Lona Lases, cava di porfido all'asta a prezzi stracciati

di Giorgia Cardini

Quindici centesimi al metro cubo: un canone così, nel settore del porfido, non l’aveva ancora visto nessuno. A fissare il prezzo base per l’indizione dell’asta per la concessione in uso del lotto numero 2, p.f. 268, che si trova sulla sommità del Monte Gorsa, è stata la giunta comunale di Lona Lases, guidata da Marco Casagranda, con una delibera approvata il 28 giugno  sulla scorta di una perizia di stima redatta dal geologo Andrea Del Din di Cavalese. 
 
Tornando al bando, si tratta di un lotto ancora  «vergine», inserito nel Programma di attuazione sovracomunale delle aree estrattive del Monte posto a cavallo tra Lona Lases e Albiano: il progetto di coltivazione della cava prevede un volume di scavo di 685.132 metri cubi dall’assegnazione al 22 agosto 2024, data di scadenza del programma approvato nel 2011 dal consiglio comunale. Praticamente, la ditta concessionaria potrebbe scavare ogni anno 85mila metri cubi di roccia, un volume decisamente notevole, a un prezzo potenzialmente bassissimo. Infatti, l’asta sarà aperta a chiunque e il lotto aggiudicato a chi offrirà il massimo rialzo: dunque non si può escludere che, attratte da un canone così conveniente, possano partecipare molte ditte.
 
Ma se si tiene presente che l’ultima asta fatta vent’anni fa, ed erano tempi molto più rosei per il settore porfido, portò a un rilancio sul prezzo base del 211% per la concessione del lotto 6 in località Pianacci con un prezzo finale di assegnazione di circa 6.500 lire (oltre i 3 euro odierni), qualche dubbio sulla congruità della cifra fissata sorge.
 
Il sindaco Marco Casagranda giustifica la stima dicendo che quanto si scaverà è materiale di qualità scadente, perché si tratta del «cappellaccio», ossia della parte sommitale del Gorsa: ma lo strato sicuramente meno redditizio, dove si dovrà disboscare e scavare fino a un certo punto prima di trovare roccia utilizzabile, non è stato distinto da quello più profondo. ll prezzo fissato è infatti lo stesso per tutti i 685.132 metri cubi estraibili, col solo adeguamento del canone alla rivalutazione Istat. IIl Comune però poteva decidere diversamente, ossia procedere a una gara per fasi diverse di coltivazione, quindi su canoni diversi.
 
Così, se il prezzo finale di affidamento fosse quello base di 15 centesimi al metro cubo, un calcolo a spanne porta a determinare in 65mila euro circa l’introito ricavabile in cinque anni (calcolando una escavazione effettiva di 85mila metri cubi l’anno), il 25% del quale dovrà essere girato all’Asuc proprietaria del lotto. Asuc di Lases che l’8 giugno ha rilasciato il via libera alla sospensione del vincolo fino al 23 agosto 2024 e che perderà parecchia superficie boschiva: nel bando, proprio per questo sacrificio, è stata inserita la previsione che il concessionario dovrà versare 80 centesimi una tantum per la perdita di ogni metro quadrato di territorio boscato all’interno del lotto. Insomma, fatti i conti, c’è che sostiene già che dai permessi per i funghi e dalla coltivazione del bosco, il Comune di Lona Lases incasserebbe di più.
 
Ma nonostante il canone sia irrisorio Luca Filippi, direttore dell’E.S.Po. (Ente sviluppo porfido), non ha dubbi: a suo parere, la gara andrà deserta perché «almeno sul “cappellaccio” (la parte sommitale) è tutto materiale di scarsa qualità e, poiché la concessione dura solo otto anni, tra autorizzazioni e altro non si arriverà neppure a portare via tutto il materiale sommitale».
E se è vero che 15 centesimi sono un prezzo stracciato, «il costo per estrarre il materiale e portarlo via potrebbe aggirarsi sui 3-4 euro al mc».
 
Un altro problema che a detta di Filippi renderebbe antieconomico per chiunque coltivare il lotto è la mancanza di aree dove depositare quanto estratto: il porfido di scarsa qualità è destinato normalmente agli impianti di macinazione per farne materiale da utilizzare in edilizia e nelle costruzioni stradali, ma il settore è in crisi. «Le bonifiche agrarie potrebbero costituire la destinazione migliore, ma solo i costi di trasporto per portare il materiale in Val di Non o in valle dell’Adige si aggirano sui 3 euro al mc. Chi rischia di sobbarcarsi costi così elevati, in questo periodo?».
 
Insomma, per Filippi, il Comune rischia un buco nell'acqua. Gli unici che potrebbero trarre vantaggi dalla coltivazione del lotto 2 sul Monte Gorsa sono gli imprenditori che hanno scavato la parte sottostante e che ora sono fermi per problemi di stabilità del versante. «Loro, dopo un alleggerimento della parte sommitale, potrebbero rimettersi a lavorare».

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