«Nostra figlia ha passato il cancro, ora non obbligatela alla mascherina anche a scuola»

di Andrea Tomasi

Arianna (nome di fantasia) è una bambina che, a seguito delle cure oncologiche, ha meno difese immunitarie. Lei otto anni e vive in valsugana con mamma, papà e fratello di dieci anni.

I genitori chiedono che Arianna non sia obbligata ad indossare la mascherina chirurgica e che durante le lezioni a domicilio (un progetto di didattica previsto dalla legge) siano solo le maestre e non lei (e non i genitori) ad indossare strumenti di protezione. Tanti dubbi e tante le perplessità su un tema divisivo. Ecco cosa è emerso dalla nostra conversazione con il padre.

Da novembre fanno scuola da soli, a casa, proprio perché le norme in vigore obbligano gli alunni a indossare la mascherina sempre in aula.

Molti vi criticheranno e vi diranno che non apprezzate gli sforzi fatti dalla scuola. La bambina è più esposta al virus. Non ne avete paura?
«Noi non abbiamo paura del Covid. Abbiamo paura che Arianna non possa avere una vita normale. A lei - con la sua malattia, con gli interventi chirurgici e con le terapie oncologiche - è stato tolto un pezzo di vita. Ha fatto tre mesi di isolamento. Di mascherine e di camici non vuole nemmeno sentire parlare. Per questo chiediamo che il progetto di assistenza e tutoraggio venga fatto con buonsenso, senza costringerla a "scafandrarsi". Le maestre invece, se si sentono più sicure, possono lavorare con la maschera».
Voi però dovete capire le paure delle maestre.
«Noi capiamo tutto. Capiamo anche i genitori degli altri bambini. Io vorrei però che ci fosse un po' di dialogo. Vorrei che loro si sforzassero di capire noi. Puntiamo ad una apertura spirituale, se non di tipo normativo. Ma lei lo sa che adesso passiamo per quelli "irresponsabili"? Ed è interessante notare che, da quando abbiamo iniziato questa battaglia per una vita migliore per i nostri figli, nessuno ci chiede più come sta Arianna...»
Qualcuno dirà che siete dei «pazzi no mask» e che volete sfruttare le difficoltà di vostra figlia per portare avanti la vostra filosofia. Lei cosa risponde?
«Dico che non escludo che qualcuno al posto nostro lo potrebbe fare, ma non è così. Io dico a chi ci critica di provare a mettersi nei panni di due genitori che hanno attraversato l'inferno, che dalla sera alla mattina hano dovuto affrontare il cancro della figlia, che hanno dovuto fare i conti con la possibile morte della figlia, che la morte l'hanno vista da vicino. Se riescono ad immedesimarsi, allora capiscono perché una madre e un padre combattono per dare qualità di vita alla loro bambina».
Ma lei non ha paura del Covid?
«La malattia della nostra bambina ci ha tolto la paura di tutte le altre malattie. Io mi rivolgo alle istituzioni: "Non chiedete alla nostra piccola di tornare mentalmente in ospedale". Ha il diritto di vivere».

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