Abiente / Il caso

Sarche, la crisi energetica non rallenta l'avvio del cementificio: Italcementi-Heidelberg va avanti

Aumento della corrente e del carbone coke, nessun rallentamento, anche se non c’è ancora una data certa per la ripresa della produzione

di Giorgia Cardini

SARCHE. Marzo sta finendo e dalla piana di Sarche non arrivano "rumori" di ripartenza dell'impianto di Italcementi. Ma tutto procede come da cronoprogramma, secondo fonti del gruppo Italcementi-Heidelberg: si sta andando avanti con gli investimenti relativi all'adeguamento dei macchinari per la produzione del clinker e per l'adozione dei migliori sistemi di abbattimento e di monitoraggio in continuo delle emissioni.

La domanda rivolta all'azienda dall'Adige era se gli stratosferici aumenti dei prezzi delle materie prime e le incertezze dovute alla guerra in Ucraina stessero condizionando, ritardando o addirittura fermando (almeno temporaneamente) la riaccensione dei forni dello stabilimento industriale della Valle dei Laghi. Dubbio non peregrino, dato che il prezzo del carbone - per considerare solo un elemento primario in questo tipo di attività energivora - è salito da 50 dollari a tonnellata di un anno fa a oltre 250 dollari in questo mese. E che il coke (carbone ottenuto dal petrolio) è il combustibile attualmente più usato nei cementifici, anche se tutta la filiera cementizia sta provando da qualche tempo ad affrancarsene, ricorrendo di più ad altre fonti energetiche tra cui il Css (combustibile solido secondario derivante dai rifiuti), il cui impiego è autorizzato già da tempo.

La risposta al quesito posto è netta: Italcementi-Heidelberg finora non ha sospeso nessuna produzione né alcun turno nei suoi stabilimenti, a differenza di quanto accaduto in diverse acciaierie o cartiere italiane, e anche trentine; e il progetto di riavvio dell'impianto di Sarche va avanti così come è stato preventivato e autorizzato, anche se non è ancora stata fissata una data ufficiale di riaccensione dei forni.

Intanto, la questione ambientale su cui da mesi si sta battendo il Comitato SalviamolaValledeiLaghi, ottenendo appoggi politici trasversali e istituzionali, trasformati in garanzie di monitoraggio costante da parte della Provincia di Trento e dell'azienda, vede il consigliere provinciale del Movimento 5 Stelle, Alex Marini, proporre una nuova interrogazione. Marini chiede «quali siano le motivazioni che hanno portato a non procedere con una valutazione di incidenza ambientale al fine di individuare e valutare i principali effetti che la riaccensione dei forni dell'impianto per la produzione di cemento possono avere sulla zona speciale di conservazione (Zsc) del Lago di Toblino».

Il lago di Toblino è infatti una Zsc della Rete Natura 2000 vasta 170,5 ettari, ma tra il 2012 e il 2013 Appa, Servizio urbanistica, Servizio valorizzazione ambientale, Agenzia per la depurazione e altre strutture provinciali avevano escluso sia la valutazione d'impatto ambientale sia altri procedimenti di natura simile in relazione ai progetti presentati allora da Italcementi spa.

Marini fa presente però che la giurisprudenza dal 2017 in poi si è evoluta e che ora, «per vicende come quella relativa alla riapertura del cementificio di Sarche e i relativi effetti sulla limitrofa Zsc, l'orientamento giuridico consolidato porta a richiedere obbligatoriamente il rilascio della Valutazione di incidenza ambientale, la quale nel caso in questione non pare nemmeno essere stata presa in considerazione». E ciò nonostante il Consiglio di Stato - fa presente il consigliere - abbia ribadito nel 2021 come, a differenza della Valutazione di impatto ambientale, quella di incidenza «non possa essere conseguita ex post, sanando titoli e interventi considerati illegittimi

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