Opere pubbliche / Il tema

«Ciclovia del Garda, lo studio geologico della Provincia non convince: rischio residuo non calcolato bene»

Le critiche dell'esperto Agostino Pasquali Coluzzi, che è intervenuto a un dibattito a Riva: oltre agli aspetti paesaggistici, si esamina la questione sicurezza sulla pista a sbalzo, sotto le pareti verticali di roccia della sponda occidentale del lago

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ALTO GARDA. «Per la Ciclovia del Garda lo studio geologico della Provincia di Trento non convince. È incompleto, ci sono aree non investigate, il rischio residuo non è calcolato in maniera corretta», la voce pacata ma salda è quella di Agostino Pasquali Coluzzi, geologo, che ha smontato mertedì mattina, all'incontro dibattito sulla Ciclovia all'auditorium delle scuole medie Sighele di Riva, la relazione geologica su cui si basano i progetti trentini di pista ciclabile a sbalzo sotto le pareti verticali di roccia della sponda occidentale del Garda.

Pasquali Coluzzi ha spiegato che tutta la sponda gardesana occidentale da Riva fino a Gargnano è classificata P4, a massimo rischio, e sulla quale nulla si può costruire.

Per essere chiaro ha citato un esempio eclatante, il «disastro turistico, economico, urbanistico e ambientale di Campione sul Garda (Tremosine)», dove malgrado tutto, nel 2008 si è voluto costruire in zona P4, sotto un faraglione che poi è crollato il 19 novembre 2014 distruggendo con i suoi 15 mila metri cubi di roccia il parcheggio interrato appena costruito, la strada e altre strutture, lasciando a perenne memoria cosa può creare l' ottusità ingorda dell'uomo. Non ci furono morti o feriti perché non era stagione turistica.

Imbarazzante quindi il confronto con il passo della relazione geologica trentina, citato da Agostino Pasquali Coluzzi, in cui si simula la resistenza di reti protettive o ciclovie alla caduta di un masso da 1 metro cubo o da 5 metri cubi. La frana della Forra del 16 dicembre 2023 per dire ha trascinato a valle una fetta di roccia di 8.500 metri cubi. Del resto, alla conferenza proposta dal Coordinamento interregionale per la tutela del Garda, partecipata una novantina di persone (relatori anche Paolo Ciresa, Marina Bonometti, Alberta Cazzani, Wolfgang von Kiebelsberg), il geologo bresciano ha esordito ponendo una domanda al pubblico: «Si fa uno studio per conoscere oppure per sostenere quello che si vuole dimostrare?», la seconda che ha proposto è emersa come la risposta corretta.

«Se dal punto di vista tecnico non ho nulla da dire sul lavoro che è stato svolto nello studio geologico della Provincia di Trento - ha detto Pasquali Coluzzi - il problema è l'oggetto dell'incarico e l'uso che se ne fa. La relazione geologica per la Ciclovia può essere usata solo per uno studio di fattibilità: il livello di approfondimento non è sufficiente né adeguato per un progetto definitivo, esecutivo o appaltabile. Sono rilievi fatti non da me ma dallo stesso servizio Geologico trentino. Tutta l'area è classificata in zona P4».

Diversi i fattori critici della relazione. «Ci sono aree che non sono state adeguatamente investigate. Quando si dice: "La finalità dello studio rimane quindi interamente rivolta a individuare la migliore scelta di indirizzo progettuale maggiormente sostenibile e compatibile con l'aspettativa di rischio attesa e residuo", significa: "Io ho scritto quello che ho visto, però vedete voi cosa farne perché io non mi assumo la responsabilità"».

Inoltre il cosiddetto "rischio residuo" per Pasquali Coluzzi, «non è stato elaborato in maniera corretta; il problema è che il rischio residuo è stato calcolato sugli eventi (frane ndr) avvenuti in questi anni sulla strada statale ma questa è per il 50% in galleria ed è coperta nei punti più pericolosi. Quindi tutto quello che cade dove ci sono le gallerie cade nel lago e non viene registrato. Prima ho bevuto un caffè a Campione - ha riferito - il mio amico barista che fa il pescatore mi diceva che va a pescare sotto le falesie e ogni poco cade qualcosa. C'è qualcuno che registra questo? No. Per cui cadrà sulla ciclabile».

Manca poi un sistema di allarme: «Non c'è chi deve decidere cosa fare quando una rete di monitoraggio lancia l'allarme per la caduta di un sasso. Che succede quando arriva un allarme via radio? A chi arriva? Vigili urbani, protezione civile, Comune, Provincia, Ispra? Chi si assume la responsabilità di avere una centrale di controllo che ogni paio di giorni lancia un allarme? Ha l'autorità di chiudere la passerella immediatamente? Per mandare un tecnico a verificare? Non lo sappiamo, non c'è nulla, non è previsto niente. Ma questo è fondamentale».

Infine Pasquali Coluzzi ha citato Mauro Zambotto, dirigente del servizio Geologico della Provincia: Zambotto spiega come eventuali nuove costruzioni in zona P4 (la Ciclovia) devono «comportare in ogni caso la tutela dell'incolumità delle persone», quindi il rischio deve essere zero.

La «mitigazione del rischio» che può valere solo per opere esistenti come Ponale o Gardesana non vale per nuove strutture, «pertanto non è condivisibile l'affermazione del consulente geologo quando utilizza il termine "mitigazione del rischio"; questo è «legalmente impossibile», ha concluso Pasquali Coluzzi citando Zambotto.

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