Coredo, profughi

L’accoglienza dei profughi e dei richiedenti asilo nelle piccole comunità locali può funzionare se viene attivata una rete di solidarietà e di responsabilità condivisa tra i vari attori del tessuto sociale, quali la cittadinanza, le istituzioni, gli enti e le associazioni di volontariato. È il messaggio che è emerso da un incontro pubblico sul tema organizzato dalle parrocchie dell’altopiano della Predaia, nel quale sono intervenuti il direttore della Caritas Diocesana Roberto Calzà e il direttore della Fondazione Comunità Solidale Cristian Gatti. Scopo della riunione, come ha specificato il sacerdote di Coredo don Franco Torresani, informare la popolazione a proposito di una questione delicata su cui c’è molta disinformazione. 

A questo proposito, il direttore della Caritas ha inquadrato a livello generale la natura del fenomeno delle migrazioni, che ha radici molto profonde. Secondo i dati dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, nel 2014 sono state costrette a migrare 60 milioni di persone, soprattutto da quei Paesi in cui infuriano i conflitti e da situazioni di povertà estrema (Africa, Siria ed Afghanistan).

Nei primi nove mesi di quest’anno in Italia sono arrivate via mare 121.500 persone: di queste, il 64% sono africane, il 90% uomini e solo il 6% ha ottenuto lo status di rifugiato, la massima protezione offerta dal Paese ospitante, seguita dalla protezione umanitaria e dalla protezione sussidiaria. Gatti ha invece illustrato il progetto di accoglienza dei migranti nato dall’accordo tra la Provincia e l’Arcidiocesi, con la collaborazione di Fondazione Comunità Solidale, che prevede l’ospitalità di queste persone all’interno di strutture dismesse come vecchie canoniche, dopo alcune verifiche ed incontri con i parroci, la popolazione ed i consigli pastorali.

Al momento il progetto è stato avviato ad Arco, Noarna e in alcuni paesi della Vallagarina; le canoniche vengono concesse alla Fondazione in comodato gratuito e sono costantemente controllate da specifici operatori. Per una migliore assistenza ai migranti è stato stabilito di accoglierne piccoli gruppi. L’esperto è poi entrato nel merito della questione che ha scatenato non poche polemiche, ossia i 30 euro giornalieri (in realtà 27,50 euro) concessi ai ragazzi ospitati.

«Si tratta di una cifra in cui rientrano molte voci (vitto, alloggio, assistenza, corsi di italiano, generi di prima necessità): in realtà ben poco è quanto ricevono in termini di denaro liquido (2,50 euro). Tutto è annotato e controllato dagli operatori» ha affermato Gatti, specificando che chi non si comporta in modo adeguato viene espulso dal progetto e finisce nella clandestinità.

Le persone ospitate sono molto giovani, ragazzi di età compresa tra i 21 ed i 25 anni, che quando possibile sono impiegati in piccoli lavori utili alla collettività, come l’impiego nel Piedibus e nella pulizia dei parchi. «Tutto dipende dalle possibilità offerte da ciascuna comunità: sta a noi quindi fornire delle occasioni di interazione ed integrazione» ha sottolineato Calzà. Il pubblico ha rivolto molte domande agli esperti, dimostrandosi attento ed interessato alla tematica. «Alla partenza dell’iniziativa, non sono mancati dubbi e perplessità, che si sono in breve tempo dissolti nei paesi dove attualmente stiamo ospitando i giovani migranti, la popolazione si sta mostrando ben disposta e pronta a dare una mano», hanno infine sottolineato Gatti e Calzà.

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