Pesci morti e feci nel Brenta: fognature rifatte in centro

di Giorgia Cardini

I pesci nel Brenta non sono stati uccisi da malattie, ma da "probabile inquinamento ambientale". 
 
È questa la conclusione cui sono giunti il Servizio veterinario della Provincia e l’Istituto Zooprofilattico sperimentale delle Venezie, dopo le analisi effettuate su 17 campioni prelevati dalle carcasse di alcuni pesci trovati morti a inizio febbraio nell’area (barbi, coregoni, tinche e cavedani) e i rapporti di prova dell’Agenzia provinciale per l’ambiente relativi ai prelievi nel fiume Brenta, eseguiti dagli uomini della Stazione forestale di Levico Terme il 3 febbraio, il 28 febbraio e il 5 aprile.
 
Tre date in cui, dal collettore delle acque bianche di Caldonazzo, posto in località Brenta, è uscita acqua torbida insieme a reflui riconducibili a scarichi domestici di acque nere: tra le sostanze trovate dalla Forestale, infatti, carta igienica, assorbenti e feci. 
 
Delle conclusioni tratte un paio di settimane fa, si è parlato mercoledì sera nel consiglio comunale di Caldonazzo, dove è stata infatti discussa un’interpellanza presentata dal gruppo di minoranza Caldonazzo Sostenibile sulle opere di ripristino del sistema fognario che si sono rese necessarie a seguito degli sversamenti, già rilevati verso la fine di novembre dello scorso anno e che in febbraio hanno portato persino allo «stop» precauzionale della pesca. 
 
Il gruppo guidato da Antonio Frattin ha chiesto chiarimenti sui lavori effettuati e le cifre spese finora, sulle verifiche in merito ad eventuali responsabilità per allacciamenti fatti male e sulle valutazioni fatte dall’amministrazione per ottenere il rimborso dei danni. 
 
«Sono stati svolti 546 controlli alle singole utenze, di cui 40 solo nell’anno corrente e con la segnalazione del 25 novembre 2016 ci siamo attivati subito con sopralluoghi e campionamenti delle acque scaricate nel Brenta» ha risposto il sindaco Giorgio Schmidt: i risultati degli esami delle acque non hanno mai registrato valori di inquinanti superiori ai limiti di legge, e gli esiti degli esami sulla fauna ittica «non aiutano a definire il fenomeno della moria di pesci e risalire alle cause ed ai possibili responsabili; il dirigente veterinario di Trento ha escluso malattie specifiche della fauna ittica, riconducendo il decesso genericamente ad altre cause, tra cui possibili inquinamenti ambientali».
 
Schmidt, nella risposta scritta all'interpellanza, ha comunque evidenziato - dopo la morìa di pesci - costi per oltre 31mila euro a carico del Comune, per interventi di somma urgenza, nonché per la verifica della regolarità di 40 allacciamenti. I lavori urgenti, affidati dalla giunta alla ditta Sadler Rino e geom. Maurizio, hanno riguardato un’abitazione in centro, ma soprattutto i pozzetti e il ramale della rete in cui confluiscono gli scarichi di un gruppo di sette abitazioni di via della Villa, «collegate regolamente alla rete fognaria», mentre i pozzetti sono stati trovati in stato di «notevole degrado» e il ramale «non correttamente allacciato alla tubazione principale di via Marconi»: si è rifatto tutto, con una spesa di 24 mila euro a carico del Comune.
 
Insomma, il collettore realizzato tra il 1995 e il 1997 (con verbale di regolarità dei lavori approvato nel 1998 dall’allora giunta comunale) potrebbe essere all’origine proprio dell’inquinamento rilevato nel Brenta nei mesi scorsi. Un fenomeno, come si diceva, che Servizio veterinario provinciale, Forestale, Appa e Istituto Zooprofilattico hanno messo in relazione con la morìa dei pesci rilevata nel tratto di fiume interessato dallo sbocco del ramale delle acque bianche, in cui evidentemente confluivano però pure acque nere. 
 

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