Accoglienza profughi: c'è bisogno di 150 alloggi Ecco le richieste del bando comune per comune

di Chiara Turrini

Si cercano 150 appartamenti per profughi, ma non dappertutto. Il Cinformi, insieme alla Provincia Autonoma, è costantemente impegnato nel reperire immobili di proprietà dei privati dove collocare in seconda accoglienza i richiedenti asilo che arrivano in Trentino.

Ma le quote previste dal modello di accoglienza diffusa, in vigore da due anni, non vengono rispettate ovunque. «Non abbiamo strumenti di coercizione da usare nei confronti dei territori che non accolgono profughi - spiega l’assessore provinciale Luca Zeni - e nessuno dice che la colpa è dei Comuni, visto che non ci sono immobili di loro proprietà da usare per questa destinazione».

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Ad esempio - dati aggiornati al primo di agosto - a fronte di Baselgà di Pinè, che accoglie 31 persone anziché le 17 previste dalle «quote», c’è Pergine Valsugana, dove si cercano da 5 a 8 appartamenti per soddisfare l’accoglienza di 30 persone. In tutto, a seguito dei conteggi aggiornati, sul territorio provinciale si cercano ancora circa 150 alloggi per soddisfare appieno la richiesta totale di 1.781 persone. E così il bando per gli affitti pubblicato sul sito del Cinformi riporta le «necessità geografiche». La situazione più carente è quella di Riva del Garda, comune che dovrebbe ospitare 50 persone, ma non ne ospita che un paio in alloggi protetti. A Riva si ricercano una dozzina di appartamenti: una missione difficile su un territorio la cui economia si basa sull’accoglienza turistica.

«Eravamo e siamo convinti che questa via sia quella che garantisce una più alta accettazione sociale - conferma - e abbiamo verificato che, dove ci sono piccoli nuclei di persone le cose vanno bene, senza problemi anche quando l’arrivo dei profughi era stato preceduto da tensioni. Ma oggi siamo al paradosso: abbiamo svariate richieste che ci provengono da territori dove già ci sono richiedenti ospitati». La conoscenza aiuta ad aprire le porte delle case sfitte, ma davanti a una offerta che supera la domanda, il Dipartimento salute e solidarietà sociale è costretto a dire di no.

Dire di no, anche se si tratterebbe di case preziose, soprattutto quando l’obiettivo è «alleggerire» il carico dei centri di prima accoglienza di Trento e Rovereto, che ospitano rispettivamente 306 persone (più Garniga che ne accoglie 64) a cui aggiungere i 251 della seconda accoglienza (totale a Trento 723 persone rispetto alle 388 previste) e 330 più 69 su Rovereto (totale 423 contro le 130 della quota). E rispettare i termini massimi previsti di permanenza dei richiedenti nelle strutture di prima accoglienza. «Per questo è importante anche il rallentamento dei flussi di migranti - dice il coordinatore del Cinformi Pierluigi La Spada - e in questo periodo c’è stato un calo, che è una cosa positiva».

Si cercano appartamenti dalla superficie minima di 55 metri quadri e 2 stanze da letto, lo stretto necessario per ospitare 3 persone. Con 75mq e tre camere da letto si dà un tetto di seconda accoglienza a 6 persone.
«I Comuni facciano sensibilizzazione - invita Zeni -  In molti casi vanno oltre le quote, in altri invece sono più passivi».


ALLOGGI: CHI TROPPO E CHI NIENTE

Al piccolo comune di Novaledo - circa 1000 abitanti tra Borgo Valsugana e Levico Terme - sono stati assegnati 4 profughi, ma nei fatti i privati hanno dato una disponibilità superiore e oggi ve ne risiedono 12. Situazioni simili al comune di Novaledo ci sono anche a Baselga di Pinè, con 31 richiedenti al posto dei 17 assegnati e Contà con 17 invece di 5. Colpa, o merito, della disponibilità dei privati e degli accordi tra Cinformi e Comuni, che sono riusciti ad andare oltre le «quote» previste dal programma di accoglienza diffusa avviato in provincia ormai due anni fa.

Allargando l’ottica alle Comunità locali, gli Altipiani Cimbri accolgono 24 persone invece di 16, mentre a causa dei centri di prima accoglienza la Val d’Adige ne tiene 792 invece di 401, e la Vallagarina 504 invece di 300. «Le numerose presenze a Trento e Rovereto sono dovute alle strutture di prima accoglienza - chiarisce La Spada - ma è un caso, nel senso che quei centri avrebbero potuto trovarsi anche altrove. Certo che c’è una presenza significativa rispetto ad altri territori. I 117 comuni che restano fuori dalla lista di chi accoglie hanno un residuo di circa 400 profughi, il che significa che si tratta di quote piccole, in realtà piccole».

Ma succede anche il contrario: la Paganella dovrebbe farsi carico di 17 richiedenti asilo, ma ad oggi non ve n’è alcuno. Grosse carenze anche in Val di Non, dove su 129 attesi ce ne sono 68. Nell’Alto Garda e Ledro su 166 si sono insediati solo in 66, complice il deficit di Riva del Garda, dove si cercano alloggi per 50 persone.

Dove non c’è disponibilità di privati, si fa quel che si può: «Cerchiamo di rispettare le quote della distribuzione - dice il coordinatore del Cinformi Pierluigi La Spada - ma ci sono alcuni casi concordati. Ad esempio, a Contà c’è un centro per donne. Sugli Altipiani Cimbri c’è una struttura, a Lavarone, che dovrebbe ospitare quattro persone ma è stato concordato, quindi decisione condivisa, di dirottare lì anche le quote di Folgaria e Luserna. Ma sono eccezioni, opportunità che abbiamo avuto, mentre di norma abbiamo a disposizione gli alloggi dei privati».

Si parla di seconda accoglienza, destinazione dei migranti dopo un periodo più o meno lungo nei centri di prima accoglienza, che in Trentino sono a Trento (con Garniga alle Viote) e a Rovereto: la prescrizione è quella di una permanenza minima sufficiente a sbrigare le pratiche burocratiche, 3 o 4 mesi, ma nella realtà le persone si fermano anche 8 o 9 mesi.  
«Servono circa 150 appartamenti per far fronte alle esigenze, se dovessimo per assurdo liberare tutti i centri di prima accoglienza» commenta La Spada.

Aggiornati al primo agosto, i dati mostrano che il totale dei 1738 migranti presenti in Trentino, 720 sono accolti nei centri di prima accoglienza, 786 in seconda, 116 in strutture protette e 116 in hub di smistamento.

«L’obiettivo ora è “allegerire” i centri di prima accoglienza di Trento e Rovereto, e lo si fa grazie alla collaborazione con i privati ma - aggiunge - anche con l’aiuto dei Comuni, che svolgono un ruolo di facilitazione e mediazione. Nella fase di inserimento poi le amministrazioni collaborano con noi per organizzare lavori e volontariato da far fare ai profughi».

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