Istituto Martini, prof richiamato per frase razzista Ma lui nega tutto e si indigna: ricorso al Tar

È finito davanti al Tar il braccio di ferro, ora anche giudiziario, tra un insegnante dell’Istituto Martino Martini di Mezzolombardo e la dirigente della scuola

È finito davanti al Tar il braccio di ferro, ora anche giudiziario, tra un insegnante dell’Istituto Martino Martini di Mezzolombardo e la dirigente della scuola per un provvedimento disciplinare.
Tra i tanti possibili - si va dal richiamo fino al licenziamento - al prof è stato inflitto il più blando, il richiamo orale. Questo perché l’insegnante durante una lezione avrebbe ripreso uno studente molto indisciplinato facendo riferimento alla sua nazionalità d’origine e al colore della pelle.
 
Circostanza molto spiacevole, specie tra i banchi di scuola, che però il professore - un docente stimato e dalla carriera irreprensibile - smentisce. Il prof infatti nega nel modo più assoluto di aver mai usato in classe frasi a sfondo razzista, non solo in quella particolare occasione, ma in tutta la sua lunga storia lavorativa.
 
La sanzione disciplinare, per aver tenuto una condotta lesiva nei confronti dello studente, risale al novembre del 2015. Nella nota si citava quanto «riferito non solo dal ragazzo ma anche dai compagni di classe», senza ulteriori specificazioni. Sulla vicenda intervenne  a difesa del docente con una nota del 15 dicembre 2015 anche la Uil che contestava la fondatezza della sanzione «evidenziando - si legge nella sentenza del Tar - che l’esercizio del potere disciplinare presuppone fatti debitamente circostanziati e documentati». Così, per potersi meglio difendere da accuse che riteneva lesive della sua dignità di docente, il prof chiese alla scuola copia delle dichiarazioni rese da altri compagni di classe, ma la documentazione venne negata dalla scuola a tutela della riservatezza degli studenti coinvolti. 
 
Il docente, deciso ad andare fino in fondo, si rivolse al Tar chiedendo l’annullamento del provvedimento con cui la dirigente scolastica aveva negato l’accesso ai verbali e ad altri atti istruttori. Ieri i giudici hanno parzialmente dato ragione al docente. In sentenza si rileva  che entrambi i diritti - quello del docente alla difesa e quello degli studenti alla privacy - devono essere tutelati. «Basterà coprire con degli omissis tutti i dati che consentano di individuare i minori che hanno testimoniato su quanto era accaduto in  classe». Il Tar dunque condanna l’amministrazione ad esibire i verbali richiesti dopo che questi saranno stati depurati da tutti i dati anagrafici. 
 
«Di fronte a sanzioni disciplinari blande come il richiamo verbale - sottolinea il segretario della Uil Scuola, Pietro Di Fiore - in genere consigliamo agli insegnanti di evitare ricorsi. Questo però è un caso particolare: l’accusa mossa ad uno stimato docente del Martino Martini è infamante per chi durante tutta la sua lunga carriera mai ha usato espressioni di rimprovero con riferimento alla nazionalità o al colore della pelle per riprendere uno studente».

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