Rivincita sulla dislessia: Vittoria si laurea con 110 all'Università Cattolica

di Matteo Lunelli

La laurea non è un pezzo di carta. Ci mancherebbe.
E per Vittoria Stenico, venticinquenne di Trento, non lo è di certo. Quel 110 ottenuto lunedì ha tantissimi significati: riscatto, speranza, sacrificio.

Il raggiungere quell’obiettivo che pareva inarrivabile. Gli ostacoli li hanno avuti tutti, tutti li hanno affrontati, alcuni li hanno superati e altri si sono arresi. Ma lei ne aveva uno in più. La sigla è Dsa, sono i Disturbi specifici dell’apprendimento.
«Sono dislessica e discalculica, ovvero ho delle difficoltà nella lettura e nel fare i calcoli», ci spiega.
Proprio lunedì, nel giorno della laurea in Comunicazione d’impresa e marketing alla Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, l’ha raccontato a tutti. Ad amici, parenti e conoscenti, anche a chi non sapeva. L’ha scritto nella prefazione della tesi, ha letto la dedica ai parenti, collegati di questi tempi ovviamente via telefonino o computer, e ha condiviso il testo sulla propria pagina Facebook.

«Mi hanno consigliato di far avere quelle mie parole a quante più persona possibili, per raggiungere anche quelle che non ce la fanno, che hanno smesso di credere nelle loro possibilità, che si si sono arrese. Mi hanno detto di non essere egoista e l’ho fatto.
In poche ore mi hanno scritto in tantissimi, anche persone sconosciute. Così il mio difetto è diventato un pregio».

A leggere quelle parole tutto si potrebbe pensare tranne che la penna fosse in mano a una ragazza dislessica.
«Probabilmente quello che leggerete non sarà ben scritto, scorrevole e senza errori ma proprio questo significa essere affetti da Dsa. Io è tutta la vita che faccio fatica a leggere, quindi se per una volta anche voi fate fatica a leggere qualcosa di mio mi riempie solo di gioia perché finalmente potete capire quello che ogni giorno provo io», si legge nelle prime righe.

«Dici che quel testo è molto bello e ben scritto? Beh, mi fa piacere. In realtà risale a qualche tempo fa, quando in un momento di rabbia dopo essere stata trattata male in un ufficio universitario, proprio per il mio problema, mi sentivo diversa e sbagliata. E molto demoralizzata. Così ho scritto di getto e poi pensato di usare quel testo come dedica per la tesi. Una dedica unicamente a me e a quelle persone “diverse”, affette da quella strana “malattia”».

È facile immaginare che con quelle parole abbia fatto emozionare tante persone, in una giornata comunque unica come quella della laurea. Seppur ai tempi del Coronavirus.

«Ero tornata a Trento a metà febbraio con l’intenzione di fermarmi qualche giorno e poi tornare a Milano per finire la tesi. Invece c’è stato il lockdown e non sono più tornata. Questo fatto di stare in casa, però, è importante perché fa sentire chiunque utile per ottenere un risultato. Tornando alla laurea, ho discusso online lunedì, è stato strano, ma comunque bello. Ho scritto la tesi sulla “Generazione Z”, su come le aziende possano attrarre i talenti migliori. Tra l’altro si è rivelata di grande attualità, visto che i metodi e i mezzi di comunicazione dei giovani, in questi giorni sono diventati ?patrimonio? di tutti: fino a due mesi fa fare una videoconferenza, far recapitare un ordine a qualche amico, utilizzare le App, vendere e comprare online non erano azioni per tutti. Oggi lo sono diventate. Per il mio lavoro mi è stato utilissimo il tirocinio svolto agli Artigianelli, la mia ex scuola. A proposito: dopo le medie mi hanno consigliato una scuola superiore professionale, perché forse sarebbe stata più semplice per me. E alla fine mi sono laureata in una facoltà a metà tra Lettere ed Economia». Niente male. Decisamente niente male. «Durante la discussione ho commesso un paio di errori: ad esempio ho detto “lettura” invece di “letteratura” e “41%” invece di “14%”.
Errori tipici per chi è dislessico e discalculico. Io la diagnosi l’ho avuta in seconda media: già alle elementari, siccome facevo fatica a imparare le tabelline e a leggere, nonostante l’impegno, ero andata a fare una visita, ma mi dissero di un qualche tipo di problema, non dislessia.
Poi ho fatto altri test in seconda media e mi hanno diagnosticato i Dsa.
Con i giusti strumenti si riesce a studiare, anche se leggere e ricordare quanto scritto è più difficile. Ammetto di aver sempre sognato di vivere in un mondo senza punteggiatura. Devo ringraziare i miei genitori che mi hanno sempre seguita e, soprattutto, non hanno fatto confronti con mio fratello, che è il classico più bravo della classe».

Come accennato, la voglia di fare “outing” di Vittoria Stenico, ha un obiettivo altruista: dimostrare a tutte le persone che convivono con queste caratteristiche che ce la si può fare. Con impegno e con fatica, sopportando giudizi e stroncature, ma alla fine il 110 può arrivare. E la lode ci permettiamo di dargliela noi, per quella lunga e commovente dedica sulla tesi.

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