Montagna / Giovani

L’estate in malga di Annalisa e Giorgia: dai ritmi dell’alpeggio all’amore per gli animali

Le due ragazze sono a malga Pontevecchio con 71 vacche degli allevatori locali, un lavoro faticoso fatto però con tanta passione. Annalisa: «Un’esperienza da fare almeno una volta nella vita». Giorgia: «Il telefono lo usiamo poco, qui siamo sconnessi»

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di Andrea Orsolin

PEIO. Sveglia alle 6 di mattina, latte caricato sul camion destinato al caseificio, poi pulizia della cisterna, preparazione della sala e l’inizio della mungitura. E poi via sui verdi prati di Val de la Mare, con 71 vacche che pascolano libere cibandosi di erba e fiori di alta quota. Quella dell’alpeggio non è solo una tradizione che nell’arco alpino si tramanda da secoli, bensì pure una pratica che giova al benessere delle bestie (e del latte che arriva ogni giorno sulle tavole di tutti i trentini). Fare l’allevatore non è un lavoro per tutti: o hai una grande passione, oppure non lo fai.

Non ci sono giorni in cui è possibile fermarsi, dato che le vacche fanno latte anche a Natale, capodanno, Pasqua e via dicendo. Giorgia Orlandi, 21 anni, e Annalisa Comini, 26, ma pure tanti altri giovani delle vallate trentine, passeranno un’estate diversa dai loro coetanei: l'amore per la montagna e gli animali come unici compagni per l'estate. Una stagione di lavoro in Val di Peio, a malga Pontevecchio, alla ricerca di un’esperienza autentica, di un contatto con la natura e di una crescita personale lontano dalla folla.

«Ho sempre avuto la passione per gli animali, così quando mi hanno chiamata quassù non ci ho messo tanto a dire di sì» racconta Annalisa, di Cogolo, mentre accarezza il suo cane. «Per fare questo lavoro serve tanta passione: per chi ha la passione per la natura e gli animali, consiglio di fare questa esperienza almeno una volta nella vita. È faticoso, certo, soprattutto per me che non ho tanta esperienza. Non è semplice radunare e tenere insieme gli animali, ma questa esperienza ti regala sempre emozioni nuove. La mia speranza? Migliorare le competenze che possiedo e acquisirne di nuove».

Sul mezzogiorno è tempo di una pausa anche per le malgare. Si mangia, ci si ferma un momento. Poi, al pomeriggio, si riparte e si lavora (con la mungitura serale, la seconda e ultima del giorno) fino al momento della cena. Qualche chiacchiera per parlare di come è andata la giornata e poi è l’ora del riposo. Uno schema che si ripete, giorno dopo giorno, fino a metà settembre quando gli animali vengono riportati a valle. Sullo sfondo la natura, i pascoli. La vita vera, verrebbe da dire, condita dalla solitudine.

«Stare da soli significa imparare a stare con te stessa, tirare fuori i tuoi pensieri e alla fine giocare con loro - sottolinea Giorgia Orlandi, originaria dell’appennino modenese - Ti ritrovi in un ambiente grande che a un certo punto, quando lo conosci, diventa piccolo. Questa esperienza è una crescita personale, devi imparare ad andare d’accordo con chi lavora insieme a te e con gli animali: le vacche sono esseri sensibili, se sei bravo a capirle, fai meno fatica a recuperarle e spostarle e il lavoro diventa più semplice».

Ai 1750 metri di altitudine di Malga Pontevecchio la tecnologia assume un ruolo marginale. «In questi mesi siamo prevalentemente sconnessi - spiega Giorgia - Il telefono è qualcosa che ti porta in un’altra realtà, qui invece sei costretta a vivere il presente, il che è positivo: occorre pensare a ciò che si fa, essere concentrate». Con Annalisa e Giorgia c’è Paolo Cazzuffi, il presidente della Società agricola Pontevecchio e Palù che porta in quota le 71 vacche, di proprietà degli allevatori di Cogolo (e pure qualcuna di quelli di Peio).

«Per fare il malgaro devi avere una passione enorme - spiega Cazzuffi - fare l’allevatore è un sacrificio che dura per 365 giorni all’anno, mattina, pomeriggio, sera. Ma è un sacrificio che si fa volentieri». Non può mancare la domanda sul grande spauracchio che vive da queste parti. «L’orso? Fino ad ora non lo abbiamo mai incontrato, quindi non ci ha mai dato problemi».

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