. Si ricorda, peraltro, che una crisi molto simile a quella attuale si è verificata nel 2017 quando, oltre al settore agricolo, è andato in crisi anche il sistema di approvvigionamento idropotabile posto alla foce del fiume Adige. Questa situazione di scarsità idrica comincia a diventare ricorrente e quindi richiede di essere affrontata con strumenti non solo uniformati alla risoluzione della specifica emergenza, ma alla più generale gestione oculata di una risorsa che in prospettiva sarà sempre più scarsa. 

Alla crisi idrica si aggiunge inoltre la crisi energetica e a tal proposito non bisogna dimenticare che i produttori idroelettrici generano energia da fonte rinnovabile, estremamente preziosa in questo frangente storico nel quale è necessario valorizzare al massimo qualsiasi fonte di produzione interna, soprattutto se rinnovabile».

Per Tonina «Bisogna sottolineare poi che la risorsa idrica oggi immagazzinata nei nostri serbatoi è oltremodo scarsa e quindi ancor più preziosa, dato il ridotto apporto che prevedibilmente potrà provenire dal disgelo che quest’anno sarà ridotto al minimo data la scarsa copertura nivale invernale (circa il 13% della media). Pertanto, si ritiene previdente mantenere negli invasi il massimo delle risorsa consentita per fronteggiare in primis un'eventuale crisi idropotabile che nei prossimi mesi si potrebbe verificare alla foce del fiume Adige. 

Da questo punto di vista entrambe le Provincie di Trento e Bolzano sono pienamente disponibili, al manifestarsi di una possibile crisi idropotabile (risalita del cuneo salino che potrebbe compromette l'approvvigionamento potabile nel rodigino), a valutare di mettere in gioco le riserve idriche immagazzinate nei serbatoi idroelettrici. Diversa è invece la questione relativa alla rinuncia all’ottimale produzione energetica nel caso di rilasci finalizzati all’approvvigionamento del settore agricolo veneto, per i quali bisogna trovare delle soluzioni di gestione diverse da quelle emergenziali. 

L’orientamento della PAT nella gestione del tavolo è pertanto uniformato a distinguere il possibile intervento in caso di emergenza idropotabile e la possibile definizione di accordi così come previsti dal Piano di Utilizzazione delle Acque Pubbliche che per la Provincia di Trento tiene luogo del Piano di Bacino previsto a livello nazionale. In particolare l’art. 36 delle Norme di Attuazione del Piano della Provincia di Trento, reso esecutivo con D.P.R. 15 febbraio 2006, prevede una serie di misure di coordinamento interregionale. Si cita a tal proposito il comma 1 che recita: ”In particolare, le predette forme di collaborazione hanno ad oggetto la tutela dell’ambiente, del patrimonio idrico, nonché degli interessi e della sicurezza delle popolazioni coinvolte, con riferimento agli aspetti tecnico–gestionali, patrimoniali e finanziari nonché di vigilanza connessi con l’utilizzazione delle acque pubbliche, e sono dirette a garantire l’unitarietà dell’azione amministrativa e l’armonizzazione degli interessi espressi dai territori sui quali incide la derivazione”. Inoltre il comma 4 del medesimo art. 36 prevede: ”Qualora i vincoli, le limitazioni o le prescrizioni – imposti, per effetto degli accordi di cui ai commi 1 e 2, nei confronti dei concessionari di derivazioni esistenti o di altri destinatari – comportino l’obbligo di indennizzo, quest’ultimo è posto a carico delle Regioni o Province autonome in ragione del rispettivo interesse all’adozione della misura”». 

Un altro importante orientamento per la Provincia – spiega l’assessore – «è costituito dai recenti accordi con la Regione Lombardia (art. 52 l.p 6/2020 e deliberazione della Giunta provinciale n. 1013 del 18 giugno 2021), per la gestione degli stati di carenza idrica relativa al bacino del lago di Idro e del fiume Chiese, accordi che potrebbero costituire un ulteriore modello di riferimento anche nel caso del Veneto. 

Riguardo alla dichiarata intenzione di consultare i concessionari idroelettrici, si ritiene utile precisare che tale interlocuzione si è svolta durante il mese di aprile ed ha avuto lo scopo di condividere con gli stessi le problematiche relative alla reale disponibilità nei bacini idroelettrici (anche in relazione a precisi obblighi ambientali previsti nei rispettivi disciplinari di concessione, che impongono di raggiungere determinate quote ad una certa data) ed alle possibili ripercussioni in caso di rilascio di portate eccedenti la normale produzione, tenendo conto delle complesse procedure che gli impianti idroelettrici dotati di serbatoio sono tenuti a svolgere per le funzioni di bilanciamento e di dispacciamento a favore della stabilità elettrica della rete elettrica nazionale».

In sintesi, si tratta di chiamate dirette da parte di Terna, in qualità di gestore della rete, con richieste di variazione sia in aumento che in diminuzione della potenza erogata e conseguentemente della portata idrica rilasciata nei corsi d’acqua. Si è evidenziata a tal proposito la necessità di un coinvolgimento nel tavolo in argomento anche di Terna S.p.A. in qualità di “dominus” di questo aspetto della complessa questione. 

Con il quesito 2 si chiede: “Tenuto conto che nell’autunno/inverno scorso le precipitazioni sono state scarse e quindi il livello dei bacini non è ottimale, a fronte della richiesta della Regione Veneto, in che modo verranno tutelate le esigenze idriche del Trentino.” 

«Come detto in precedenza, la posizione della Provincia, volta a mantenere un adeguato livello di invaso nei nostri bacini idroelettrici, consente di far fronte alle esigenze dell’agricoltura trentina mediante il pompaggio emergenziale dagli stessi. In particolare tale eventualità è prevista per il serbatoio di Santa Giustina al quale fa riferimento il principale bacino di utenza irrigua della Provincia» conclude Tonina.

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