Tesino, domenica si scrive il futuro della conca

di Giorgia Cardini

Si anima la campagna in vista del referendum per la fusione dei comuni di Pieve, Cinte e Castello Tesino, che si svolgerà il 7 giugno come in altri 51 paesi trentini. Una battaglia a colpi di documenti pro e contro la nascita del nuovo comune di «Tesino», con obiezioni e contro obiezioni che possono valere per qualunque processo di fusione avviato. Un gruppo di residenti di Pieve ha recapitato infatti nelle case del paese quattro pagine di analisi della situazione, chiuse dall’invito a votare «no». Mentre il Comitato del «sì» ha diffuso a sua volta otto pagine piene di cifre in cui tra l’altro si confronta l’ipotesi della fusione con quella delle gestioni associate obbligatorie. Ultimi giorni dunque per convincere gli indecisi, da una parte e dall'altra, mentre si chiudono anche gli incontri pubblici: dopo l'intervento di sabato sera del governatore Ugo Rossi (qualche malumore ha sollevato l'assenza dell'ex vicesindaca di Pieve Tesino e ora presidente del consiglio regionale Chiara Avanzo, che sul tema non si è mai esposta), mercoledì 3 giugno alle 20.30 dovrebbe svolgersi un confronto tra fronti opposti con l'intervento del direttore del Consorzio dei Comuni Alessandro Ceschi.

Il progetto. Manca un quadro chiaro, secondo il fronte del no, mentre dovrebbe essere definito prima della fusione, prevedendo «la riorganizzazione dei servizi, che andrebbero ripensati e razionalizzati, ragionando su un territorio unico», per garantire a ogni Comune «un ruolo fondamentale nel proporre e condividere le scelte strategiche che riguarderanno il comune unico e un’equa distribuzione dei servizi tra territori».
Nessun pericolo, ribatte il «Comitato del sì»: «La fusione non è un punto di arrivo ma di partenza». E comunque i tre comuni hanno già preso accordi per garantire una ripartizione dei servizi e una riprogrammazione che non sacrifichi i cittadini di un paese piuttosto che un altro.

Rappresentatività nel nuovo consiglio. «La legge regionale garantisce la rappresentanza di ogni paese all’interno del consiglio comunale del nuovo comune unico solo nella prima legislatura», scrive il Comitato del no. Per le elezioni successive valgono invece le norme ordinarie e si teme dunque che Pieve e Cinte (671 e 375 abitanti) possano restare esclusi da consiglio e giunta a vantaggio di Castello (1.265 abitanti): «nessuna garanzia, dunque, che poi vengano attuate politiche concordate».
Ma il nuovo Comune dovrà dotarsi di un nuovo statuto, contesta il Comitato del sì, e questo potrà superare il rischio ventilato: «Il nuovo sindaco dovrà nominare quattro assessori, di cui tre scelti nelle liste dei candidati in rappresentanza dei tre singoli territori». Una logica che presuppone liste rappresentative dei tre paesi. Inoltre, per il Comitato del sì, potranno essere attivate consulte frazionali per ogni paese.

Identità culturale a rischio. Lo è per il Comitato del no, che però poi osserva che di fatto non cambierà nulla perché Asuc (usi civici), riserve di caccia e pesca, vigili del fuoco non saranno unificati. Un modo per dire che la fusione dà fittiziamente vita a una identità unica: «Anche i promotori del sì ammettono che continueranno a sentirsi “pieverazi, castelazi, fintanafi”: è naturale pensare quindi che i futuri amministratori faranno scelte che riguarderanno solo i propri territori».
Per niente, replica il Comitato del sì nel suo documento: nulla in effetti cambierà per questi importanti aspetti, né per quanto riguarda l’investimento delle risorse derivanti dal legname o dall’idroelettrico, né per l’identità culturale. Ma avere una giunta unica e un unico consiglio potrà portare a razionalizzazioni organizzative e di spesa e garantirà scelte condivise.

Meglio le gestioni associate? Per il Comitato del no, sicuramente, anche se proprio il numero di abitanti dei tre comuni costringerebbe l’ambito del Tesino - in questo caso - a raggiungere quota 5.000, fissata dalla legge Daldoss: i tre Comuni, oltre ad associarsi tra loro, dovrebbero dunque condividere i servizi con Bieno, Scurelle, Ospedaletto e/o altri. Per i contrari alla fusione, un obbligo da superare chiedendo una deroga alla Provincia «in nome della dislocazione geografica e della peculiare situazione socio-economica, nonché storica e culturale».
Il Comitato del sì fa invece un confronto per punti tra fusione e gestioni associate, chiarendo che in questo secondo caso non ci saranno deroghe al limite dei 5.000 abitanti («la Provincia l’ha già chiarito»), né a prepensionamenti e blocchi di personale, che per mantenere i servizi nella Conca le tasse dovranno aumentare e che la gestione associata è comunque l’anticamera della fusione.

IL NUOVO COMUNE

Il Comune di Tesino, se i «sì» ai referendum del 7 giugno prevarranno, sarà il più vasto della Provincia con 212,14 kmq di territorio e avrà 2.300 abitanti, diventando il terzo più popoloso della Valsugana.
In caso di fusione, la Regione assegnerà al nuovo ente un contributo straordinario per investimenti una tantum di 69.333 euro l’anno fino al 2020, poi decrescenti fino a 52mila euro nel 2025, ma per un totale di 842.333 euro, cui vanno aggiunti contributi ventennali per la gestione della parte corrente pari a 3.848.000 euro.
Un bel po’ di soldi che dovrebbero anche invertire il trend della pressione tributaria, cresciuto negli anni di pari passo con uno spopolamento che - in un secolo - ha portato via da Cinte il 40% della popolazione (dai 922 abitanti del 1921 ai 375 di oggi), da Castello il 43% (da 2.921 a 1.265 residenti) e ha dimezzato Pieve (da 1.356 a 675 abitanti), a fronte di una crescita del 18% di Borgo Valsugana e del 32% dell’intera provincia.
Per natalità, poi, Cinte è ultima in Trentino, Castello e Pieve sono agli ultimi dieci posti; per tasso di mortalità, invece, i tre comuni sono quinto, nono e decimo. Il che la dice lunga sull’ìinvecchiamento della popolazione: infatti Cinte, Pieve e Castello sono rispettivamente secondo, terzo e quarto per indice di vecchiaia: gli over 65 sono pressapoco il triplo degli under 14 in tutti i tre comuni, mentre l’età media sfiora ovunque i 50 anni.
Quanto ai «costi della politica», con un sindaco invece di tre, un vicesindaco invece di tre, due assessori (aumentabili per statuto ma a spesa invariata) invece di nove e un consiglio di 11 persone al posto di tre ci sarebbe un risparmio totale di 32.291,90 euro l’anno.

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