Valle dei Laghi / Il caso

Sarche, meno limiti per il cementificio: deroga sulla combustione dei rifiuti

Una norma alza il tetto annuo previsto per impianti di questo tipo: se ora può bruciare cento tonnellate in dodici mesi, dopo potrà farlo in sei

IL RITORNO Sarche, riapre il cementificio, per almeno 20 anni
IL PROGETTO La crisi energetica non rallenta l'avvio del cementificio

di Giorgia Cardini

VALLE DEI LAGHI. Tra le misure urgenti in materia di energia approvate dalla Camera dei deputati mercoledì, ce n'è una che non può non preoccupare gli abitanti e gli amministratori della Valle dei Laghi, dove verrà presto riattivato l'impianto del gruppo Italcementi-Heidelberg.

Insieme alle norme per far fronte agli aumenti dei costi energetici e accrescere l'autonomia italiana dal gas e dal petrolio russo, inserite nel Ddl di conversione del decreto legge 17 del 2022, c'è infatti anche una misura che riguarda gli impianti energivori e in particolar modo i cementifici.

Durante l'esame effettuato nelle Commissioni Ambiente, territorio e lavori pubblici e Attività produttive, commercio e turismo è stato aggiunto un comma all'articolo 4 che prevede, fino alla fine del 2022, deroghe negli impianti di produzione di cemento autorizzati allo svolgimento di operazioni di recupero energetico dei rifiuti (usati principalmente come combustibile): non varranno i limiti quantitativi orari, giornalieri o riferiti ad altri periodi inferiori ai 12 mesi, ma solo il limite massimo annuo di utilizzo, riferito ai rifiuti effettivamente avviati al recupero. In pratica, se un cementificio è ora autorizzato a bruciare 100 tonnellate di combustibile solido secondario in 12 mesi, potrà bruciarle in soli sei mesi o meno.

Secondo il Rapporto rifiuti speciali 2021 dell'Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale (Ispra), nel 2019 oltre 304.223 tonnellate di rifiuti provenienti dal circuito urbano sono state inviate ai cementifici per essere utilizzati all'interno del ciclo produttivo dell'energia. Ma, vista la norma, è facile che questa quantità venga ampiamente superata. Una operazione che, secondo la Società italiana di medicina ambientale (Sima), apporterebbe gravi pericoli alla salute umana per «le emissioni di CO2, ossidi di azoto, polveri sottili (questi ultimi fonte di danno polmonare e vascolare ma classificati anche come cancerogeni certi per l'uomo)». La Sima ha chiesto tre giorni fa al Governo di ritirare la misura, ma questo non è successo. E l'approvazione del Ddl alla Camera è stato accolto ieri da un coro di critiche e preoccupazioni.

Europa Verde ha definito la norma sulle cementerie «scandalosa»: «Era così difficile, anziché andare ad aggravare una crisi climatica che è anche sanitaria, prevedere investimenti e semplificazioni nel rilascio di autorizzazioni per l'installazione di energie rinnovabili?» ha chiesto l'onorevole Devis Dori a nome del gruppo.Tornando alla Valle dei Laghi, per mesi sono stati ventilati timori sulle emissioni di Italcementi a Sarche, con ripetute richieste alla Provincia perché l'impianto non venga trasformato in un inceneritore (o co-inceneritore).

Il direttore tecnico di Italcementi Agostino Rizzi aveva assicurato all'Adige, l'estate scorsa: «L'impianto utilizzerà fanghi biologici essiccati, per circa il 20% dell'apporto di calore necessario alla produzione di clinker, in sostituzione dei combustibili fossili tradizionali. Un quantitativo limitato già autorizzato tramite Autorizzazione integrata ambientale e utilizzato nel 2014 quando operava a ciclo completo. I fanghi biologici essiccati sono a tutti gli effetti una biomassa: il loro utilizzo consente un risparmio di emissioni di CO2. L'utilizzo di questo tipo di fanghi come combustibile permette di sostituire il "pet coke" e, inoltre, con essi non si producono ceneri. Come già avvenuto quando l'impianto operava a ciclo completo, l'utilizzo dei fanghi biologici essiccati avviene garantendo il controllo in continuo delle emissioni in atmosfera e non cambia le emissioni né qualitativamente né quantitativamente».

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