Scuola / Assistenza

Una bambola per aiutare i malati: la “Doll Therapy” insegnata al tirocinio  degli studenti del Don Milani

Con questa terapia, spiegano gli esperti, la persona con demenza fa un'esperienza di senso in cui è attivamente coinvolta nell'attribuzione di significato alla realtà. È il soggetto, infatti, ad attribuire alla bambola la valenza di un bambino e a decidere se accudirlo o meno in continuità con i propri modelli operativi interni

ROVERETO. A giorni gli studenti del quinto anno dell'indirizzo professionale servizi per la sanità e l'assistenza sociale del Don Milani inizieranno un periodo di tre settimane di stage nelle Rsa del territorio. In preparazione all'esperienza di tirocinio ieri alcune classi hanno potuto sperimentare un metodo innovativo per il territorio trentino: la «Doll Therapy». Grazie a un corso intensivo di un'intera giornata condotto dalla psicoterapeuta Caterina Pacenza, formatrice specializzata in psicogeriatria, gli studenti hanno potuto aderire al progetto-pilota.

«L'obiettivo è quello di fornire agli studenti uno strumento operativo concreto che permetta di relazionarsi con gli utenti delle Rsa anche attraverso l'ausilio della bambola. - spiega la prof Karin Modesti - Con la consapevolezza che si tratta di un metodo integrativo e non alternativo. È uno strumento di riabilitazione in grado di aiutare a ridurre e compensare le compromissioni funzionali degenerative. Allo stesso tempo, permette di relazionarsi agli utenti con un approccio altamente empatizzante».

La «Gully», realizzata da un'azienda di Pistoia e utilizzata durante il corso di formazione, è l'unica bambola ad aver ottenuto il riconoscimento di dispositivo medico dal ministero della Salute nel 2017. La proposta formativa realizzata al Don Milani ha preso le mosse dall'associazione «A piccoli passi» di Siena, presieduta da Luca Ciani, che intende diffondere agli istituti professionali per la sanità e l'assistenza sociale in tutta Italia la conoscenza e l'implementazione di terapie non farmacologiche destinate alle persone anziane affette da demenza o Alzheimer.

«Gli esperti psicologi sul territorio nazionale abilitati all'insegnamento di questo approccio riabilitativo complementare sono pochi e al momento non presenti sul territorio trentino. - aggiunge la dirigente Maria Teresa Dosso - Con questa proposta formativa abbiamo voluto offrire ai ragazzi un'esperienza estremamente utile, sia in preparazione agli stage nelle Rsa sia per il futuro professionale dei nostri allievi. Il corso infatti si è svolto in maniera identica a quello proposto agli operatori di Rsa che già lavorano con i malati di Alzheimer. Oltre a conoscere le possibilità della Doll Therapy e dell'approccio non farmacologico, i nostri ragazzi hanno potuto ottenere un attestato formativo già spendibile che certamente sarà per loro utile nel contesto professionale».

Con la «Doll Therapy», spiegano gli esperti, la persona con demenza fa un'esperienza di senso in cui è attivamente coinvolta nell'attribuzione di significato alla realtà. È il soggetto, infatti, ad attribuire alla bambola la valenza di un bambino e a decidere se accudirlo o meno in continuità con i propri modelli operativi interni. Un approccio terapeutico ideato verso la fine degli anni Novanta dalla psicoterapeuta svedese Britt Marie Egidius Jakobsson per aiutare il figlio affetto da autismo e da allora sempre più diffuso.

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