Marangoni Meccanica, parte la liquidazione giudiziaria: è la fine di un'era
Dichiarata chiusa la procedura di concordato preventivo senza alcuna offerta da parte di nuovi acquirenti, la stessa azienda ha chiesto di attivare le modalità per il fallimento. Cinquanta lavoratori senza paga
ROVERETO. È finita un'era: la Marangoni Meccanica è sulla via del tramonto, del fallimento. Con l'apertura della procedura di liquidazione giudiziale il destino è segnato, per sempre. Un destino amaro per l'azienda roveretana, per decenni fiore all'occhiello a livello mondiale nella produzione di macchinari destinati alla produzione di grandi pneumatici; un futuro immediato nerissimo per la cinquantina di dipendenti che si ritroveranno senza stipendio e senza ammortizzatori sociali.
Eppure fino a qualche mese fa, in presenza di una crisi che con il passare del tempo si dimostrava sempre più pesante, non erano mancati i tentativi, attraverso il concordato preventivo, per trovare nuovi imprenditori disponibili a subentrare all'attuale proprietà.
Tentativi caduti nel vuoto visto che al commissario giudiziale non è pervenuta alcuna offerta: nessuno, infatti, si è detto disponibile a sborsare 5,5 milioni di euro per l'acquisto dell'immobile di via Fermi. E ora la parola, dopo il deposito in tribunale dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali nonché l'elenco dei creditori, passa al giudice delegato Michele Cuccaro che ha già fissato per il 15 gennaio del prossimo anno l'adunanza per l'esame dello stato passivo.
«Purtroppo siamo arrivati a questa situazione davvero preoccupante. Parlare di liquidazione giudiziale corrisponde alla versione politicamente corretta (dopo l'adozione nel luglio scorso del codice della crisi d'impresa ndr) per dire fallimento, inutile girarci attorno. E le conseguenze per i lavoratori, già in numero ridotto e in cassa integrazione, saranno pesanti» conferma amaramente Manuela Terragnolo, funzionaria della Fiom Cgil Trentino.
Alla fine dello scorso anno la proprietà della Marangoni Meccanica (La Finanziaria Trentina insieme ad un investitore finanziario altoatesino e con una piccola quota in mano al management) aveva chiesto al tribunale la procedura concordataria in continuità aziendale. Ottenuta l'ammissione era stato presentato un primo piano e quindi la proprietà stessa si era impegnata a presentare un ulteriore piano più solido.
Senonché durante l'estate non si sono verificate le condizioni che erano attese a causa di ulteriori problemi con i clienti tanto che i vertici di Marangoni Meccanica, considerato che non c'erano le condizioni per proseguire, ha chiesto (al pari di Daema Automations srl, azienda bresciana leader nel campo dell'automazione industriale) di avviare la procedura per la liquidazione giudiziale, ovvero per il fallimento.
E se per la Marangoni Meccanica la prospettiva è la chiusura definitiva, "con il nuovo codice per la crisi si presenta un ulteriore grave problema - aggiunge Terragnolo - visto che i lavoratori si sono trovati sospesi. Noi avevamo attivato la cassa integrazione per 12 mesi come periodo di accompagnamento della procedura di mobilità fatta all'inizio del 2025 anche per dare un polmone all'azienda in una fase di calo produttivo. La procedura concordataria si è interrotta con il passaggio al fallimento e i lavoratori rimangono così senza retribuzione e senza contribuzione in attesa delle decisioni del curatore assieme al comitato dei creditori che potrebbe decidere per il licenziamento collettivo, tutti o parte dei lavoratori".
"Questo licenziamento è retroattivo e decorrerebbe comunque dal 24 settembre (data di apertura della liquidazione giudiziale ndr), ma è chiaro che da questo momento i lavoratori non prendono la paga (nemmeno quella di settembre ndr) e non possono contare su alcuna forma di sussidio: sono sospesi. Il lavoratore ha diritto di dare le dimissioni per giusta causa con diritto a percepire la disoccupazione, al pari del licenziamento, dal 24 settembre. In linea teorica non si può escludere che arrivi qualcuno a rilevare l'attività, ma era sicuramente più probabile all'interno del concordato. Il rischio - nell'analisi della sindacalista della Fiom Cgil - è che adesso arrivi qualcuno che a prendersi i pezzi: chi il marchio, chi i brevetti, chi l'immobile e il terreno circostante".
Una perdita importante grave, la chiusura dello stabilimento, per il tessuto economico del territorio e per il know how che ha la Marangoni Meccanica: «Abbiamo sperato fino all'ultimo, ma ora tutto diventa più difficile. Alcuni anni fa in una fase di forte espansione si era arrivati a 120 dipendenti scesi sotto i 50 già dopo la mobilità. Adesso i lavoratori vanno seguiti per certificare il loro credito entro metà dicembre e quindi accompagnarli nelle fasi successive che possono riguardare il licenziamento collettivo, le dimissioni per giusta causa e quindi la ricerca di una collocazione alternativa. L'ultima chance, e questo lo abbiamo chiesto alla gestione uscente, è quella di ricontattare tutti i possibili acquirenti... Speravamo che con la procedura di mobilità che ha portato a 20 licenziamenti e la cassa integrazione straordinaria fosse un'opportunità perché l'azienda potesse sopravvivere. È da anni che non vedevamo una crisi così dal forte impatto sociale e speravamo di non vederne altre: invece siamo ancora qua...» è l'amara conclusione di Manuela Terragnolo.