Nella cava di Sardagna i rifiuti non si spostano

«È da tre anni che chiediamo chiarimenti, informazioni, certezze all'amministrazione pubblica. Ora finalmente qualcosa si muove». Fausto Gardumi (Acli Trentine) a Sardagna si sfoga. L'occasione è data da una serata di approfondimento promossa mercoledì scorso dal locale circolo Acli, di cui Gardumi è presidente. «L'abbiamo proposta noi, privatamente. Da troppo tempo attendiamo che l'ente pubblico ci dia notizie sul destino della cava di Sardagna (la cava balzata agli onori della cronaca per l'indagine del Corpo forestale dello Stato sul traffico di rifiuti non conformi)»

di Andrea Tomasi

«È da tre anni che chiediamo chiarimenti, informazioni, certezze all'amministrazione pubblica. Ora finalmente qualcosa si muove». Fausto Gardumi (Acli Trentine) a Sardagna si sfoga. L'occasione è data da una serata di approfondimento promossa mercoledì scorso dal locale circolo Acli, di cui Gardumi è presidente. «L'abbiamo proposta noi, privatamente. Da troppo tempo attendiamo che l'ente pubblico ci dia notizie sul destino della cava di Sardagna (la cava balzata agli onori della cronaca per l'indagine del Corpo forestale dello Stato sul traffico di rifiuti non conformi)».
È del 14 marzo scorso la notizia della condanna in appello di Simone Gosetti, ex amministratore della Ripristini Valsugana ed ex presidente di Sativa spa: una condanna per traffico illecito di rifiuti anche in relazione al sito di Sardagna (in primo grado, invece, l'accusa più pesante era caduta e a carico dell'imputato erano rimaste solo le contravvenzioni per avere conferito nella discarica Sativa rifiuti non ammessi). L'amministrazione comunale - è stato annunciato dal presidente della Cicroscrizione Mirko Demozzi, assieme all'assessore all'ambiente Michelangelo Marchesi - per fine maggio organizzerà un incontro pubblico con i tecnici.
Intanto cosa si sa? Si sa che i consulenti Sanna e Carocci a cui, nel 2010, si era affidato il giudice per l'udienza preliminare Carlo Ancona, avevano scritto che «sul fondo della cava non sono state realizzate né opere di impermeabilizzazione né opere destinate all'intercettazione e all'allontanamento delle acque provenienti dalle pareti e dal fronte di cava e di quelle che insistono sulla sua superficie, né del percolato che eventualmente si forma, né sono stati realizzati pozzi per il controllo della qualità delle acque sotterranee, come previsto dalla normativa in materia». Solo due anni prima, la Sativa - la società, estranea all'inchiesta, che ha in concessione la cava - aveva ottenuto dal Comune di Trento l'ampliamento dei volumi di inerti scaricabili, passati da 920 mila a un milione e 220 mila metri cubi. Nella relazione commissionata all'Ispra dal ministero dell'Ambiente sono state indicate due soluzioni possibili: la prima è il ripristino diretto con la rimozione dell'intero volume dei rifiuti presenti nella discarica, come a Monte Zaccon (Marter di Roncegno Valsugana, ndr); la seconda è la messa in sicurezza permanente del sito «che lasci i rifiuti in posto realizzando le necessarie opere per la gestione in sicurezza, mediante la realizzazione di opere per la captazione del percolato e del gas e la copertura dei rifiuti. In questo caso si tratta di un ripristino parziale, che trasforma di fatto l'ex discarica di inerti in una discarica per rifiuti pericolosi (…)». E il Comune cosa fa? In forza di un articolo inserito nel Testo unico provinciale in materia di ambiente (Tulp), che permette l'abbancamento delle sostanze, ha stabilito di regolarizzare in assenza di ripristino. Si tratta di una modifica normativa denunciata lo scorso anno dall'avvocato Mario Giuliano. Insomma i rifiuti rimangono. L'area interessata alle analisi ha un'estensione di 250 metri quadrati. Si tratta della zona dove sono stati «verificati superamenti dei valori di riferimento nelle analisi sul tal quale e/o negli eluati dei test di cessione, prendendo in considerazione i campioni prelevati dall'intera area di discarica; si tratta quindi di piombo, cromo totale, antimonio, rame, fluoruri, molibdeno e solfati (dalla determinazione del Servizio ambiente del Comune, ndr)».
Aspettando di sapere se quell'area sarà destinata - come era stato detto - almeno in parte a parco pubblico, il Servizio ambiente ha previsto uno studio d'impatto della discarica sulle matrici ambientali, «in relazione alla presenza di materiale non conforme, con monitoraggi sullo scarico della roggia di Sardagna e presso i recettori, la popolazione dell'abitato di Sardagna, dei contaminanti rame e cromo aerodispersi e se dovessero essere misurati valori maggiori rispetto a quelli calcolati, aggiornare I'analisi di rischio». Si nota che l'agenzia che ha svolto la valutazione del rischio sul materiale non conforme conferito in discarica «per valutare gli impatti dei rifiuti non conformi a tutela del territorio, della salute pubblica e delle matrici ambientali connesse alla discarica (leggiamo dalla determinazione del 29 agosto scorso, ndr)» è stata incaricata dalla società Sativa. È quindi arrivato il via libera della Provincia. Le sostanze depositate negli anni restano là dove sono.

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