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Ecco lo sciacallo dorato: visto nel Parco Naturale Paneveggio-Pale di San Martino

Lo zoologo e divulgatore Aldo Martina: “Secondo il parere dei tecnici, si tratta di una specie che preferisce aree di pianura, magari libere da lupi che rappresentano un deterrente. È comunque auspicabile ridurre le condizioni che lo favoriscono come la reperibilità di fonti alimentari di origine antropica. Per l'uomo comunque non rappresenta un pericolo diretto”

di Manuela Crepaz

PRIMIERO. Recentemente, a Paneveggio, una fototrappola ha accertato per la prima volta la presenza dello sciacallo dorato. Ne dà notizia il Parco Naturale Paneveggio-Pale di San Martino, specificando che il nucleo più vicino all'area protetta si trova nella bassa Valle di Fiemme, dove si è riprodotto nel corso del 2022. L'accertamento dell'animale testimonia ancora una volta il fenomeno di colonizzazione in atto da parte di questa specie in Trentino e non solo.

Di fronte a tale fenomeno, emergono interrogativi riguardo all'interazione tra la specie e l'ambiente locale. Ne abbiamo parlato con lo zoologo e divulgatore Aldo Martina.

Martina, com'è arrivato da noi lo sciacallo dorato? «Appartiene ad una famiglia di carnivori, quella dei Canidi, dotata di un formidabile potenziale adattativo e dispersivo superiore persino al lupo. Partendo dai Balcani, ha colonizzato nel giro di un secolo molti Paesi dell'Europa orientale e nord-occidentale. In Italia è arrivato grazie alle sue doti naturali: dalla prima segnalazione del 1984 nel Bellunese, nell'arco di quarant'anni ha raggiunto la provincia di Latina, un limite destinato a spostarsi ancora più a sud. Occorre però distinguere la presenza fissa da quella temporanea, dovuta alla dispersione di individui giovani che si spostano senza necessariamente fermarsi. Secondo il parere dei tecnici del Parco, con il quale concordo, l'osservazione di un esemplare nel Parco si riferisce ad un evento di questo tipo, di fatto si tratta di una specie che preferisce aree di pianura, magari libere da lupi che rappresentano un deterrente».

Può descriverci le caratteristiche biologiche e comportamentali principali dello sciacallo dorato che hanno contribuito alla sua capacità di adattarsi ed espandersi anche da noi? «Sono molteplici, alcune sono proprie della specie, altre sono legate alle condizioni ambientali. Tra le prime troviamo certamente la struttura sociale e il potenziale biologico: una coppia di sciacalli può dare alla luce anche otto cuccioli, ciò significa che i giovani andranno alla ricerca di un luogo dove insediarsi a loro volta, e così via. Tra i fattori esterni, possiamo dire che il passato sterminio del lupo ha reso disponibili ampi spazi per lo sciacallo, il resto lo ha fatto la presenza crescente di prede, selvatiche e domestiche, la diffusione di rifiuti e di macellazioni venatorie e, ovviamente, il regime di tutela».

Quali strategie di conservazione e gestione sono in atto per garantire una coesistenza equilibrata tra lo sciacallo dorato e il territorio in cui si sta insediando? «L'arrivo di un nuovo predatore ha degli effetti nelle specie che rientrano nella sua sfera predatoria, ma nel tempo porta al raggiungimento di nuovi equilibri: in generale, i predatori favoriscono stabilità dove esistono condizioni di esubero, soprattutto di erbivori. È il concetto della catena alimentare: cambiano i protagonisti, ma il principio rimane lo stesso, uomo permettendo. Lo sciacallo dorato non è rigorosamente protetto come il lupo: in alcuni stati può essere cacciato, in altri, fra cui l'Italia, non è cacciabile. Dal punto di vista della conservazione sarebbe preferibile non interferire con i processi naturali di dispersione della fauna, la caccia stessa sembra avere effetti opposti a quelli attesi; tuttavia, è auspicabile ridurre le condizioni che lo favoriscono come la reperibilità di fonti alimentari di origine antropica. Per l'uomo non rappresenta un pericolo diretto».

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