È la pasta tipica del Garda? No, e costa 14 euro al chilo

di Davide Pivetti

«Spumoni», «trofiette», «pici», ma anche «eliche», «casarecce» e addirittura la «monezzaglia» e le «minchiette», solitamente sconosciute a queste latitudini.
Tutto questo e molto altro si trova in vendita in diversi negozi della Busa (alcuni anche in centro storico a Riva) che negli ultimi anni si sono specializzati in una forma di commercio a metà tra l'alimentare e il souvenir turistico.
Tutto lecito, legale e comprensibile, tutto alla luce del sole (nel senso più reale del termine visto che i prodotti sono esposti spesso all'esterno dei negozi sulle vie di maggior transito) ma anche qualche stravaganza e forse - ci sia concesso - un po' di furbizia. Probabilmente non da parte dei singoli negozianti, costretti a misurarsi con il mercato e con i margini di ricavo, ma piuttosto da chi ha ideato e distribuito a livello nazionale o almeno in buona parte d'Italia una linea di prodotti che con ogni probabilità viene "personalizzata" in base al luogo di vendita, privilegiando giocoforza le località turistiche, soprattutto se frequentate dai turisti stranieri.
A balzare immediatamente all'occhio è l'utilizzo massiccio dell'immagine del Garda. Il lago compare ovunque. A volte accompagnato da indicazioni come «La dispensa del Garda», oppure «Ricordo del Garda», o più semplicemente con scritte tipo «Lago di Garda» o addirittura «Riva del Garda». In alto c'è la rassicurante indicazione «Cucina tipica italiana», che già allarga il campo. Il problema è che di tutti questi articoli alimentari che promettono di rinfrescare il ricordo del lago una volta a casa, non ce n'è uno prodotto realmente in zona. 
Qualche esempio. Il limoncino sul quale campeggia l'indicazione «Riva del Garda» arriva dalla bassa veronese che peraltro non è celebrata per i suoi limoni. Ma questo è niente. La pasta «Dispensa del Garda», a guardar l'etichetta sul fondo, è prodotta ad Arezzo. Le «Minchiette» con l'immagine del lago e la «Monezzaglia» arrivano dalla zona di Alba, in provincia di Cuneo, così come molte altre confezioni ammiccanti il Grande lago che sembrano avere il medesimo produttore piemontese.
Difficile poi capire perché una confezione di pasta variopinta dovrebbe essere indicativa di una cucina italiana che non colora quasi mai la pasta. Ma è evidente che i colori piacciono ai turisti.
Qualcosa di «nostro» per fortuna si trova. Sui banchi compare ad esempio la pasta «Felicetti», che è trentina, ma anche piccoli fiaschetti di limoncino che è la cantina «Torboli» di Tenno a produrre. 
Il primato dell'originalità però va alle «Farfalle fantasia». Non solo per i colori improponibili, ma anche per il prezzo. Una confezione da 250 grammi costa 3,5 euro. Sono 14 euro per un chilo di pasta strana. Quanti turisti avranno fatto bene il conto?
 

comments powered by Disqus