Marcia delle carrozzine e Acli Sì al trasloco Anffas ad Arco

In prima fila a promuovere l’atteso trasloco della comunità Anffas da Concei ad Arco c’è l’associazione «Marcia delle carrozzine», della quale fanno parte anche alcuni familiari degli utenti ora ospitati in val di Ledro e che dovrebbero a breve trovare nuova sistemazione all’ex Armanni.

Un trasloco che fa discutere, anche per l’importanza che riveste quell’edificio e tutto il compendio per la città e per i suoi progetti di rilancio. Ma da parte di Anffas, Acli e appunto «Marcia delle carrozzine» non c’è alcun dubbio sulla bontà dell’operazione. Con una replica secca a chi considera il progetto troppo costoso.

«Il trasloco all’ex Armanni - scrive il sodalizio - finalmente porterebbe ad una soluzione il problema delle 10 persone disabili dell’Alto Garda che da 12 anni risiedono in una struttura inadeguata a Locca di Concei per indisponibilità di altre sedi nella Busa.

Una soluzione che è stata trovata dopo che altre ipotesi in questi 12 anni sono naufragate, non ultima e, per fortuna, quella di collaborazione con la Fondazione Comunità di Arco che avrebbe visto la spaccatura del gruppo-famiglia di Locca, accogliendo per il periodo notturno 4 ragazzi disabili su carrozzina e lasciando a Locca gli altri sei. Inoltre con tale progetto rimaneva inalterato il costo del trasporto a carico della Provincia (60.000 euro l’anno) come pure risultava costosa la gestione congiunta tra Anffas e Fondazione per i quattro in carrozzina. Questa ipotesi è stata poi bloccata dalla Provincia».

Secondo l’associazione è sì imporante «essere accuditi, ma con uno “stile” diverso dalle case di riposo che lavorano sui grandi numeri con una popolazione di “vecchi”. I portatori di handicap sono persone limitate dal punto di vista motorio o sensoriale o intellettivo, ma spesso sane e “brillanti “ a livello cognitivo».

Tra quanti hanno espresso contrarietà all’ipotesi ex Armanni c’è l’ex presidente della Comunità di valle Salvador Valandro, al quale l’associazione si rivolge: «Valandro sembra preoccuparsi del fatto che nell’ascensore dell’ ex-Armanni non entrino le barelle, ma quando mai quest’aspetto può costituire un problema? Forse ha scambiato la sede di una Comunità di disabili con un ospedale? Non dovrebbe preoccuparsi neanche dell’aspetto mensa giacché i pasti sono facilmente trasportabili dalla vicina Fondazione e poi non è detto che il progetto Anffas all’ex-Armanni non preveda una cucina: si tratta del resto di cucinare per 10 persone, tutto sommato una grande famiglia!

Quello che disturba è l’aspetto ragionieristico: risparmiare prima di tutto. La ristrutturazione per ricavare la sede della Comunità dovrebbe costare 300 mila euro, anche se lievitasse fino a 400 mila, sarebbe poi il prezzo di un appartamento. E l’esborso pubblico, a quanto pare, è quasi trascurabile (se si considera il risparmio dei 60 mila euro annui del trasporto, spesi finora). Niente a che vedere con il vergognoso finanziamento di un milione e 200 mila euro assegnato dalla Provincia per la sede internazionale di “Via Pacis” la cui pubblica utilità è davvero discutibile».

L’associazione conclude poi sui tempi: «Definire scelta affretata questa, che giunge dopo 12 anni, è ridicolo».

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Sul tema, che sta surriscaldando gli animi di chi segue il «sociale» in Busa, interviene anche l’Acli di Arco.
«Era da anni che si attendeva un segno concreto che potesse far prospettare il trasferimento delle persone disabili ora occupanti la casa di Locca di Concei in un contesto locale - scrive per il circolo Patrizia Rosaria Rosà - finalmente la Provincia ha concesso l’uso finalizzato ad accogliere questi ospiti di due piani dell’ex ospedale Armanni di Arco.

Tra poco dovrebbero iniziare i lavori quantificati in circa 300.000 euro e ammortizzabili in poco più di cinque anni in quanto ora il costo per il trasferimento di andata e ritorno giornaliero da Arco a Concei si aggira circa in 60.000 euro.
Non possiamo che essere contenti di aver vinto questa piccola battaglia di civiltà che rappresenta però tanto per queste persone in termini di inclusione sociale e vicinanza ai loro affetti e famiglie.

Non siamo però per nulla d’accordo con chi sulle pagine dei quotidiani locali hanno espresso la sua contrarietà alla scelta individuata proponendo coma soluzione la casa di riposo.
Abitare non è solo una questione di muri ma di relazioni che si instaurano e il valore aggiunto è proprio dato dalle forme di mutuo aiuto tra i soggetti conviventi.

Stiamo parlando di persone che pur nella loro disabilità vogliono essere padroni del proprio abitare, rivendicano una casa normale e la situazione di condivisione garantisce loro inclusione sociale e protezione. Sicuramente anche Salvador Valandro, sostenitore della soluzione Fondazione, preferirebbe vivere in centro, in un bel palazzo vicino ai servizi e fruire delle prestazioni offerte dalla casa di riposo solo a necessità in un lontano futuro domani.

I bisogni degli ospiti di Locca non sono spesso paragonabili a quelli della casa di riposo. Per questo è giusto dare le giuste risposte a queste persone più deboli non solo basandoci su criteri di opportunità o di razionalizzazione dei costi. Il livello di civiltà della nostra società di basa sul grado di intervento puntuale e mirato che riusciamo ad offrire a chi non ha voce ma a cui dobbiamo garantire dignità».

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