Giustizia / Il fatto

Suore vittime di una telefonata-truffa: la responsabile di un convento contattata dalla finta responsabile della banca

Alla religiosa è stato spiegato che per un errore era stato versato sul loro conto il denaro destinato ad un’altra persona e che era necessario fare un bonifico di 3.500 euro. I soldi sono stati inviati su una carta prepagata intestata ad un uomo dopo l’ok arrivato via telefono da una sedicente consorella. A processo un quarantenne siciliano

di Marica Viganò

TRENTO. «Mi ha telefonato una certa Margherita, dicendo di essere la responsabile della banca». È iniziato così il racconto della suora - quasi ottantenne, sempre lucidissima - responsabile di un convento in Valsugana, vittima suo malgrado di una truffa. La religiosa è stata sentita in aula come testimone, nel processo a carico di Corrado Rizza, 40enne siciliano, detenuto in carcere per altra causa e finito a processo in tribunale a Trento per il reato di truffa. Come ricostruito, era sua la carta prepagata Postepay sulla quale nel 2019 sono transitati i soldi delle suore.

L'uomo aveva agito con l'aiuto di uno o più complici, non identificati. Fra questi c'è la donna che si era presentata al telefono come la responsabile della banca, spiegando che dai 17.500 euro che erano sul conto per la tinteggiatura del convento ne andavano detratti 3.500, perché erroneamente versati. Secondo la sedicente bancaria, era necessario effettuare un versamento a favore della persona a cui spettava il denaro.

«Non posso effettuare pagamenti se non ho l'autorizzazione della casa generalizia di Milano - ha spiegato la suora al giudice Massimo Rigon - Per questo motivo ho detto a questa donna che in giornata sicuramente non avrei potuto fare il versamento e che era necessario attendere il giorno seguente». La vicenda è stata per intero ripercorsa in aula. Dopo la telefonata della (finta) responsabile della filiale locale della banca, alla suora è arrivata un'altra chiamata, fatta - come si è poi scoperto - da un'altra complice del truffatore: era la sedicente segretaria dell'economato della casa generalizia, che sosteneva di aver appreso del disguido sul conto corrente delle suore trentine e che dava il via libera al pagamento. La suora si era dunque recata alla posta di Pergine («L'unico sportello che quel pomeriggio era aperto» ha ricordato la vittima) per versare i 3.500 euro su una Postepay.

La carta prepagata, come la polizia locale di Borgo Valsugana aveva accertato, era intestata a Corrado Rizza, ora imputato e difeso dall'avvocato Paolo Dal Rì. In aula è stato sentito anche il responsabile degli agenti che si sono occupati dell'indagine e che sono risaliti al numero di telefono da cui parlava la sedicente responsabile della banca, Margherita: l'utenza risulta intestata ad un cittadino senegalese residente a Torino, un probabile prestanome. La donna della telefonata è rimasta ignota, ma la procura ha indagato il titolare della carta prepagata. L'imputato, secondo una tecnica ben collaudata, risulta aver ritirato il denaro in contanti pochi minuti dopo aver ricevuto il bonifico delle suore trentine.

Rimane un dubbio, che gli investigatori non sono riusciti a sciogliere: come facevano i truffatori a sapere dei lavori di tinteggiatura effettuati in convento e dell'importo relativo di 17.500 euro? L'udienza è stata rinviata a febbraio per la discussione.

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